giovedì 21 febbraio 2013

Politica: Perché Casini ha già fatto tombola al Senato anche se Monti fa flop



Nell’Udc circola una battuta: “Avremo un senatore per ogni punto percentuale conquistato con il prof.”

Pier Ferdinando Casini da vecchia volpe di Palazzo – “getto vegetale di antica pianta Dc”, lo chiamava Filippo Mancuso – non l’avrebbe mai detto, Mario Monti invece – il prof. della Bocconi – sì: “Credo che Angela Merkel (che ha poi smentito, ndr) non abbia nessuna voglia di vedere arrivare il Pd al governo”. Monti si riferiva all’ipotesi di una sua alleanza con Bersani, e ha risposto – commettendo una piccola gaffe politica – a una domanda maliziosa, ovvero: “Merkel vi vuole al governo del paese con Bersani?”. Nel Pd risponde Massimo D’Alema, l’unico che sembra aver voglia di fare a cazzotti su un misunderstanding: “Saranno i cittadini italiani a decidere chi governerà e noi stiamo cercando di dialogare con i cittadini, non abbiamo tempo per sentire che cosa dice la Merkel. Non ci piace l’Europa che dice austerità, vogliamo lavoro e crescita. Non mi pare che Merkel rappresenti questa Europa”. Una frase, quella di Mario Monti, dal sen fuggita? I montiani ieri sera sembravano un po’ imbarazzati, mentre dalle parti dell’Udc, l’alleato del professore, fanno spallucce, come dire: a noi quelle parole non sarebbero scappate, abbiamo esperienza… D’altra parte, tra il grande professore, il gigante rispettato e accreditato all’estero (Monti), e il piccolo rentier democristiano allievo di Forlani (Casini), è il secondo ad aver più “uso” del Palazzo, del suo linguaggio, delle sue regole e delle sue furbizie.
Non è un caso se Casini è certissimo di una cosa: al Senato sarà lui a detenere la golden share del futuro gruppo parlamentare montiano (ammesso che la lista unica del professore superi la soglia di sbarramento dell’8 per cento in un numero sufficiente di regioni per produrre almeno dieci senatori). E perché mai Casini è così sicuro? Perché è stato il vero vincitore della spartizione dei posti, nella composizione del listone unico: a Monti sono andati 10 candidati su 30, 5 a Italia Futura, 3 a Fini, il resto all’Udc. Non solo 10 posti sicuri ma – come ha spiegato il professor Roberto D’Alimonte qualche tempo fa – “Casini è riuscito a farsi nominare capolista in cinque regioni. Dato che verrà eletto in tutte e cinque, si libereranno quattro posizioni. In queste posizioni è riuscito a piazzare due suoi candidati che saranno i beneficiari del giochino consentito da questo meccanismo perverso che sono le pluricandidature”. Ma non finisce qua: un altro candidato Udc sarà ripescato grazie a Pietro Ichino che, essendo capolista sia in Lombardia sia in Toscana, libererà uno dei due posti. Infatti, qualunque sarà la scelta di Ichino, il subentrante sarà un candidato Udc.
Nel partito neodemocristiano scherzano (ma neanche troppo) dicendo: “Abbiamo un senatore Udc per ogni punto percentuale della lista unica”. Sono almeno dieci seggi dell’Udc, un numero sufficiente per formare un eventuale gruppo autonomo a Palazzo Madama. E’ dunque evidente come Casini sia, agli occhi del Pd e di Bersani, nella prossima legislatura, un interlocutore indipendente dalla volontà e dalle inclinazioni di Mario Monti. Si dice che al leader dell’Udc piacerebbe moltissimo fare il presidente del Senato, ma nel suo partito dicono di più (esagerando, forse fino all’inverosimile): c’è anche la partita del Quirinale. Pochi giorni e vedremo se i conti torneranno.

Fonte:  FOGLIO QUOTIDIANO

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