domenica 11 marzo 2012

Spagna. In ricordo degli attentati terroristici di Madrid

Gli attentati dell'11 marzo 2004, anche conosciuti come 11-M o M-11, furono una serie di attacchi terroristici coordinati al sistema di treni locali a Madrid (Spagna), che uccisero 191 persone (177 delle quali morte immediatamente negli attentati) e provocarono 2.057 feriti. La mattina di giovedì 11 marzo 2004, tre giorni prima delle elezioni spagnole, dieci zaini riempiti con esplosivo (probabilmente Goma-2 ECO) furono fatti esplodere in quattro treni regionali di Madrid, in quattro stazioni differenti. Le esplosioni avvennero nell'ora di punta, fra le 7:36 e le 7:40 nelle stazioni madrilene di Atocha (3 bombe), El Pozo del Tío Raimundo (2 bombe), Santa Eugenia (1 bomba) ed in un quarto treno che si trovava nei pressi di via Téllez (4 bombe), sui binari che portano ad Atocha provenendo da sud. Le forze di polizia trovarono altri due dispositivi inesplosi. Entrambi furono fatti esplodere immediatamente dagli artificieri per motivi di sicurezza. Un ulteriore borsa con 500 grammi di esplosivo, mitraglia, detonatore e temporizzatore basato su un telefono mobile modificato fu ritrovata inesplosa tra gli oggetti e bagagli raccolti sui luoghi degli attentati, e trasportati a un commissariato e successivamente in un centro fieristico (IFEMA) insieme alle vittime. Quest'ultimo artefatto (che sarebbe stato inizialmente posto nel treno di Vallecas) condurrà rapidamente alle prime ipotesi certe ed ai primi arresti il 13 marzo. Cronologia (11 marzo, dalle 6:45 alle 7:42) 06:45: il treno 17305 parte da Guadalajara con destinazione la stazione di Chamartín. 07:00: il treno 21431 parte da Alcalá de Henares con destinazione Alcobendas. 07:10: il treno 21435 parte da Alcalá de Henares con destinazione Alcobendas. 07:15: il treno 21713 parte da Alcalá de Henares con destinazione la stazione di Príncipe Pío. 07:39: tre bombe esplodono sul treno 21431 nel binario 2 all'interno della stazione di Atocha. Pochi secondi dopo, quattro bombe esplodono sul treno 17305 vicino via Téllez, 500 metri prima di entrare nella stazione di Atocha. 07:41: due bombe esplodono sul treno 21435 nella stazione di El Pozo del Tío Raimundo. 07:42: una bomba esplode nel treno 21713 alla stazione di Santa Eugenia. Le vittime [modifica] Lapide in memoria delle vittime posta nella struttura sportiva Daoiz y Velarde Il numero ufficiale delle vittime è di 191 (alcuni alzano il numero fino a 192 perché una delle donne morte era incinta) e di 2057 feriti, per cui l'attentato diventava il primo per numero di feriti e secondo per vittime mortali, nella lista dei peggior attacchi sofferti in Europa in tempi di pace dopo l'attentato di Lockerbie, che causò la perdita di un aereo della Pan Am e la morte di tutti i passeggeri e membri dell'equipaggio il 21 dicembre 1988. Il numero di 202 morti che venne indicato in un primo momento fu poi ridotto dopo una più accurata identificazione di alcuni resti. I feriti furono trasportati negli ospedali di Madrid. Il numero delle persone colpite fu così grande che fu necessario installare un ospedale da campo nella struttura sportiva Daoiz y Velarde, nelle vicinanze di via Téllez, per fornire i primi aiuti e pianificare il trasporto in ospedale. Il numero definitivo dei morti è comunque calcolato in 191, oltre a due feti rispettivamente di tre e otto mesi di gestazione. Nel computo è stato infatti considerato anche un bambino deceduto il 10 maggio a quarantotto ore dalla nascita: la morte fu causata dalle ferite subite dalla madre nell'attentato.
