Alcuni atenei americani - Spelman college, New York City college, University of Maryland e tanti altri – stanno lasciando i tornei nazionali per i troppi scandali e i troppo casi di doping legati agli “sport-spettacolo”. Una tendenza questa che potrebbe essere l’inizio di una svolta storica per le università americane che sono note al mondo intero proprio per l’attenzione che dedicano alle competizioni sportive al punto da avere una federazione apposita: la ricchissima National Collegiate Athletic Association (Ncaa).
Negli ultimi anni sembra che a portare al collasso questo sistema, tra l’altro tenuto su da un’audience record e da un giro milionario di sponsorizzazioni, sia stato l’eccessivo degrado etico e le aberrazioni farmacologiche: allenatori condannati per pedofilia, manager sportivi violenti, corruzione, e naturalmente il dilagare del doping. Troppi soldi, troppe tentazioni.
L’idea allora di questa wellness revolution nasce dalla dottoressa Beverly Tatum, rettrice dello Spelman college e docente di psicopatologia clinica che, viste anche le statistiche allarmanti su diabete e obesità tra i suoi studenti, ha deciso di invertire la tendenza investendo in corsi quotidiani dizumba, yoga, pilates, arti marziali, kickboxing, nonché in weekend di jogging e maratone, facendo tra l’altro risparmiare non pochi soldi alla sua Università.
Benessere psicologico al primo posto: il messaggio dei nuovi sport nelle Università americane
È senza dubbio una scelta rivoluzionaria quella americana di mettere al primo posto non lo sviluppo di prestazioni assolute, ma la forma fisica unitamente a quella psicologica. Questa scelta risponde all’idea che lo sport/attività fisica sia di tutti e non solo di chi lo sceglie come attività prevalente nella propria vita. Il merito di tale contro-tendenza è infatti proprio quello di promuovere nelle università meno atleti e più individui sani e attivi.
Lo sport non deve essere élitario, ma deve raggiungere tutti, in quanto è uno dei modi migliori per condurre uno stile di vita fisicamente attivo, sano, e per combattere di conseguenza tutti iproblemi, i disturbi e le malattie determinate dall’assenza di movimento.
L’idea americana dunque non va a restituire solo allo sport un’immagine sana ed etica, lontana dalla corruzione, ma va a mettere in atto una vera e propria educazione di massa allo sport. E la pratica sportiva si sa, influenza positivamente il nostro benessere psicologico. Sappiamo ormai che lo sport ha un effetto positivo per esempio sul tono dell’umore, sul miglioramento dell’immagine di sé e in generale del sé fisico, sull’autostima, sulla qualità del sonno, sull’ansia e sullo stress.
È stata inoltre verificata una relazione particolare tra attività fisica e benessere psicologico che dimostrerebbe un effetto maggiore dello sport su emozioni ed umore legato soprattutto a fattori psicosociali, ossia alla possibilità di far parte di un clima di gruppo accettante e non agonistico, all’attività focalizzata su obiettivi quali il miglioramento personale o la padronanza del compitopiuttosto che sulla competizione, allo sport praticato in maniera godibile, aerobica regolare e adintensità moderata. In pratica, l’obiettivo dei nuovi sport nelle università americane. E questo dato appare ancora più importante se letto alla luce di altre ricerche effettuate su atleti professionisti in cui è stato osservato che un eccesso di allenamento causa un netto peggioramento dell’umore.
Lo sport è un fattore autoprotettivo della salute fisica e psicologica in grado di incidere in direzione positiva sulla qualità della vita; in un contesto educativo questo messaggio deve passare attraverso proposte concrete, e quella americana è un ottimo esempio.
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