martedì 30 ottobre 2012

Attentato al premier polacco: trovato esplosivo


Gravi notizie minacciano di aprire una pesante crisi diplomatica e politica tra la Polonia, il più importante membro dell'Unione europea e della Nato all'est, e la Russia di Putin. Secondo il quotidiano conservatore polacco Rzeczpospolita, tracce di Tnt, cioè di esplosivo ad alto potenziale, sono stati trovati dagli investigatori polacchi che hanno indagato compiendo analisi e ricerche sul relitto dell'aereo presidenziale Tupolev 154 a bordo del quale l'allora capo dello Stato nazionalconservatore ed euroscettico, Lech Kaczynski,precipitò presso Smolensk 1 morendo insieme a buona parte dell'élite militare polacca.

Le tracce di tnt sono state trovate, secondoRzeczpospolita, nel relitto del Tupolev, precisamente in punti di congiunzione tra ala e fusoliera e sotto trenta sedili. Secondo quanto riporta il giornale, gli investigatori comunque non hanno potuto escludere che le tracce di esplosivo possano provenire da bombe inesplose cadute nell'area del disastro durante la seconda guerra mondiale.

L'incidente avvenne nell'aprile del 2010. Il Tupolev stava cercando di atterrare a Smolensk aeroporto nonostante la visibilità zero. I russi dissero di aver sconsigliato al pilota polacco di atterrare, i polacchi replicarono che il pilota aveva ricevuto indicazioni e supporto tecnico errati o insufficienti dalla torre di controllo. Molti dissero che Kaczynski aveva ordinato al pilota 
di atterrare a ogni costo. In ogni caso la sua morte resta un problema serio nei rapporti bilaterali, appesantiti anche dall'ostilità dura di Mosca all'attivo appoggio di Varsavia ai movimenti democratici in Ucraina, Bielorussia e altre ex repubbliche sovietiche e dal crescente peso economico politico e militare della Polonia nella Nato nella Ue e nel mondo libero in generale.

Kaczynski, diversi ministri, lo Stato maggiore delle forze armate polacche al completo tra cui lo stimato generale Gagor che stava per diventare comandante supremo della Nato, morirono mentre si stavano recando a Katyn, la località dove nel corso della seconda guerra mondiale, dopo l'aggressione congiunta della Germania nazista e dell'Urss di Stalin contro la Polonia che scatenò il conflitto mondiale, oltre ventiduemila ufficiali polacchi, l'élite militare e intellettuale del paese, furono assassinati dalla Nkvd, la polizia segreta sovietica, con un colpo alla nuca, e sepolti in fosse comuni.

Per decenni l'Urss addossò la responsabilità del crimine ai nazisti, e con astuzia la Nkvd usò armi e pallottole tedesche per massacrare gli ufficiali polacchi. Solo Gorbaciov avviò una revisione del caso, che resta un problema gravissimo nei rapporti bilaterali polacco-russi

Moto Euro 1: rinvio


Potranno continuare a circolare a Roma fino al 31 ottobre del 2013 

Il blocco alla circolazione delle vecchie due ruote (quelle omologate Euro 1) a Roma era diventato il simbolo dell'accanimento verso le fasce deboli e verso l'anello debole della mobilità. Così, dopo la mobilitazione in forze del Coordinamento Italiano Motociclisti, della Federazione Motociclistica Italiana, di diversi club e, soprattutto di Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo e Accessori) il sindaco ci ha ripensato e tutti i ciclomotori e le moto Euro 1 (ma solo se con motore a 4 tempi e per i residenti), potranno continuare a circolare all'interno della ZTL "Anello ferroviario" (una zona enorme) fino al 31 ottobre 2013. 