Le nazionalità delle vittime: 142 Spagna 16 Romania 5 Ecuador 4 Bulgaria, Perù, Polonia 3 Marocco 2 Colombia, Honduras, Ucraina 1 Brasile, Cuba, Cile, Dominica, Filippine, Francia, Guinea In alcuni conteggi si riferisce il numero di 192 vittime, calcolando tra le vittime anche l'agente intervenuto a Leganes, e morto con i suicidi. Ripercussioni politiche e sociali Risvolti politici In seguito agli attentati si scatenò una forte contrasto tra il Partido Popular (PP) e il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) a proposito di chi fosse l'autore degli stessi, se l'ETA, organizzazione indipendentista Basca che da sempre usa metodi terroristici (ad esempio per l'attentato del 1987 all'Hipercor di Barcellona) oppure al-Qāʿida, gruppo islamista già colpevole di sanguinosi attentati. I due partiti si accusarono a vicenda di utilizzare scorrettamente la situazione con fini elettorali, date le imminenti elezioni che si sarebbero svolte 3 giorni dopo gli attentati, il 14 marzo 2004. In questo clima di tensione si organizzarono manifestazioni ufficiali e di larga partecipazione popolare di rifiuto del terrorismo, ma anche manifestazioni davanti alle sedi del partito di governo, il PP, nelle ore precedenti le elezioni e nello stesso giorno delle votazioni. A tutt'oggi non sono apparse prove contrarie all'origine islamista dell'attentato, anche se nelle indagini sugli esplosivi utilizzati e sulla preparazione degli attentati, sono comparsi diversi delinquenti spagnoli e perfino confidenti della polizia, che potrebbero avere avuto collegamenti con entrambi i gruppi terroristi. Su questa ipotesi, totalmente confutata dal nuovo governo del PSOE, il PP ha costruito una campagna di propaganda tesa a porre in discussione il risultato elettorale a lui sfavorevole, in quanto frutto della presunta manipolazione degli elettori svolta del PSOE nei giorni successivi agli attentati. Le prime ipotesi sulle responsabilità (11-14 marzo) Nelle giornate precedenti l'attentato le forze di polizia spagnole erano in uno stato di massima allerta per un possibile attentato del gruppo terroristico ETA in occasione della campagna elettorale e le operazioni di polizia del periodo precedente corroboravano tali timori. La mattina dell'attentato il governo, i partiti politici e tutti i mezzi di comunicazione, sospettarono e attribuirono le responsabilità all'ETA, anche se gli attentati differivano in un punto importante da quanto questa organizzazione aveva normalmente fatto negli ultimi anni: preavvertire della presenza di bombe per evitare vittime civili. Solo Arnaldo Otegi, dirigente politico di Batasuna, partito politico reso illegale per la sua stretta relazione con ETA, negò con forza la possibilità di una partecipazione dell'ETA all'attentato, dichiarazione che fu usata per rafforzare l'ipotesi ETA. Subito dopo gli attentati il presidente del governo spagnolo del PP, José María Aznar attribuì pubblicamente a ETA la responsabilità dei tragici eventi. Numerosi corrispondenti stranieri ricevettero telefonate dal Governo che indicavano come responsabile l'organizzazione terroristica basca, per "permettere di confutare qualunque dubbio che si potesse generare nelle parti interessate". Il Ministero degli Esteri istruì tramite fax le ambasciate spagnole nel mondo in modo che confermassero le responsabilità dell'ETA. La diplomazia spagnola riuscì perfino a far sostenere dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la responsabilità del gruppo terrorista basco nella sua risoluzione 1530 dell'11 marzo. Nonostante ciò, il giorno stesso degli attentati vennero alla luce degli indizi che contraddicevano la versione del governo, accreditando l'ipotesi di una responsabilità di gruppi fondamentalisti islamici. Alcuni mezzi di comunicazione stranieri diedero risalto a queste ipotesi e avanzarono una serie di critiche al governo per il fatto di non riconoscere apertamente che si trattasse di un attentato di radice islamica e mantenere l'ipotesi ETA. Queste critiche diedero inizio ad una polemica sulle effettive responsabilità e le relative implicazioni elettorali. Il sabato iniziarono una serie di arresti che avrebbero condotto alla smantellamento della cellula terroristica. Il governo decise allora di intensificare i suoi messaggi per rinforzare l'ipotesi che ETA fosse l'autore, forse anche per evitare un forte impatto