martedì 6 marzo 2012

Lavoro: normalità dal 2016

Sono 7 su 10 gli italiani insoddisfatti della qualità del lavoro, una percentuale (71%) tra le più alte a livello mondiale considerati 119 Paesi sui quali si è concentrato il Rapporto sul Mondo del Lavoro 2011: i mercati al servizio dell’occupazione dell’ILO (International Labour Office). Tra i Paesi più insoddisfatti, per quel che riguarda la bontà dei posti di lavoro, la Grecia (82%), l’Irlanda (80%), la Spagna (77%), l’Ungheria (81%) e l’Egitto (88%), per arrivare infine al Senegal (91%), mentre la media delle economie avanzate ha un livello d’insoddisfazione appena del 55%. Secondo il Rapporto dell’ILO la ripresa economica stagnante ha cominciato ad avere un effetto drammatico sui mercati del lavoro. Ai ritmi attuali, infatti, nelle economie avanzate, ci vorranno almeno 5 anni per riportare l’occupazione ai livelli pre-crisi, un anno in più di quanto previsto nel rapporto dell’anno scorso. Ma non solo: secondo le previsioni, l’economia globale sarebbe sull’orlo di una nuova forte recessione dell’occupazione, situazione che potrebbe sollevare ulteriori tensioni e disordini sociali. Tra i Paesi più a rischio,le economie avanzate dell’Unione Europea e il mondo arabo, mentre in Africa sub-sahariana e in America Latina il rischio di tensioni sociali è più stabile o minore.
«Siamo arrivati al momento della verità. Ci resta poco tempo per agire e per evitare una ricaduta drammatica dell’occupazione», ha spiegato Raymond Torres, Direttore dell’Istituto Internazionale di Studi Sociali dell’ILO, dichiarando anche la necessità che si creino 80 milioni di posti di lavoro da qui al 2013 se si vuole tornare al livello di occupazione antecedente la crisi, anche se le premesse non sono rosee e si ipotizza che si riuscirà a realizzare solo la metà dei posti di lavoro necessari. Secondo lo studio, inoltre, sono tre i motivi per cui l’attuale rallentamento economico potrebbe portare a conseguenze particolarmente gravi sull’occupazione: in prima battuta perché ora le aziende sono in una posizione più debole per poter preservare i propri lavoratori; in seconda battuta perché i governi sarebbero oggi meno inclini, a fronte delle necessarie misure di austerità, a mantenere o ad adottare nuovi programmi a sostegno dell’occupazione e del reddito; e infine perché mancherebbe un reale coordinamento politico a livello internazionale che lascerebbe insomma i Paesi «abbandonati a loro stessi». Non è solo una denuncia, il Rapporto ILO infatti avanza anche alcune proposte per favorire l’occupazione. Ad esempio sottolinea come, se si aumentassero le spese a favore delle politiche attive del mercato del lavoro dello 0,5% del PIL, si potrebbe aumentare l’occupazione di una percentuale tra lo 0,4% e lo 0,8% a seconda del Paese. Tra le altre indicazioni, ILO chiede inoltre di sostenere gli investimenti nell’economia reale attraverso una riforma finanziaria e misure ad hoc, avvertendo anche che gli sforzi per ridurre il debito pubblico e il deficit spesso si sono concentrati in maniera decisamente sproporzionata sul mercato del lavoro e sulle misure sociali. Non ci resta che attendere ma non passivamente. Quindi tutti a rimboccarci le mani.

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