BUENOS AIRES. I preti, i narcos, le minacce
«Sono preti che pregano e lavorano»
I narcotrafficanti minacciano il parroco di una villa miseria. Provocando verso di lui un moto unanime di simpatia popolare. Intervista con il cardinale Jorge Mario Bergoglio
Intervista con il cardinale Jorge Mario Bergoglio di Gianni Valente
Capita di incontrarli anche a lui, i poveri schiavi del paco, quando magari la domenica si arriva a piedi nel reticolo di qualche villa miseria, per celebrar messa, battezzare e cresimare, festeggiare il santo patrono. Da lontano vedono il colletto bianco, capiscono che è un prete, e allora parte la richiesta: «Ola padre, tienes un peso por la coca?». Per Jorge Mario Bergoglio, gesuita, cardinale e arcivescovo di Buenos Aires dal 1998, è la conferma che da quelle parti «dicono la verità». Anche quando chiedono di uscire dal fondo buio delle loro vite disastrate. E allora va bene tutto, ma che nessuno provi a toccargli i suoi amici preti di Baires. Quelli che dandogli del tu gli raccontano i miracoli che il Signore fa dalle loro parti. È stato lui, padre Bergoglio, a rendere pubbliche la minacce di morte fatte arrivare ai sacerdoti da quelli che lui ha chiamato “los mercaderes de las tinieblas”, i mercanti delle tenebre.
Perché ha scelto di far sapere a tutti che un suo sacerdote era stato minacciato dai trafficanti di droga?
JORGE MARIO BERGOGLIO: La decisione è stata presa in preghiera. Ho sentito che questo era un problema di tutta la Chiesa locale. E tutti i fedeli dovevano saperlo. Ne ho accennato durante un’omelia nella messa celebrata per gli operatori delle scuole e delle attività educative, dove avevo parlato anche dei pericoli dei giovani d’oggi, come la droga. Alla fine, ho solo aggiunto che un prete era stato minacciato, senza dire neanche il nome.
Chi ha avuto la fortuna di incontrare padre Pepe e i preti che lavorano con lui sa che sono anche prudenti e realisti. Non recitano la parte dei “preti di frontiera”, o dei “professionisti dell’“antidroga”. Cosa è cambiato? Perché li hanno minacciati?
BERGOGLIO: Loro lavorano. Non attaccano nessuno. Chi ha detto che la droga è un pericolo, non solo nelle favelas, ma in tutta la città, sono stato io, durante quella messa. Ho detto ai genitori: guardate cosa fanno i vostri figli, curatevi di loro, perché la droga arriva dappertutto, arriva alla porta delle scuole. Loro, i sacerdoti delle villas, lavorano anche nella prevenzione delle tossicodipendenze e nel reinserimento sociale dei ragazzi drogati. Un mese fa avevano steso un documento propositivo e costruttivo sulla impressionante crescita del traffico di droga. Quelli di Villa 21 hanno aperto di recente tre case di ricovero per i ragazzi drogati. Si vede che tutto questo non è piaciuto ai trafficanti. Qualcuno deve essersi innervosito.
Si sa che lei vuol bene ai sacerdoti che lavorano nelle villas miserias e nei quartieri operai.
BERGOGLIO: Loro lavorano e pregano. Sono preti che pregano. E lavorano nella catechesi, nelle opere sociali… È questo che a me piace. Di questo parroco che è stato minacciato, si dice, ed è vero, che lui ha una speciale devozione per don Bosco. È proprio lo stile di don Bosco che lo muove.
Il resto della diocesi come ha reagito? Gelosie?
BERGOGLIO: Macché. Più di quattrocento preti di Buenos Aires hanno firmato una dichiarazione a favore dei loro confratelli, e l’hanno presentata in una conferenza stampa al vescovado. Un’iniziativa che hanno preso loro, non una cosa ispirata dai vescovi. Hanno visto questa vicenda come un esempio di lavoro apostolico.
La sua attenzione al lavoro pastorale nei quartieri operai e nelle villas è diventata un punto di riferimento per tutta la diocesi.
BERGOGLIO: Sì, e loro sono felici di questo. Anche la società e il governo hanno reagito bene in favore di Pepe.
Forse c’è chi avrebbe preferito un occultamento di questi problemi, che chiamano in causa connivenze e latitanze anche da parte della politica.
