giovedì 17 ottobre 2013

Sant’Agostino, vivere per la verità

La vita di Sant’Agostino è un’ odissea alla ricerca della verità. Un’instancabile peregrinazione, che parte dagli abissi più tenebrosi, dove “il cuore è preda dell’inquietudine”, per avere termine nell’estasi ascetica, ove la luce irradia l’oscurità ed “il cuore stesso trova pace in Dio”. Tale sentiero vitae di Agostino di Ippona, traccia il percorso universale dell’umanità, che nasce da una profonda esigenza esistenziale: il raggiungimento della felicità, intesa come beatitudo, ossia finitezza, perfezione, appagamento. Il pensiero filosofico di Agostino prende forma e si articola con la vita stessa ; in tal modo quanto di più singolare e personale intrinseco alla vita del filosofo, apre le porte ad un’introspezione della mente, del cuore, della volontà, riconducibile all’intero genere umano.
Nato a Tagaste, in Algeria, nel 354, Agostino, fin dall’infanzia crebbe con due concezioni antitetiche della vita: il paganesimo professato dal padre ed il cristianesimo dalla madre. Questo dissidio esistenziale lo accompagnerà per tutta la vita, oscillando, nel suo percorso evolutivo tra ragione e sentimento, inquitudo e beatitudo, bene e male e cercando sempre di sopprimere tali dualismi. L’educazione di Agostino fu finalizzata alla realizzazione di un’ascesa sociale perciò la cultura costituì l’essenza della sua giovinezza. La prima formazione si incentrò sulla grammatica e sulla retorica, le due arti essenziali per divenire un vir eloquentissumus, maestro della parola e del discorso. La vera rivelazione fu offerta dalla lettura dell’Hortensius di Cicerone, un dialogo filosofico che dimostra come la sapientia e dunque la filosofia siano il percorso diretto per raggiungere la verità. Da ciò ebbe origine l’insaziabile desiderio di possedere la veritas.
Fu proprio per rifugiarsi dall’angoscia, dai dubbi e dalle domande, che Agostino trovò un primo conforto nella visione dualista manichea, la quale forniva una spiegazione semplice e lineare ad uno dei quesiti che più tormentavano l’animo del filosofo: perché esiste il male? In quanto esistono due realtà contrapposte, un polo positivo, incontaminato ed una parte oscura, negativa, esterna allo stesso uomo. “ Ero dell’opinione-scrive Agostino nelle Confessioni- che non fossimo noi a peccare, ma fosse una qualche altra natura a farlo in noi. E piaceva al mio orgoglio sentirmi estraneo alla colpa per accusare non so che altra entità”
Dapprima manicheo, poi scettico e non ancora cattolico, Agostino si ritrovò a vagare nuovamente nell’incertezza, sperando disperatamente di trovare risposta alle proprie domande esistenziali. Segnerà una svolta fondamentale nella vita del filosofo il soggiorno come professore di retorica a Milano, in cui avverrà il decisivo incontro con il neoplatonismo. In esso egli ravvede una concezione puramente antimaterialistica, che individua come luce-guida sia sul piano religioso, che su quello filosofico. Infine dopo tante peregrinazioni, “accolsi il consiglio di tornare in me stesso e con l’aiuto di Dio  entrai nel mondo interiore” e nel 386 ebbe luogo la conversione.
La conoscenza introspettiva della propria anima si riscopre essere la via essenziale per giungere alla verità e per innalzarsi a Dio. L’anima è dunque la dimora della verità che convive con i nostri dubbi, le nostre angosce, le nostre ansie; conoscere sé stessi significa conoscere l’Uno, Dio. Erroneamente dunque l’uomo brancola nel mondo esterno, con l’illusione di trovare risposte e, fermamente convinto di scovare la verità, non si accorge di allontanarsi da essa.
Essendo figlio della filosofia ellenistica, Agostino, individua il fine di tale conoscenza al desiderio di felicità, che si identifica nella beatitudo e nella sapientia. Perciò la forza che spinge l’uomo ad intraprendere tale sentiero introspettivo è il desiderio di vivere nella beatitudine, che coincide non solo con la conoscenza, ma con il possesso del bene desiderato. L’essenza del godimento di ciò che buono è la volontà e quest’ultima è mossa dall’amore. “Il mio peso è il mio amore: da lui sono mosso dovunque io muova.” Agostino come scopritore del mondo interiore è un precursore della modernità. La Storia si evolve nell’anima dell’uomo, dimora delle grandi scelte che determinano l’avvenire. L’attualità del filosofo africano risiede anche nell’importanza che viene attribuita alla volontà e alla possibilità, conferita all’uomo, di scegliere. A partire da ciò egli risponde al quesito: Si deus est, unde malum? Il male secondo Agostino non ha realtà ontologica, è il non essere, è privazione del bene. E poiché tutto ciò che ha creato Dio è bene, il male è solo una scelta dell’uomo, ma una scelta non di ciò che è cattivo, poiché non esistono cose in sé cattive, ma scelta di ciò che è inferiore, che va contro la natura stessa dell’uomo. In altre parole la responsabilità del male è imputabile direttamente al libero arbitrio dell’uomo: questo ha davanti a sé la scelta di accogliere il bene o di peccare, accettando o rifiutando conseguentemente Dio e la sua legge.
Mentre Roma bruciava tra le fiamme dei goti, che saccheggiarono e distrussero la città, Agostino, nell’ultima fase della sua vita, scrisse la sua ultima monumentale opera: il “De Civitate Dei”. In essa il filosofo esplica come la storia dell’umanità sia il frutto di due amori che costruirono due città: l’amore egoistico per sé stessi ha costruito la città terrena, l’amore incondizionato per Dio la città celeste. Tuttavia, così come accadde nella sua vita personale, i due amori si confondono, si mescolano ed a causa di ciò la vita terrestre ospita entrambi gli amanti. Solo con il giudizio universale, avverrà la scissione secondo la parola di Dio, che chiamerà a sè gli eletti e sarà compiuta l’armonia perfetta. Ed in tale condicio di eterna beatitudine gli uomini riceveranno il più grande dei doni: l’impossibilità di peccare.
A conclusione trovano spazio solo le parole del poeta francese Fènelon, che evocano il ritratto più veritiero del Santo Agostino:
“Egli è tutto ad un tempo, sublime e popolare. Egli ascende a’ più alti principii colle più familiari espressioni; egli interroga, si fa interrogare, e risponde . La sua predica è una conversazione tra lui e ‘l suo uditorio. Le similitudini gli si offrono acconcie a dissipar ogni dubbio. Egli discende sino a’ più volgari pregiudizi della plebe per raddrizzarli”.

Fonte. C. M. Correra

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