sui suoi risultati elettorali. Le televisioni pubbliche (nazionali e regionali) controllate dal PP trasmisero video e film sulle vittime dell'ETA, nonostante le proteste di varie associazioni di vittime del terrorismo. Finalmente il sabato cominciarono a succedersi gli arresti che avrebbero condotto alla disarticolazione della cellula terrorista. Le ragioni addotte a sostegno della tesi di una responsabilità dell'organizzazione terroristica basca sono le seguenti: La lunga storia terroristica dell'ETA in Spagna. L'intenzione dell'ETA di commettere un grande attentato a Madrid. Il 24 dicembre 2003, meno di tre mesi prima degli attentati, la Polizia Nazionale aveva arrestato due membri dell'ETA che volevano commettere un attentato con due valige-bomba nella stazione madrilena di Chamartin (nel nord di Madrid all'altro lato rispetto ad Atocha), ciò nonostante il Ministro degli interni omise che l'investigazione della polizia aveva rivelato che ETA aveva previsto di avvisare (come suole fare negli attentati a luoghi pubblici negli ultimi anni) e di mettere le bombe nel vagone per il trasporto di valige, cioè come altre volte, di fare un attentato 'rumoroso' e non mortale. Il 28 febbraio 2004 erano stati intercettati due convogli dell'ETA contenenti esplosivo che viaggiavano verso Madrid. Anche in questo caso l'opinione degli oppositori alla tesi ETA, commentano che nel furgone c'era si esplosivo, ma anche una mappa di una zona industriale dell'est di Madrid, ovvero probabilmente si sarebbe organizzato un attentato a qualche infrastruttura industriale, e quindi non si dimostrerebbe l'intenzione di fare un attentato contro la popolazione. Altre affermazioni del ministro degli interni del PP, Acebes, sulla disponibilità di 12 valigie-bomba in Baqueira-Beret (località dei Pirenei) e sull'intenzione dell'ETA di fare attentati sulla popolazione, risultarono frutto di dichiarazioni di un detenuto dell'ETA, poi non confermate dalla polizia. I materiali usati negli attentati: auto rubate, esplosivo. Inizialmente, venne divulgata la notizia che gli esplosivi utilizzati nell'attentato erano composti da titadine, abitualmente utilizzato dall'ETA; più tardi si verificò che questo dato era scorretto, trattandosi di plastico Goma-2 Eco, cioè effettivamente della stessa classe di esplosivi (dinamite) ma non dello stesso tipo. Anche i detonatori si dimostrarono poi di tipo diverso da quelli usati dall'ETA. La distribuzione a San Sebastián, il 10 marzo, di volantini nei quali si istigava al boicottaggio delle ferrovie spagnole (RENFE). L'assenza di terroristi suicidi nei treni, che al-Qāʿida usa abitualmente (nei casi dello Yemen, New York, Casablanca, Iraq o, posteriormente, a Londra e in Giordania). Anche se una rete radiofonica vicina al PSOE, Cadena SER, diede notizia di rumori sulla presenza di terroristi suicidi, questa affermazione si dimostrò poi infondata. Infatti si era basata nel ritrovamento di una colonna vertebrale il cui stato faceva ritenere una gran vicinanza all'esplosivo. In seguito l'analisi del DNA dimostrava che tale reperto apparteneva a una sfortunata vittima che si era trovata evidentemente e casualmente in contatto con una borsa di esplosivo.
Le ragioni addotte a sostegno della tesi di una responsabilità del terrorismo islamico sono le seguenti: La mancanza di preavviso. Negli anni precedenti agli attentati, ETA aveva sempre dato un preavviso prima dei suoi attacchi. Prima dei fatti dell'11 marzo non ci fu nessun preavviso. L'alto numero di vittime. L'attentato mirava ad ottenere il maggior numero di vittime attraverso l'uso di azioni multiple e coordinate, in buon accordo con il modus operandi dei gruppi estremisti islamici che avevano agito in precedenza in Europa, Turchia e a Casablanca. Inoltre, era dal tempo dell'attentato al centro commerciale Hipercor nel 1987, che aveva prodotto un forte malcontento alla base, che ETA non commetteva un attacco massiccio contro i cittadini. Sembrava improbabile che tornare dagli attacchi selettivi agli attacchi indiscriminati potesse essere di utilità all'ETA. La debolezza logistica di ETA. Secondo i rapporti di polizia esistenti ETA non sarebbe stata in grado di organizzare un'azione di tale portata. I gruppi itineranti tipici dell'ETA erano costituiti al massimo di quattro integranti, mentre l'entità degli attentati di Madrid, ne avrebbe