Una buona notizia, anche perché secondo l'Ancma questo blocco sarebbe stato del tutto inutile visto che le emissioni inquinanti riconducibili agli Euro 1 non superano il 3% del totale. Per non parlare dei vantaggi in termini di mobilità: secondo un recente studio
dell'Università di Leuven, in Belgio, se il 10% degli automobilisti passasse ad un mezzo a due ruote si avrebbe una riduzione del traffico del 40%.

martedì 16 ottobre 2012

I ricordi dei neonati


I neonati ricordano e riconoscono le parole già a pochi giorni di vita: lo dimostra uno studio in gran parte italiano, coordinato da Jacques Mehler Scuola Internazionale di Studi Avanzati (Sissa) e pubblicato sulla rivista dell'Accademia di Scienze degli Stati Uniti. Lo studio, condotto all'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine su 44 neonati, a pochi giorni dalla nascita, mostra per la prima volta che la regione frontale destra del cervello potrebbe supportare il riconoscimento vocale già durante le primissime fasi di acquisizione del linguaggio. Al lavoro hanno partecipato anche Francesco Macagno dell'ospedale Santa Maria della Misericordia e Marina Nespor della Sissa. Recenti ricerche, spiegano gli esperti, mostrano che già dal momento della nascita aree specifiche del cervello umano si attivano quando si ascoltano delle parole. Tuttavia finora non si sapeva se il cervello dei neonati riesca anche a codificare e a ricordare il suono delle parole. Per indagare questo aspetto, i ricercatori hanno condotto dei test su 44 neonati.
"Abbiamo detto ai bambini delle paroline semplici e dopo due minuti le abbiamo ripetute, i test prevedevano o di ripetere le stesse parole, oppure di cambiare le vocali e lasciare le stesse consonanti oppure viceversa, cambiare le consonanti e lasciare le stesse vocali" spiega al'ANSA la prima autrice, Silvia Benavides-Varela che quando ha condotto la ricerca era alla Sissa e che ora lavora all'Ospedale San Camillo di Venezia. Per stabilire la capacità di memorizzare il suono di una parola e di distinguerlo, i bambini durante i test sono stati esaminati con una tecnica non invasiva chiamata spettroscopia nel vicino infrarosso che consiste "nel dirigere un fascio di luce nel vicino infrarosso sulla testina del bambino - osserva la ricercatrice - e poi misurare la luce in uscita. Una parte della luce viene assorbita e la differenza ci dice quali sono le reti corticali che si attivano durante il test". Il lavoro mostra che la regionale frontale destra, che è la stessa che si attiva negli adulti durante il ricordo delle parole, è quella che si 'accende' nei neonati durante il riconoscimento vocale e in particolare mostra che i bambini riconoscono solo le parole che hanno le stesse vocali delle parole ascoltate in precedenza.

lunedì 15 ottobre 2012

MALTEMPO: DE SALAZAR, PROFETA INTERVENGA PER POTARE PLATANI VIALE PINTURICCHIO



Prosegue senza soste il lavoro di Francesco De Salazar.   "Tommaso Profeta, direttore del dipartimento Ambiente e Tutela del verde del comune di Roma, mantenga le promesse e faccia potare i platani di viale Pinturicchio, ridotti ormai ad uno stato vergognoso e pericolosi per la sicurezza dei cittadini". Lo dichiara in una nota Francesco De Salazar, Presidente del Movimento cittadino Flaminio Parioli Villaggio Olimpico.

      "Nel corso della Tavola Rotonda 'Cittadini&Istituzioni Roma 2'organizzata lo scorso 8 maggio con tutte le istituzioni locali - continua De Salazar - il delegato di zona, Mauro Ianese, aveva garantito la disponibilita' nel realizzare l'intervento di potatura entro l'anno solare, sia in Viale Pinturicchio che a Piazza Cardinal Consalvi, dove anche li' la vegetazione e' ormai arrivata a ridosso delle finestre dei residenti".

      "Considerato che il mese di ottobre rappresenta il periodo piu' indicato per intervenire sui platani - conclude il presidente del movimento - auspichiamo che il capo dell'ex ufficio giardini e l'assessore all'Ambiente Visconti si attivino in tempi brevi". Attendiamo interventi rapidi prima che sia troppo tardi.

