mercoledì 14 marzo 2012
Massimo Marciano "professionista ed amico dei giornalisti"
L’affermazione dei candidati di INPGI SIAMO NOI alle elezioni dell’ente di previdenza dei giornalisti italiani ha confermato la validità della proposta e del lavoro della lista.
Tra i vincitori di INPGI Siamo noi l'amico e collega Massimo Marciano. Quest'intervista è un omaggio a lui, alla sua professionalità, al suo crederci sempre ed a Giorgio Bonelli, amico comune, al quale entrambi "dobbiamo" qualcosa.
Ti aspettavi un successo di tali proporzioni?
Il dato numerico è stato per me fonte di enorme gratificazione: ne sono riconoscente a tutti i colleghi e le colleghe che mi hanno sostenuto e alla coalizione di componenti sindacali che ha creduto in me. Ma, al di là delle cifre, in verità la cosa che mi ha colpito di più sono stati i tanti sms, telefonate ed e-mail di persone che mi hanno cercato, prima e dopo le elezioni, per manifestarmi il loro sostegno.
E' stato anche commovente sentire la vicinanza e la mobilitazione di tante persone che mi hanno detto di essermi grate per l'aiuto e i consigli che ho cercato di dare loro in questi nove anni in cui mi è stato affidato uno sportello di informazione e consulenza all'Associazione stampa romana. Quando io ho iniziato la professione, avrei avuto bisogno di qualcuno a cui rivolgermi per orientarmi. Ho avuto l'opportunità di farlo io per gli altri e potere, un giorno, avere la consapevolezza di aver lasciato qualcosa mi sembra il modo migliore di svolgere il mio servizio per i colleghi e di essere soddisfatto di ciò che faccio.
Già tanti successi ma cosa vorrai fare da grande?
Ti ringrazio per attribuirmi dei successi. Però penso che i traguardi personali siano destinati a lasciare il tempo che trovano se non servono per raggiungere risultati di più ampio respiro. So, a questo proposito, che all'Inpgi ci attendono quattro anni di mandato molto intensi e difficili. Le prove più immediate saranno la battaglia per ottenere dal parlamento l'approvazione della legge sull'equo compenso, la lotta per una riforma del mercato del lavoro che tuteli i soggetti più deboli e la predisposizione del bilancio tecnico attuariale della previdenza dei giornalisti. Un bilancio che dovrà proiettarsi verso i prossimi 50 anni, attraversando acque molto agitate e infestate da insidie tremende come il dilagante precariato, lo sfruttamento indiscriminato dei lavoratori, l'attacco ai loro diritti e ai loro salari.
Da "grande" vorrei fare la mia parte perché la dignità del lavoratore e le sue tutele, conquistate con il sacrificio di intere generazioni, non vengano calpestate, come invece sta succedendo da quando si sta cercando di far passare nella mente dell'opinione pubblica l'idea assurda che la modernità sia il ritorno ai tempi dei "padroni delle ferriere". Un impegno, questo, che rappresenta per me un imperativo morale nei confronti della memoria delle lotte, fino al sacrificio estremo, di persone - tanto per rimanere nella cronaca di questi giorni - come Placido Rizzotto.
Infine, ma non certo in ordine di importanza, vorrei contribuire a porre al centro del dibattito sulla previdenza pubblica, che da qualche anno è impostato solo sui tagli alle future pensioni, il tema dell'inadeguatezza del sistema contributivo, così come imposto a tutti i lavoratori a partire dal 1996, ad assicurare un livello pensionistico adeguato ad un'esistenza libera e dignitosa ai futuri pensionati. E' necessario che si guardi alle esperienze previdenziali di grandi Paesi europei, come quelli scandinavi. Ecco: da "grande" vorrei poter continuare a occuparmi di questi temi e ottenere risultati che portino l'Italia fra le nazioni più avanzate nelle tutele sociali.
Chi è stato per te Giorgio Bonelli?
Non è stato: è ancora, nella memoria, il punto di riferimento del mio agire sindacale. E' stato per me e per tanti altri un maestro di vita: con il suo esempio ha dimostrato che tutte le conoscenze e l'esperienza che si possiedono sono nulla se non si è in grado di trasmetterle agli altri. Giorgio ha messo tutto se stesso a disposizione di ogni persona che aveva bisogno di una guida, di un aiuto. Ci sono un'infinità di colleghi che sono stati presi per mano da lui anche nei momenti di più dura disperazione: per loro si è speso in tutti i modi e in tutte le sedi, affinché potessero trovare giuste tutele e adeguate risposte alle loro esigenze.
