Più poetici degli strimpellatori turchi, più cazzuti dei grillini, più impersonali di Anonymous, con le idee più chiare dei manifestanti brasiliani. Sono sul crinale dell’inattualità, per metà figli dello spirito del tempo e per metà contro di esso, i Veilleurs debout, le sentinelle di quel che resta della douce France. Letteralmente i “veglianti in piedi”, coloro che vigilano, che non dormono e che di conseguenza non hanno motivo di sedersi. E allora stanno lì, in piedi. Davanti ai tribunali, di fronte ai palazzi del potere, vicino alle carceri in cui sono rinchiusi i prigionieri politici che non avranno mai nessun soccorso rosso. I Veilleurs sono l’ultima evoluzione della “Manif pour tous”, la primavera che non vi hanno raccontato, l’oceanica rivolta della Francia contro la legge Taubira sui matrimoni gay, ma prima ancora la ribellione di tutta una storia, di tutto un popolo contro la sua distruzione programmata e, in parte, già attuata nell’inferno a cielo aperto delle banlieue. Al di là di tutto, probabilmente una delle più interessanti rivolte politiche degli ultimi anni anche solo da un punto di vista sociologico. I cortei sono stati allo stesso tempo più radicali e più posati di quanto ci si potesse aspettare. Le gallerie fotografiche, persino quelle riportate dai media antipatizzanti, mostrano una piazza priva di quegli aspetti folcloristico-beceri che sarebbe stato scontato attendersi. Niente personaggi improbabili, niente battute facili. E, accanto a questo, una notevole capacità di sano spontaneismo e di giusta conflittualità. Spiegare tutto ciò con la riemersione della “Francia dell’odio” (Barbara Spinelli) o della “Restaurazione francese” (Huffington Post) è totalmente miope. Intanto, mentre la destra istituzionale cercava di capirci qualcosa e la sinistra passava al contrattacco repressivo (persino il Consiglio europeo ha condannato il “ricorso eccessivo alla forza” della polizia di Hollande), il movimento cambiava già pelle. Per non essere mai là dove lo si attendeva. Nascevano così i Veilleurs. Una sorta di flash mob permanente, che vede ogni giorno, in tutta la Francia, migliaia di persone in piedi davanti ai simboli di uno stato giacobino, che sembra odiare la sua stessa gente di un odio sordo e strisciante. All’inizio gli aderenti erano una cinquantina, oggi sono circa cinquemila. Protestano contro la legge Taubira. Protestano contro l’arresto di Nicolas, il 23enne ritratto legato mani e piedi, sbattuto su una panca come la peggiore delle canaglie, condannato a quattro mesi di carcere per “ribellione e rifiuto di prelievo” da parte della polizia.
I veglianti hanno capito che la vera eversione, in quest’epoca di scuse, è pre-politica, è antropologica. Posturale, addirittura. Basta stare in piedi. “Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”, diceva Camus. “Simbolicamente, preferisco la posizione eretta a quella seduta”, spiega uno dei volontari, associando “a questo gesto fisico una dimensione morale e spirituale”. I Veilleurs pregano, cantano, leggono, oppure semplicemente se ne stanno lì, immobili, ontologicamente minacciosi per la dittatura della viltà, più profonda e più radicata di ogni altra escrescenza istituzionale. La polizia reagisce come può, osservando, provocando, facendo le domande che solo i poliziotti, in qualunque parte del mondo, sanno fare. Ma, alla fine, devono arrendersi e anzi, per non fare la figura dei cretini, si ribellano pure. Martedì un sindacato di polizia ha protestato per la mobilitazione sproporzionata contro una manifestazione che, con tutta la cattiva volontà, è difficile non riconoscere come pacifica. “Un’intera compagnia di agenti mobilitata per sei presunti Veilleurs debout che avrebbero potuto turbare la quiete della Repubblica…”, ironizza il comunicato sindacale. Un’ironia forse fuori luogo perché la quiete della Repubblica è tutt’altro che al sicuro. I socialisti si agitano, eccome se si agitano. E’ una questione posturale, per l’appunto.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
Nessun commento:
Posta un commento