giovedì 29 gennaio 2015

Il 13 giugno al Palalottomatica

 

di Costanza Miriano
     

di Costanza Miriano
Una mette a letto i figli, a posto i piatti, sforna la torta al cioccolato e affronta il gelo notturno per andare a una riunione con i tre amici e compagni di quella stramba avventura che abbiamo chiamato “Contro i falsi miti di progresso”. Dai, l’ultimo sforzo, si dice l’ignara madre di famiglia mentre cerca un paio di calze non bucate . Va lì tutta tranquilla e serena, perché pensa che il senso della riunione sia fondamentalmente dirsi: daje ragazzi che il peggio è passato, siamo sopravvissuti al convegno di Milano e agli attacchi mediatici e alle palate di m…aldicenze. Adesso sì che ci possiamo rilassare.
Va lì per accasciarsi sulla poltrona tra le persone a cui vuole bene, e mentre affetta la torta scopre che seduto davanti a lei c’è, sì, il suo amico, ma che con lui non si può rilassare, perché questo amico è anche un pazzo scatenato, un visionario, un uomo vero, un combattente, che ha deciso di infilarsi l’elmo, uscire dalla trincea, e rilanciare. Ha deciso che non è il momento di riposare, perché c’è una battaglia da fare e ci chiede se vogliamo combatterla con lui. Ha deciso di chiamare a raccolta un popolo, tutto il popolo degli uomini e delle donne di buona volontà, e di vedere se si riesce a riunirlo. Ma non in qualche salone parrocchiale, e neanche in un teatro. Quella magari era una cosa normale. No. Lui si è chiesto quale fosse lo spazio al chiuso più grande d’Italia, lo ha trovato, e lo ha preso.
Sabato 13 giugno alle 15 al Palalottomatica di Roma ci troveremo tutti insieme, quindicimila posti, quindicimila persone da tutta Italia per dire che la Corte Europea di Strasburgo che sanziona l’Italia perché non permette che i figli si comprino ci rende orgogliosissimi di essere italiani, che vogliamo rimanere orgogliosi del nostro paese non uniformato alla barbarie, che chiediamo all’Onu di votare la proposta di una moratoria di questa pratica che trasforma i bambini in merce, le donne in corpi da sfruttare, a volte fino alla morte come è successo alla diciassettenne indiana Sushma Pandey uccisa dalla iperstimolazione ovarica. Ci riuniamo per dire che i bambini non si comprano, che la persona è sacra, che le donne non si possono affittare, che i bambini hanno bisogno e diritto a un padre e a una madre, che l’ideologia del gender che insegnano nelle scuole è una vera e propria colonizzazione ideologica, come l’ha definita il Papa, che la Chiesa è rimasta l’unica ad avere il coraggio di annunciare all’uomo la verità su se stesso e che noi siamo con lei, la Chiesa madre nostra. Per far questo raccoglieremo le firme, sì, le raccoglieremo e le faremo arrivare al Palazzo di Vetro. Ma vogliamo anche trovarci insieme, per parlarci, guardarci negli occhi e capire insieme, e per farci vedere.
L’ignara madre di famiglia che si trova in un’avventura che non aveva mai neanche sospettato possibile quando cominciava a scrivere alle amiche sulla bellezza dello sposarsi, si immagina istantaneamente al centro di un palazzetto, sopra un palco, con trentamila occhi addosso, e si chiede se abbia davvero qualcosa da dire a qualcuno, se possa veramente permettersi di insegnare agli altri qualcosa. Si convince del fatto che il 13 giugno avrà sicuramente un altro impegno, tipo portare il criceto dal veterinario (non ce l’ho un criceto, ma posso sempre procurarmelo). Si conferma nella certezza che se anche il criceto starà bene, lei avrà senz’altro mal di testa, e comunque una visita di controllo criceti è sempre una cosa buona. Cerca una via di uscita, poi incontra lo sguardo infiammato dei suoi amici che dicono che se davvero riempissimo il Palalottomatica, cosa che non è riuscita a nessuno negli ultimi dieci anni sarebbe un miracolo, ma che i miracoli ci stanno simpatici, e succedono, e capisce che non può tirarsi indietro. Sa già che da qui a giugno saranno mesi impegnativi, ma d’altra parte a ognuno è chiesto di collaborare come può, e che ognuno deve stare al suo posto di combattimento – la mamma che cambia il pannolino fa esattamente la stessa cosa che faccio io: rimane dove si trova, e lo fa tenendo la postazione centimetro per centimetro, a piccoli passi possibili.