E' stato un precursore, quando parlare di precariato nel lavoro giornalistico, sostenere l'inattualità di un contratto unico di categoria, denunciare il "dis-Ordine dei giornalisti" (ben diciannove anni fa!) frutto di una legge vecchia e inadeguata, chiedere la riforma dell'accesso alla professione in maniera più democratica e trasparente non era "di moda", come lo è oggi che tutti ne parlano. E' stato un trascinatore: con il suo entusiasmo, anche quando era ormai avviato alla fine della sua carriera professionale ricca di soddisfazioni, è riuscito ad aggregare e a mantenere unito un gruppo di giovani "sbandati", come lo ero anch'io: gente eterogenea per idee ed esperienze, spesso tentata di mollare tutto di fronte a ostacoli che apparivano sempre invalicabili.
Giorgio non ha mai perso di vista l'obiettivo, non si è mai arreso neanche di fronte alle più brucianti sconfitte. Neanche di fronte alla malattia si è fermato. Ricorderò sempre il nostro ultimo colloquio, al telefono, prima dell'ultimo ricovero. Liquidò in pochi secondi il racconto di quello a cui andava incontro e mi raccontò con entusiasmo e una forza incredibile ciò che secondo lui c'era da fare non appena sarebbe uscito dall'ospedale. Ho pensato di trasformare il sito www.riformagiornalisti.it, che Giorgio aveva aperto per pubblicizzare le nostre liste alle varie elezioni di categoria, in uno strumento di informazione per i colleghi: una sorta di sportello virtuale, da aggiungere a quello settimanale che curo all'Associazione stampa romana. L'ho fatto pensando a quante volte Giorgio, fin dai miei primi tempi di impegno nel sindacato, avesse espresso il desiderio di avere un luogo dove tutti i colleghi, e specialmente i precari e i più indifesi, potessero trovare assistenza, informazioni e sostegno. Penso che sia questo il mio dovere, per mettere in pratica gli insegnamenti di Giorgio e per conservarne la memoria.
Tua carriera in breve?
A scuola mi piaceva tantissimo scrivere. Al liceo "inondavo" di fogli protocollo da leggere i miei insegnanti di lettere ad ogni compito in classe. Finita la scuola mi sono trovato in "crisi di astinenza" da scrittura. Ho cominciato a scribacchiare racconti e poesie fino a quando un mio amico, insegnante di liceo, mi ha chiesto di scrivere qualcosa per un mensile locale che avevano messo in piedi, quasi per gioco, lui ed altri nella mia città, Frascati. L'esperienza mi ha talmente entusiasmato che ho cominciato a cercare, tra i quotidiani di Roma, qualcuno che avesse bisogno di un corrispondente dai Castelli Romani. E' così che nel 1983, a vent'anni, ho cominciato a scrivere qualcosa in quella grande palestra di giornalismo che è stata per molti Paese Sera.
Nel giro di un paio d'anni, il lavoro con Paese Sera è diventato quotidiano, mi sono iscritto all'Ordine come pubblicista e sono stato chiamato a collaborare anche con l'Ansa, perché nella redazione romana avevano letto i miei articoli e secondo loro avevo i "numeri" per lavorare anche per l'agenzia. Quando nel 1989 ha chiuso Paese Sera, sebbene da due anni lavorassi stabilmente per l'Ansa, mi sono trovato senza un punto di riferimento importante, una scuola di cronaca senza eguali. Dopo alcune esperienze in tv locali, dove ho condotto trasmissioni di approfondimento, e a Italia Radio, che mi ha fatto innamorare di questo strumento che ti porta a stretto contatto con i fatti e con il pubblico, nel 1991 un collega mi ha chiesto di collaborare con Il Messaggero, perché il giornale aveva necessità di rafforzare la cronaca della provincia romana. Come successo a molti altri, dopo anni di impegno quotidiano "sul campo" sono riuscito ad ottenere il riconoscimento d'ufficio della compiuta pratica professionale.
Curiosità su di te e sul tuo lavoro?
Penso che la cosa più importante del mio lavoro sia il fatto che mi ha sempre offerto l'occasione di occuparmi, oltre che di sport, soprattutto di cronaca, specialmente quella del territorio dove vivo, i Castelli Romani. Credo che nella cronaca vi sia la necessità di possedere tutti gli strumenti della professione ma soprattutto non si perda quel contatto con la realtà e con le persone che spesso l'informazione in Italia dimostra di non mantenere, se viene concepita solo come lavoro d'ufficio.
L'abitudine al contatto e al confronto con le persone ha determinato anche la mia formazione sindacale e personale. Fare il cronista, per una persona di natura introversa come me, è stato altamente formativo per far crescere in me l'esigenza e il piacere del confronto e dell'incontro con le persone. E' anche per questo che da qualche anno mi sono impegnato in un'attività che mi porta a contatto con molte persone e che trovo molto interessante: l'organizzazione dei corsi e delle attività culturali dell'Università Popolare dei Castelli Romani, di cui sono presidente dall'agosto del 2006. E' qui che è cominciata la mia seconda giovinezza: nuova sfida e nuovi stimoli. In attesa di scoprire cosa mi riserverà la terza giovinezza...
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