Alberto Caperna


Il procuratore aggiunto di Roma, Alberto Caperna, è morto ieri sera a Roma, in seguito ad un infarto. Caperna era il responsabile del pool dei reati contro la pubblica amministrazione ed in questa veste coordinava le indagini relative a fatti su corruzione, peculato ed altri. Era titolare dei casi Fiorito e Maruccio.
Alberto Caperna era un gran signore, un gentiluomo, una persona rara e preziosa nel mondo della giudiziaria.
Quando muore un magistrato quasi sempre si leggono sui giornali frasi come questa. Solo chi frequenta come me con una certa assiduità il palazzo di giustizia di Roma può capire la sincerità di questo ricordo di Caperna. Mi ha chiamato Rita Di Giovacchino pochi minuti fa per dirmelo: “è morto Alberto”. Ma Alberto chi? “Caperna”. Io non l’ho mai chiamato Alberto né ho mai preso un caffè con lui. Non so nulla della sua famiglia, della moglie e dei figli. Non l’ho mai incontrato fuori dal perimetro del palazzo di Piazzale Clodio, non era un mio amico eppure la mia reazione è stato di sentirmi subito più solo.
Quando entravo nella sua stanza, quando lo affiancavo nel corridoio mentre camminava con la sua andatura dinoccolata e il ciuffo in disordine era come se prendessi una boccata d’aria fresca. Caperna era diverso. Diverso dalle troppe persone piene di sé, convinte di sapere più degli altri, ambiziose e rampanti che si incrociano nei corridoi di una Procura come quella di Roma. Diverso da noi giornalisti sempre a caccia di un brandello di notizia che gli giravamo attorno come gli squali e diverso dai tanti magistrati che sgomitano per avere una sola delle decine di inchieste delicate che passavano per il suo ufficio, senza che muovesse un dito per averle.
Caperna si è occupato del caso Lusi, di Fiorito, di Verdini, di Berlusconi e di altre decine di indagini. Eppure non sarà per questo che lo ricorderemo tutti. Caperna non era il pm del caso Lusi era quel signore che non alzava mai la voce e che trattava tutti allo stesso modo, il procuratore capo e l’ultimo dei marescialli o dei cronisti di primo pelo. Non c’era una volta che non mi accogliesse con la solita frase: “Lillo 1 minuto”. Tanto che ormai non lo salutavo più con un buongiorno ma con l’indice alzato per dire “un minuto”. Anche perché quasi mai era mai un minuto. Caperna era troppo gentile ed educato per buttarti fuori dalla stanza. E poi bastava chiedergli un chiarimento su una norma, un’interpretazione di un caso delicato e lui subito ci cascava e si sedeva sulla poltrona per spiegare le questioni giuridiche sottese ai casi che affrontava.
Mi ascoltava con il suo sguardo ironico e divertito e mi considerava probabilmente un fanatico giustizialista ansioso di sparare a zero su qualsiasi politico o potente si affacciasse dai suoi fascicoli. Percepiva che il mio modo di intendere il ruolo del pubblico ministero era ben diverso dal suo. Cercavo inutilmente di convincerlo che un’archiviazione di un misfatto è sempre una sconfitta per la giustizia e che lui rappresentava l’ultima trincea, l’ultima difesa contro il malaffare imperante. Mi guardava sorridendo, spingeva la schiena indietro e si accendeva la sigaretta. Poi con l’aria del professore buono prendeva il codice penale e cominciava a sfogliare le pagine lucide e ingiallite per cercare un comma che includesse il fatto che emergeva dalle indagini e che a me sembrava scandaloso archiviare. Dopo aver tentato di adattare questo o quell’articolo al caso in questione, mi guardava come un sarto che aveva cercato inutilmente di ritagliare il vestito per un cliente troppo ciccione e chiosava: dal punto di vista morale sarà pure riprovevole ma questo fatto nel codice non c’è, “non è ricompreso nella norma”, “manca la qualifica soggettiva”, e giù motivando.
Mi illustrava le sue archiviazioni con il piglio di chi prova a spiegare a un infedele la sua religione, pur essendo convinto che non riuscirà mai a convertirlo. Era andata così anche nel caso Agcom-Trani su Silvio Berlusconi. Il pm di Trani aveva trasferito il fascicolo con Berlusconi indagato per minacce a corpo dello Stato alla Procura di Roma e solo grazie a Caperna – che aveva convinto il procuratore capo Giovani Ferrara a non archiviare subito – quel fascicolo era arrivato al tribunale dei ministri con la richiesta (insolita per la Procura di Roma) di proseguire nelle indagini contro il premier.
Dopo mesi e mesi di melina il collegio dei reati ministeriali si era tratto di impaccio derubricando il reato in abuso d’ufficio. La patata bollente e la competenza finivano così alla Procura. Caperna sapeva che era una furbata per lasciargli il cerino in mano ma mi spiegava che non c’erano i requisiti dell’abuso di ufficio e che lui avrebbe archiviato tutto. Io cercavo di ribattere che era un paradosso: entrambi i magistrati, quello ministeriale e quello ordinario, vedevano nel comportamento di Berlusconi un reato. Ma nessuno vedeva il reato di sua competenza. Risultato: il fascicolo sulle pressioni per eliminare Santoro dalla tv pubblica finiva in un nulla di fatto. Caperna mi dava atto dell’assurdità della situazione. Lo chiamava “il paradosso di Marco Lillo” ma cercava di spiegarmi in tutti i modi che non avrebbe mai fatto la richiesta di rinvio a giudizio per un abuso d’ufficio inesistente solo per non lasciare impunita la condotta di Berlusconi. Tra la giustizia sostanziale e quella formale preferiva la seconda, perché includeva la prima.
Lo criticammo anche duramente per quelle scelte ma lui non se la prese mai.