Pur lontanissima dalla politica anche la padrona dell’eventuale criceto capisce che in questi mesi in Italia si giocherà una partita importantissima a livello legislativo. C’è un’offensiva normativa e politica in corso, proprio in questi giorni, in questi mesi, e c’è un popolo che si sta mobilitando, per ricordare che contro il popolo non si legifera. Un popolo che si mobilita perché è vero che la battaglia decisiva è quella contro il nostro peccato, è la conversione, e lì non si combatte a colpi di convegni né di articoli, ma di preghiera e di vita vera, ma è vero anche che mentre noi siamo impegnati a convertirci ci sono bambini in carne ed ossa che vengono prodotti, venduti, eliminati se imperfetti, comprati, cresciuti in famiglie senza il padre o senza la madre. Noi vogliamo che questa cosa in Italia non sia consentita. Noi vogliamo fermare leggi che la permettano, perché quando una legge entra il vigore fa mentalità, abbassa la soglia della consapevolezza, della vigilanza morale, come purtroppo è successo con l’aborto in tutto il mondo. Noi vogliamo che il governo in Italia si accorga di noi – per questo Mario Adinolfi ha affittato lo spazio più grande che ha trovato in tutto il paese – vogliamo che sappia che c’è un popolo insieme a noi, un popolo che la neolingua dei giornali e la colonizzazione ideologica stanno cercando di rieducare. Noi resisteremo a questa ondata, a colpi di incontri, di libri, di convegni, di passaparola, di articoli, di tweet e di post, ognuno come può. A colpi di copie vendute questo giornale. A colpi di telefonate agli amici, e di pazienti spiegazioni (se prendo un altro caffè con un amico da convincere mi ricoverano).
Mentre la marea avanza, noi saremo i partigiani del buon senso, e conquisteremo un cuore per volta, con l’unica arma che abbiamo: chiamare le cose col proprio nome. Lo faremo dicendo che due uomini o due donne non possono fare un figlio, e quindi devono necessariamente comprarlo se lo vogliono produrre. Dicendo che un figlio comprato soffre perché è intessuto nel grembo di una mamma di cui ha imparato la voce il battito l’odore, e che non vedrà più. Dicendo che le espressioni “due mamme” e “due papà” sono false e profondamente disoneste, perché necessariamente uno solo è il genitore vero (l’altro magari sta dall’altra parte del mondo e si chiama KR 348)
Noi lo sappiamo che ogni volta che riusciamo a far sedere una persona, a parlarle con calma guardandola negli occhi, dicendole cosa significa davvero dire che gli omosessuali hanno “diritto a un figlio” – dolore, strazio, compravendita di esseri umani, persone, madri e figli, sacrificate nei tentativi – quella persona non può che essere d’accordo con noi, perché tutti sono nati da una madre e un padre, e anche se possiamo augurare agli omosessuali di non soffrire per una paternità o maternità mancata, non possiamo certo augurare a nessun bambino di essere privato della mamma o del babbo.
Per questo chiamiamo a raccolta tutti, i movimenti, tutti ma proprio tutti inclusi, soprattutto tutte le persone di buona volontà. Crediamo che se da lì, quel giorno, usciranno quindicimila persone decise a capire davvero cosa stanno cercando di far passare sopra le nostre teste, il nostro paese cambierà il corso della storia. Quindicimila teste pensanti e di buone volontà decise a passare parola possono davvero fare la differenza.
E siccome in questi giorni le maldicenze si sono concentrate su questo, perché davvero è difficile per alcuni credere che ci sia gente che fa tutto questo gratis, diciamo subito chi paga: gli incassi della Croce, che grazie a Dio è venduto bene e letto verranno tutti reinvestiti in questo, come il giornale è nato dagli incassi di Voglio la mamma, che Mario ha fatto stampare e di cui non ha intascato un euro. Capisco che sia difficile crederlo, ma Mario mi ha detto così e io ci credo: l’ho guardato negli occhi. La cosa a cui non credo è di essere in grado di preparare una torta al cioccolato per ogni pullman che verrà, come lui mi ha chiesto di fare, ma questa cosa la risolveremo poi.
Se però non ci si accontenta della spiegazione, e si vuole a tutti i costi sapere chi ci protegge (abbiamo sentito dire di tutto, gli Arabi, la CIA, tutti i partiti possibili, Putin e anche un po’ il complotto plutogiudaicomassonico), be’, si sappia che noi abbiamo agganci molto più in Alto. Il 13 giugno è il Sacro Cuore Immacolato di Maria, che, come lei ha promesso a Fatima, trionferà sul mondo. Ed è anche sant’Antonio da Padova, il santo dei miracoli. E come se non bastasse, troppa grazia, il 13 giugno è salita al cielo Chiara Corbella Petrillo. Spero che ai suoi cari, al marito Enrico prima di tutti, non dispiaccia se le chiedo di proteggerci in questa impresa, ma credo di poter osare (ci parlo spesso, ho la sua foto attaccata alla credenza). Sono certa che lei stia davvero dalla parte dei bambini, sempre, e lo ha dimostrato con coerenza offrendo la sua vita per salvare la loro.
La Croce – quotidiano 29/01/2015

mercoledì 21 gennaio 2015

Bimbi: no alla colonizzazione ideologica



Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare."

