giovedì 25 luglio 2013

Papa Francesco e l'incontro con "i leoni" (giornalisti)


Sono venuto nella fossa dei leoni, ma ho visto che non eravate poi tanto feroci!». Papa Francesco sorride ai 76 giornalisti che lo accompagnano a Rio de Janeiro. Il clima è rilassato, come non avveniva da tempo su un volo papale. Francesco, accolto a Fiumicino dal premier Enrico Letta, appena salito sull’Airbus 330 dell’Alitalia si è accomodato nella poltrona di prima classe. È salito portando una borsa nera, come un passeggero qualunque con un bagaglio a mano. Aveva chiesto esplicitamente che non ci fosse un allestimento speciale con il letto, peraltro ormai difficilissimo da realizzare in questi aerei. Per lui, abituato a volare da Buenos Aires a Roma in classe economica, quella poltrona è già fin troppo lussuosa. Bergoglio ha sfogliato un giornale e poi, mentre l’aereo sorvolava il Sahara, è venuto a salutare i suoi compagni di viaggio, accompagnato soltanto da padre Lombardi, senza prelati e cardinali.


Non c’è, come annunciato, la tradizionale conferenza stampa. La veterana dei voli papali, Valentina Alazraki, corrispondente di «Televisa», che accompagna i Papi dal 1979, lo saluta a nome di tutti: «Sappiamo di non essere “santi di sua devozione” - dice, con un’espressione spagnola che equivale a “sappiamo di non esserle molto simpatici”, riferita al fatto che Bergoglio non concede facilmente interviste - ma oggi padre Lombardi l’ha portata qui, nella fossa dei leoni...». Il Papa sorride. E, preso il microfono, rimarca: «
Ho sentito dire cose un po’ strane su di voi: che non siete “santi della mia devozione” e che sono qui tra i leoni... Non tanto leoni, per oggi... Ma grazie». Poi aggiunge: «Davvero io non do interviste, perché non so... per me è un poco faticoso».


In realtà Francesco non vuole che le sue parole sugli argomenti più disparati e qualche titolo ad effetto possano oscurare il viaggio che inizia, come accaduto con il predecessore. E lascia intendere che risponderà alle domande nel viaggio di ritorno. Ma la formula scelta, quella del saluto personale con ciascuno, risulta vincente. Il Papa appare perfettamente a suo agio. Saluta, stringe mani, scambia battute con tutti, per un’ora. C’è un giornalista brasiliano che gli dona una bandiera del suo Paese e gli chiede una benedizione speciale. C’è il più giovane dei cronisti a bordo, lo spagnolo Darío Menor Torres, de «La Razón», che si commuove mentre gli parla della sua riscoperta del cristianesimo, con il Papa che risponde: «Tu prega per me». Menor Torres chiede a Francesco quale libro consiglierebbe alla sua generazione. Lui ci pensa un istante e suggerisce gli scritti di padre Fares, gesuita argentino impegnato in progetti di aiuto ai più poveri.


Il corrispondente dell’agenzia «Itar-Tass», Aleksev Bukalov, amante di Puškin, regala al Pontefice un libro che ha scritto sullo scrittore russo. «Francesco mi ha risposto di essere appassionato di Dostoevskij, che considera un maestro di umanità». Qualcuno porta i saluti dei familiari, qualcun altro descrive situazioni dolorose. Il tutto avviene mentre Lombardi continua a reggere un microfono acceso: evidentemente si vuole evitare che qualcuno possa attribuire a Francesco parole che non ha mai detto. Una piccola intrusione nella privacy dei colloqui che non rovina il clima cordiale e disteso.


Prima dei saluti personali - e il rapporto con le singole persone è ciò cui lui più tiene - il Papa aveva parlato della Giornata mondiale della Gioventù facendo un cenno alla disoccupazione giovanile: «Corriamo il rischio di avere una generazione che non ha lavoro. E dal lavoro viene la dignità della persona».


Finiti i colloqui a tu per tu, Francesco riprende il microfono per sancire quasi un’alleanza con i media: «Vi chiedo di aiutarmi in questo viaggio, per il bene, per la società, per i giovani e soprattutto per gli anziani. Vi ringrazio tutti. Sono un po’ triste come il profeta Daniele, perché ho visto che nella fossa, i leoni non sono poi così feroci...».

Nessun commento:

Posta un commento