domenica 7 ottobre 2012

Aereo senza pilota nei cieli d'Israele: abbattuto


Un drone d'origine inconnue abattu en Israël, selon l'armée
"Un avion sans pilote a été identifié alors qu'il pénétrait dans l'espace aérien israélien ce matin. Il a été intercepté par l'armée de l'air israélienne à environ 10H00 locales (08H00 GMT)", a précisé un porte-parole dans un communiqué.
"Des soldats effectuent actuellement des recherches dans le secteur où le drone a été abattu dans le nord du Néguev pour le localiser et l'identifier", a ajouté le porte-parole.
La porte-parole de l'armée israélienne, Avital Leibovich, a ensuite précisé aux journalistes que "ce drone a été repéré au-dessus de la Méditerranée dans un secteur proche du territoire palestinien de la bande de Gaza, avant son entrée dans l'espace aérien israélien, et des appareils de l'armée de l'air l'ont ensuite escorté".
Elle a ajouté qu'"il (le drone) a été suivi depuis le début jusqu'à ce que la décision soit prise de l'intercepter et de l'abattre pour des raisons opérationnelles et de sécurité au-dessus de la Forêt de Yatir, dans le nord du (désert du) Néguev, un secteur inhabité".
La porte-parole a qualifié l'opération de "succès", mais a refusé de préciser de quelle manière ce drone qui ne transportait pas d'explosifs avait été abattu.
Elle a encore dit que "des soldats israéliens se trouvent sur place et collectent les débris de l'appareil".
Un porte-parole de l'armée cité par la radio a indiqué que les soldats chargés de la surveillance du territoire israélien "avaient agi comme il le fallait en repérant le drone dès son intrusion dans l'espace aérien israélien".
L'armée israélienne a écarté l'hypothèse d'un drone venu de la bande de Gaza, et examine la possibilité qu'il ait été lancé par le Hezbollah libanais, selon une source militaire citée par la radio publique israélienne.
Selon l'agence d'informations Ynet, qui ne cite pas de source, "le Hezbollah a lancé ce drone. Il se peut même que des Iraniens aient actionné son système de lancement et de guidage, et il est apparemment de fabrication iranienne".
Toujours selon Ynet, "le lancement d'un tel appareil sur une telle distance nécéssite des moyens avancés que le Hezbollah ne possédait pas jusqu'ici".
Interrogée sur ces informations par l'AFP, une porte-parole de l'armée n'a pas été en mesure de les confirmer ou de les démentir.
En juillet 2006, l'armée israélienne avait abattu au-dessus des eaux territoriales israéliennes un drone du Hezbollah qui n'était pas armé ni chargé d'explosifs. Le 12 avril 2005, un autre avion sans pilote du Hezbollah avait réussi à survoler une partie du territoire du nord d'Israël sans être abattu.
Dans un bref communiqué, le Premier ministre israélien Benjamin Netanyahu a félicité l'armée pour l'interception du drone et indiqué: "Nous continuerons de défendre nos frontières terrestres, aériennes et navales pour assurer la sécurité de nos concitoyens".