“Volete sapere cosa è la colonizzazione ideologica?”, domanda il Papa ai giornalisti che viaggiano con lui, chiarendo che il suo riferimento nei discorsi di questi giorni era al tentativo di imporre la cultura del Gender nelle scuole . “Colonizzazione ideologica è lo stesso – risponde dunque il Pontefice – che hanno fatto sempre i dittatori, anche in Italia con i ‘balilla’. Pensate anche alla ‘gioventù hitleriana’, a quel popolo che ha subito tanta sofferenza“, suggerisce ai giornalisti.
“Vi faccio – continua il Papa – un esempio che ho vissuto io nel 1995: una ministra dell’istruzione pubblica alla quale avevo chiesto un forte finanziamento per le scuole dei poveri, rispose – racconta Bergoglio – che lo avrebbe concesso a condizione che si adottasse un certo libro che insegnava la teoria del Gender. Ma i soldi non erano mica i suoi… Si trattava di colonizzazione ideologica”, spiega il Pontefice. Secondo Papa Francesco, “ogni popolo ha la sua storia” che andrebbe rispettata. “Gli imperi – invece – cercano di far perdere l’identità al popolo, questa è la globalizzazione della sfera e non del poliedro, che invece mantiene tante facce”. “C’è una mentalità – denuncia Bergoglio – che si vuole imporre e i vescovi africani si lamentavano di questo al Sinodo, di una costrizione ideologica: alcuni tendono proprio 30 denari per farsi forti con i bambini”.

È come costruire una cattedrale

                                       Costanza Miriano  

    