BERGOGLIO: Nella Chiesa, una maggiore sensibilità a questo problema è emersa da tempo. L’anno scorso, poi, la Conferenza episcopale aveva fatto una dichiarazione. Un’altra è venuta dalla Commissione di pastorale sociale. Poi il vescovo Jorge Casaretto, assessore della Comisión nacional de Justicia y paz, ha fatto un’indagine e ha parlato parecchie volte sull’argomento. Infine è arrivato il documento di questi preti delle villas, con la successiva minaccia, che ha richiamato l’attenzione di tutti. Tutto questo per ripetere che quel documento non era un pronunciamento isolato, ma si inseriva in un percorso realizzato da tutta la Chiesa in Argentina, per dire a tutti: guardate che questo è un pericolo.
Ma la Chiesa ha come compito principale la lotta contro la droga?
BERGOGLIO: Ma no. È una cosa pastorale. Un’opera pastorale. Per chiedere la conversione di tutti. Anche dei trafficanti.
Il cardinale Bergoglio durante la processione della Madonna del Carmine, a Ciudad oculta, la villa miseria nel quartiere di Mataderos (Buenos Aires)
JORGE MARIO BERGOGLIO: La decisione è stata presa in preghiera. Ho sentito che questo era un problema di tutta la Chiesa locale. E tutti i fedeli dovevano saperlo. Ne ho accennato durante un’omelia nella messa celebrata per gli operatori delle scuole e delle attività educative, dove avevo parlato anche dei pericoli dei giovani d’oggi, come la droga. Alla fine, ho solo aggiunto che un prete era stato minacciato, senza dire neanche il nome.
Chi ha avuto la fortuna di incontrare padre Pepe e i preti che lavorano con lui sa che sono anche prudenti e realisti. Non recitano la parte dei “preti di frontiera”, o dei “professionisti dell’“antidroga”. Cosa è cambiato? Perché li hanno minacciati?
BERGOGLIO: Loro lavorano. Non attaccano nessuno. Chi ha detto che la droga è un pericolo, non solo nelle favelas, ma in tutta la città, sono stato io, durante quella messa. Ho detto ai genitori: guardate cosa fanno i vostri figli, curatevi di loro, perché la droga arriva dappertutto, arriva alla porta delle scuole. Loro, i sacerdoti delle villas, lavorano anche nella prevenzione delle tossicodipendenze e nel reinserimento sociale dei ragazzi drogati. Un mese fa avevano steso un documento propositivo e costruttivo sulla impressionante crescita del traffico di droga. Quelli di Villa 21 hanno aperto di recente tre case di ricovero per i ragazzi drogati. Si vede che tutto questo non è piaciuto ai trafficanti. Qualcuno deve essersi innervosito.
Si sa che lei vuol bene ai sacerdoti che lavorano nelle villas miserias e nei quartieri operai.
BERGOGLIO: Loro lavorano e pregano. Sono preti che pregano. E lavorano nella catechesi, nelle opere sociali… È questo che a me piace. Di questo parroco che è stato minacciato, si dice, ed è vero, che lui ha una speciale devozione per don Bosco. È proprio lo stile di don Bosco che lo muove.
Il resto della diocesi come ha reagito? Gelosie?
BERGOGLIO: Macché. Più di quattrocento preti di Buenos Aires hanno firmato una dichiarazione a favore dei loro confratelli, e l’hanno presentata in una conferenza stampa al vescovado. Un’iniziativa che hanno preso loro, non una cosa ispirata dai vescovi. Hanno visto questa vicenda come un esempio di lavoro apostolico.
La sua attenzione al lavoro pastorale nei quartieri operai e nelle villas è diventata un punto di riferimento per tutta la diocesi.
BERGOGLIO: Sì, e loro sono felici di questo. Anche la società e il governo hanno reagito bene in favore di Pepe.
Forse c’è chi avrebbe preferito un occultamento di questi problemi, che chiamano in causa connivenze e latitanze anche da parte della politica.
BERGOGLIO: Nella Chiesa, una maggiore sensibilità a questo problema è emersa da tempo. L’anno scorso, poi, la Conferenza episcopale aveva fatto una dichiarazione. Un’altra è venuta dalla Commissione di pastorale sociale. Poi il vescovo Jorge Casaretto, assessore della Comisión nacional de Justicia y paz, ha fatto un’indagine e ha parlato parecchie volte sull’argomento. Infine è arrivato il documento di questi preti delle villas, con la successiva minaccia, che ha richiamato l’attenzione di tutti. Tutto questo per ripetere che quel documento non era un pronunciamento isolato, ma si inseriva in un percorso realizzato da tutta la Chiesa in Argentina, per dire a tutti: guardate che questo è un pericolo.
Ma la Chiesa ha come compito principale la lotta contro la droga?
BERGOGLIO: Ma no. È una cosa pastorale. Un’opera pastorale. Per chiedere la conversione di tutti. Anche dei trafficanti.
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