richiesto almeno il doppio. Il risultato delle indagini preliminari del giudice Del Olmo confermerebbe la presenza di 10-12 attentatori, inclusi i 7 poi suicidi in Leganes. Presenza di terroristi suicidi. Come commentato precedentemente questa supposta presenza fu poi smentita dalle analisi del DNA. I precedenti di Madrid e Casablanca. In passato si erano già verificate due azioni terroristiche contro interessi spagnoli: la prima, rivendicata dalla Jihad islamica, il 12 aprile del 1985 nel ristorante El Descanso di Madrid, che causò 18 morti e un centinaio di feriti; la seconda il 16 maggio 2003 nella quale un gruppo di terroristi suicidi marocchini colpì, oltre ad altri obiettivi, il ristorante La Casa de España a Casablanca. La maggior parte degli analisti considera che gli attentati di Casablanca erano un avviso al governo Spagnolo e ad altri paesi perché ritirassero l'appoggio agli Stati Uniti. Le minacce di al-Qāʿida alla Spagna e la guerra in Iraq. La Spagna avrebbe potuto entrare nella lista nera degli obiettivi prioritari di al-Qāʿida dal tempo dello smantellamento di una cellula spagnola della rete terrorista, diretta da Imad al-Din Barakat Yarkas, legata agli attentati dell'11 settembre 2001. Successivamente il governo spagnolo appoggiò la guerra in Iraq (materializzata e pubblicizzata nel vertice delle Azzorre) e partecipò all'occupazione militare guidata dagli Stati Uniti. Un video di Bin Laden minacciava il 18 ottobre 2003 i paesi alleati degli Stati Uniti, e le informazioni di polizia disponibili indicano che la preparazione degli attentati partì dopo l'emissione del video. I precedenti di Parigi negli anni novanta. Negli anni novanta il GIA algerino organizzò mortiferi attentati senza scrupoli contro i treni regionali parigini. La data simbolica. Gli attacchi avvennero due anni e mezzo (911 giorni) dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, seguendo il modello di molti gruppi terroristici che scelgono di attaccare in giorni particolarmente significativi. La mancanza di rivendicazione immediata. È tipico dei terroristi islamici non rivendicare gli attentati per aumentare il terrore. Al contrario delle modalità dell'ETA. Le bombe multiple. I terroristi islamici anche prima di Madrid o Londra, hanno utilizzato spesso le esplosioni multiple negli attentati a Istanbul, Bali o incluso nell'11 settembre degli USA. La targhe. L'ETA di solito falsifica le targhe delle auto e furgoni rubati. In questo caso le auto implicate non hanno targhe false. La smentita di ETA e Batasuna. La sinistra nazionalista basca, per mezzo di Arnaldo Otegi (dirigente del partito politico Batasuna, reso illegale per i suoi legami con l'ETA) condannò il "massacro" e si distanziò subito dagli attentati, negando una eventuale implicazione di ETA, per mezzo della radio e in conferenza stampa. Otegi suggerì l'ipotesi che i colpevoli fossero terroristi islamici di al-Qāʿida, forse come risposta all'appoggio spagnolo all'invasione dell'Iraq. La prima reazione del governo fu di rifiutare questa interpretazione, considerandola solo un tentativo di depistare le indagini. ETA dichiarò in due occasioni, prima e dopo le elezioni del 14 marzo che non fu opera sua. La Audiencia Nacional, i servizi segreti (Centro nacional de inteligencia) e la polizia dichiararono che era poco probabile che si trattasse di ETA. Il nastro in arabo. Durante la notte dell'11 marzo furono ritrovati in un furgoncino parcheggiato nella città di Alcalá de Henares, da dove provenivano tre dei quattro treni, un nastro magnetico in lingua araba con versetti del Corano assieme a dei detonatori rubati da poco. Il nastro conteneva dei versi usati dai terroristi islamici per farsi coraggio prima di entrare in azione, o addirittura, secondo indicazioni del CNI, costituiva una vera e propria rivendicazione degli attentati con l'intenzione di chiarire chi fossero gli autori. La rivendicazione islamista. Il quotidiano al-Quds al-ʿArabi[1] ricevette quella stessa notte presso la sua sede di Londra una lettera di rivendicazione. La lettera affermava che la Brigata Abu Hafs al Masri, in nome di al-Qāʿida, la rete terroristica di Osama bin Laden, era responsabile degli attentati di Madrid, attuati come regolamento di conti con la Spagna, accusata di complicità con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna in una crociata contro