costruzione di cat2
di Costanza Miriano  per La Croce
Quando compare il numero di Mario Adinolfi sul mio cellulare è come se squillasse il telefono rosso della sala ovale, quello delle emergenze alla Casa Bianca. C’è di sicuro qualche guaio in vista. O mi vuole coinvolgere in qualche convegno per cui mi daranno dell’omofoba, o mi chiede di scrivere un pezzo, o c’è da combinare qualche altro danno. Bisogna temere soprattutto se il messaggio comincia con “tesoro”. Allora il cetriolo è sicuro.
Questa volta il “tesoro” non c’è, ma forse è perché a quest’ora, di domenica mattina, deve essere poco lucido anche lui. Siamo reduci da una giornata davvero intensa, quella del convegno di Milano. Io sto facendo le divisioni di terza elementare, dando una ripassatina all’aoristo sigmatico e al rinascimento, devo dare una parvenza di ordine alla casa un po’ provata dalla mia assenza di ieri e vedere se per caso riesco a simulare un pranzo domenicale (pare che i surgelati non siano omologati, mi viene in soccorso la roccia di casa, mio marito). E mi accorgo che sto facendo le solite vecchie cose con un altro spirito.
Così, quando Mario mi chiede di scrivere per questo giornale cosa mi è rimasto del convegno, ecco, mi accorgo che mi è rimasto innanzi tutto questo: la certezza ancora più salda che cercare di fare qualcosa per la famiglia, la mia innanzitutto, e poi le altre, è qualcosa di grande. È come costruire una cattedrale, è come combattere, è come stare in trincea. Qualcuno di noi lo fa parlando da un palco, qualcuno allattando, qualcuno correggendo compiti, qualcuno lavorando e portando il pane a casa, qualcuno a volte circoncidendo il suo cuore e i suoi pensieri, e decidendo di rimanere al proprio posto di combattimento, stando a mani nude contro la tentazione della stanchezza e della fuga, attimo dopo attimo. Torno a casa con la certezza di essere parte di un popolo che vuole dire la bellezza della famiglia, e che è pronto anche a grandi sacrifici per questo. Torno con l’impressione che a volte è necessario guardarsi negli occhi, stringersi in un abbraccio, per sapere che il tuo compagno di trincea fa la tua stessa fatica ma è lì pronto a darti una mano, perché la famiglia ha tanti nemici, fuori, nella società (leggi, fisco, cultura) ma anche dentro al cuore umano, al nostro cuore pieno di stranezze, malattie spirituali, fragilità.
Torno con la certezza che se avrò bisogno di qualcosa qualcuno in questo popolo sarà sempre pronto a darmi una mano e aprirmi una porta, così come ho visto fare ieri: famiglie ospitate da altre, figli affidati e scambiati, portafogli aperti per quelli che non ce la facevano. Torno con la certezza che qualcosa di vero muove tanti cuori, e che a volte si ha bisogno di guardarsi negli occhi. Non tanto di contarsi, perché sì, eravamo in tanti, ma quello che importa non è il numero, è la certezza della compagnia, è la scoperta che siamo amici veri, perché uniti da un Amico in comune. Ci siamo chiamati a raccolta senza mezzi, senza le corazzate della comunicazione, col passaparola, su facebook e per telefono. C’è chi ha preso un giorno di ferie (per una dottoressa l’unico del mese, dico!), chi ha dovuto risparmiare per fare questo viaggio. C’è chi ha preso un aereo, un treno, un traghetto addirittura. C’è chi è venuta anche se malata, e seriamente, e non è riuscita a entrare ed è stata tre ore al freddo solo per abbracciarci, con uno dei suoi bambini. Ci sono anche persone molto importanti, professionisti seri e stimati e noti a Milano, che si sono messi in coda come tutti e poi non sono riusciti a entrare. Alcuni se ne sono andati a casa a vederci in streaming, alcuni sono restati fuori. Tra quelli fuori c’era chi veniva dall’Abruzzo, e comunque non lo ha considerato un viaggio a vuoto.
Di tutto questo ovviamente non parleranno i giornali, che non hanno praticamente riferito una sola parola di quelle che abbiamo detto, ma solo commentato la bugia lanciata da un quotidiano (“convegno omofobo”), bugia di cui, ha detto Maroni, si occuperanno gli avvocati. E hanno riferito i commenti dei contestatori, che stavano fuori, a quella bugia. Poverini, non avevano sentito niente, era difficile che commentassero, ma magari riferire una frasetta di quelle che avevamo detto dentro, così, en passant, come se si fosse giornalisti, poteva essere una cosa bella. Tanto per cambiare, dai, famolo strano.
A me, personalmente, comunque non me ne potrebbe importare di meno (a me mi non si dice ma è rafforzativo). Io torno a casa con tre buste cariche di regali, dico tre buste. Generi di conforto di ogni tipo, alimentare e spirituale. Torno a casa con la certezza che vale la pena, che qualcosa di grande ci sta facendo battere il cuore. Torno a casa con la certezza che noi vogliamo solo annunciare la gioia, perché catholics do it better, e vogliamo solo passare parola, e non siamo contro nessuno, e secondo me chi era in sala di questo si è accorto.
Torno a casa dopo avere visto un sacerdote che si è fatto mille chilometri solo per parlare tre minuti, e non ha aperto bocca per protestare. Torno a casa sapendo che ci sono ancora veri uomini come i nostri mariti e pronti a dare la vita per noi. Torno a casa sapendo che nella Chiesa ce ne sono, di uomini così, sono i sacerdoti che hanno ancora voglia di dire all’uomo la verità su di sé, e che per farlo sono pronti a fare tanta fatica, e mica solo ai convegni, ma dentro ai confessionali, nelle parrocchie, in ginocchio davanti al Santissimo, uomini a cui non importa il consenso ma la felicità vera delle persone.
Torno a casa dopo avere visto e abbracciato (molte no, non ce l’ho fatta ad abbracciarle) tante donne che hanno dato la vita – biologica o no – a tanti, tantissimi bambini, o che si sono spese in altri modi per gli altri, donne vere e generose e felici di servire, non da schiave ma da volontarie custodi degli altri. Donne che potranno dire, come la mia amica medico: non so quando né come morirò. Per certo so che morirò stanca, e molto usata. Il mio utero, il mio seno, le mie mani il mio cuore il mio cervello. Avrò usato tutto di me per aiutare la vita, e sarò molto felice di avere consumato tutto quello che potevo.
fonte: La Croce

Costanza Miriano: convegno di Milano sulla famiglia.

Papa Francesco e la famiglia



Papa Francesco all’udienza generale di oggi 21 gennaio 2015
Le famiglie sane sono essenziali alla vita della società. Dà consolazione e speranza vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come un vero dono di Dio. Loro sanno che ogni figlio è una benedizione. Ho sentito dire – alcuni [lo dicono] – che le famiglie con molti figli e la nascita di tanti bambini sono tra le cause della povertà. Mi pare un’opinione semplicistica. Posso dire, possiamo dire tutti, che la causa principale della povertà è un sistema economico che ha tolto la persona dal centro e vi ha posto il dio denaro; un sistema economico che esclude, esclude sempre: esclude i bambini, gli anziani, i giovani, senza lavoro … – e che crea la cultura dello scarto che viviamo.
Ci siamo abituati a vedere persone scartate. Questo è il motivo principale della povertà, non le famiglie numerose. Rievocando la figura di san Giuseppe, che ha protetto la vita del “Santo Niño”, tanto venerato in quel Paese, ho ricordato che occorre proteggere le famiglie, che affrontano diverse minacce, affinché possano testimoniare la bellezza della famiglia nel progetto di Dio. Occorre anche difendere le famiglie dalle nuove colonizzazioni ideologiche, che attentano alla sua identità e alla sua missione