martedì 12 marzo 2013

Le Falkland vogliono restare britanniche


 A 31 anni dalla guerra delle Falkland-Malvinas, il referendum sullo status dell’arcipelago è un plebiscito senza appello: il 99,8% degli elettori ha chiesto che le isole restino britanniche.
Massiccia anche l’affluenza alle urne: 92% degli aventi diritto, ossia poco meno di 1.700 persone su una popolazione totale di 2.800 abitanti.
“E’ stata una dimostrazione di massa di come si sentano gli abitanti delle Falkland, di come vedano il proprio futuro” dice il Governatore Britannico Nigel Haywood. “L’autodeterminazione è un principio fondamentale delle Nazioni Unite e credo non ci sia espressione più chiara di quel che voglia la gente difronte a un risultato tanto plebiscitario”.
Nella guerra del 1982 l’Argentina perse 650 uomini, 11.000 furono fatti prigionieri. Per Buenos Aires gli elettori delle Falkland sono coloni. Riconosciamo il loro desiderio di restare britannici – ha dichiarato l’ambasciatrice argentina a Londra Alicia Castro – ma il territorio in cui vivono non lo è.


Le Isole Falkland o Isole Malvine(in inglese Falkland Islands; in spagnolo islas Malvinas; in italiano anticamente isole Maluine)[2] sono unarcipelago dell'Atlantico meridionale.
Territorio d'oltremare del Regno Unito, che se ne dichiara sovrano in quanto nel 1833 vi aveva edificato una base navale e nel 1837 un ufficio di amministrazione coloniale, le isole sono rivendicate dall'Argentina, che le considera tuttora parte integrante del proprio territorio nazionale, in base al fatto che nel 1829 vi aveva edificato una caserma e un porto per la protezione degli abitanti argentini.
La capitale delle Falkland è Port Stanley, chiamata Puerto Argentino dall'Argentina.
Nel 1982 le Malvine sono state contese tra Argentina e Regno Unito durante la Guerra delle Falkland. Il conflitto è stato vinto dal Regno Unito e, secondo la giornalista canadese Naomi Klein, questa vittoria è stata definita come determinante per risollevare la popolarità del primo ministro inglese Margaret Thatcher, dal 22% prima della guerra al 59% dopo la guerra, e, secondo alcuni, a salvarne la carriera politica. D'altra parte la sconfitta argentina è stata causa, secondo la stessa Klein, oltre che del crollo del regime che governava l'Argentina, anche del profondo trauma (è stato solo il primo, poi seguito da altri economici), subìto pesantemente dall'Argentina e ipotizzato nella sua teoria della Shock economy.

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