I comuni falliti d'Italia ecco la mappa


Addio a Claude Pinoteau: il regista del Tempo delle Mele

Parigi, la Francia, ma tutto il mondo cinematografico salutano il registe de «La Boum», il titolo originale del «Tempo delle Mele», uscì in Francia l’11 dicembre 1980. «E i primi tre o quattro giorni di proiezione furono disastrosi, nessuno lo andava a vedere. Poi cominciò il passaparola e il nostro film diventò un successo mondiale. In Italia ci furono code e risse all’ingresso dei cinema, io e Sophie (Marceau, ndr) andammo a trovare i feriti in ospedale», ha raccontato cinque anni fa Claude Pinoteau. Il regista, malato da tempo, è morto venerdì all’età di 87 anni a Neuilly-sur-Seine, il sobborgo chic alle porte di Parigi.
 Pinoteau debuttò nel 1972 dirigendo un poliziesco («Le Silencieux») con Lino Ventura, ma i suoi meriti storici sono avere scoperto due tra le più belle attrici di Francia – Isabelle Adjani e Sophie Marceau – e avere diretto «Il Tempo delle Mele», che vendette quattro milioni di biglietti in Francia, 15 in Europa, e fu visto poi da altri milioni di persone nelle infinite repliche televisive che si sono susseguite fino a oggi. In Francia, «La Boum» (che in francese sarebbe «la festa» tra adolescenti) rimase nei cinema per 8 mesi consecutivi e registrò incassi maggiori dell’«Impero Colpisce Ancora», il secondo episodio della saga di Guerre Stellari uscito nello stesso anno. In Italia, «Il Tempo delle Mele» divenne uno dei simboli – tra i più garbati e meno trash – degli anni Ottanta, in virtù di quella tradizione tutta francese di sapere raccontare con grazia l’infanzia e poi l’adolescenza.
L’intuito di Pinoteau si dimostrò notevole già nel 1974, quando scelse l’allora sconosciuta ventenne Isabelle Adjani come co-protagonista del film «Lo schiaffo» con Annie Girardot e ancora Lino Ventura, che trattava del rapporto tra genitori e figli. Pochi anni dopo, Pinoteau decise di portare al cinema una sceneggiatura di Danièle Thompson in origine pensata per una serie televisiva sul modello di Happy Days, e ispirata a una vicenda personale: la donna aveva organizzato a casa per la figlia un goûter, una merenda, salvo accorgersi che i presunti bambini erano ormai adolescenti. Il casting fu la parte più difficile: per mesi Pinoteau e la produzione esaminarono tra i 3000 e i 4000 ragazzini, durante lunghe audizioni che prevedevano per tutti la stessa scena, cioè Raoul che davanti a scuola invita alla festa Penelope e Vic. A pochi giorni dalla fine dei provini, tutti i personaggi principali erano stati individuati. Mancava però ancora l’attrice destinata a recitare la parte di Vic, la protagonista. Si presentò, accompagnata dal padre, Sophie Danièle Sylvie Maupu, che folgorò Pinoteau per la bellezza e la naturalezza dimostrata durante l’audizione: nasceva Sophie Marceau.
«Era un fratello, un uomo di generosità e bontà incredibili, dotato di un grande talento», ha subito reagito su Twitter il collega Claude Lelouch. L'Eliseo ha diffuso un comunicato in ricordo di Pinoteau: «Con film come "La Boum" o "Slap" ha catturato lo spirito del desiderio di nuove forme di affermazione e libertà di una generazione». Un omaggio anche dalla ministra della Cultura, Aurélie Filippetti: «Con lui il cinema francese perde uno dei suoi più grandi registi, capace di realizzare film di qualità e popolari allo stesso tempo»