l'Islam. L'esplosivo e i detonatori. Alle ore 14 del 12 marzo, il Ministero degli Interni fornì una serie di dettagli sui detonatori e sul tipo di esplosivo utilizzato che parevano indirizzare i sospetti nei confronti di un gruppo islamico, essendo completamente differenti da quelli utilizzati dall'ETA negli anni precedenti. L'arresto dei primi sospetti. Il 13 marzo cinque persone vennero arrestate, tre marocchini (uno di loro era Jamal Zugam) e due indiani, tutti legati alla carta telefonica prepagata che faceva parte dello zaino-bomba che la polizia disinnescò nei pressi del commissariato di Vallecas. La rivendicazione video. La domenica alle 19:40 la rete televisiva Telemadrid ricevette una chiamata che informava della presenza di un video di rivendicazione dell'attentato. La polizia recuperò una videocassetta che conteneva una comunicazione in arabo di un uomo con accento marocchino. Nel video l'uomo affermava di essere Abu Dujan al Afghani, portavoce di al-Qāʿida in Europa, e rivendicava gli attentati in nome del gruppo terrorista. Più tardi si seppe che il video si sarebbe registrato in tutta fretta vedendo che il governo manteneva l'ipotesi dell'ETA. La sete di informazioni cominciò a farsi frenetica quando i canali ufficiali non risposero alle attese di chiarimento, ed infatti a molti cittadini i comunicati ufficiali cominciarono ad apparire come tentativi di disinformazione. Alcuni mezzi di informazione cominciarono a reagire durante il pomeriggio-sera del giovedì e specialmente durante il venerdì. È noto il contributo di alcuni mezzi che comunque riuscirono a mantenere commenti e posizioni distanti dalle versioni ufficiali, già poco dopo gli attentati come La Vanguardia, la radio cadena SER, La Voz de Galicia o le televisioni della Catalogna. Però questi furono i canali di pura comunicazione. Il fatto nuovo e fondamentale fu l'intensificazione della consultazione dei blog e media digitali, la discussione sugli attentati si estese a tutti gli ambiti. I forum di internet si trasformarono in un'ebollizione di informazioni, a volte contraddittorie, però attraverso le quali una verità diversa da quella ufficiale si faceva strada. Infatti quasi tutti i forum, di qualunque tipo di argomento trattassero ufficialmente, vennero inondati di richieste, riflessioni e inviti a conoscere la verità che si supponeva il governo stesse nascondendo. Cosi accadde nelle chat e sugli SMS dei telefonini. Si scambiavano link di giornali internazionali che diffondevano punti di vista diversi da quelli del governo, che insinuava apertamente che gli autori non fossero gli islamisti.
Diversi leader mondiali dichiararono la loro condanna degli attentati e la solidarietà con le vittime. Cosí fecero gli organismi internazionali come Amnesty International.[3] Il Parlamento Europeo dichiarò l'11 marzo "Giorno delle vittime del terrorismo". Gli Stati Uniti d'America offrirono il loro sostegno alla lotta antiterroristica e per l'identificazione dei responsabili. Israele mandò esperti nel riconoscimento dei corpi e nell'analisi del DNA. In Francia, tutte le bandiere nazionali furono poste a mezz'asta durante i tre giorni di lutto ufficiale in Spagna, e così fu deciso per le bandiere dell'Unione Europea. La maggior parte delle borse valori europee caddero l'11 marzo fra un 2% e un 3%, mentre l'indice Dow Jones cadde solo un 1.6%. Le azioni più colpite furono quelle delle imprese di turismo e aviazione. Polonia e Portogallo dichiararono il 12 marzo giorno di lutto nazionale. Personalità pubbliche come Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Jean-Pierre Raffarin e Joschka Fischer viaggiarono il 12 marzo a Madrid per partecipare alla grandi manifestazioni silenziose e di massa contro il terrorismo, che partirono in tutta Spagna alle 7 del pomeriggio. In una intervista televisiva, il 13 marzo, Fidel Castro accusò il governo spagnolo di ingannare i suoi cittadini sugli autori degli attacchi per ottenere benefici elettorali; e affermò che José Maria Aznar preferiva accusare ETA pur sapendo che un gruppo islamista stava dietro gli attentati. In Romania, tutte le bandiere nazionali ondeggiarono a mezz'asta e il governo dichiarò il 14 marzo giorno di lutto nazionale in solidarietà con le vittime spagnole e rumene (9 morti, 8 scomparsi e 76 feriti ancora in ospedale).

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