lunedì 23 settembre 2013

L'inconfessabile segreto del fornaio

In un piccolo villaggio di campagna, di quelli che macchiano di bianco e di allegria il verde dei campi, da anni non c’era nessun fornaio. Finalmente, un giorno – e fu giorno di grande festa! - ne arrivarono addirittura due. Entrambi aprirono una piccola bottega e iniziarono a vendere dolci e pagnotte. Uno di loro era grande e grosso, dal carattere gioviale e ben presto divenne amico di tutti. L’altro, invece, era piccolo ed esile, dal carattere ombroso e piuttosto scorbutico. Nessuno amava stare in sua compagnia, ma il pane del suo forno era davvero eccellente, croccante, cotto al punto giusto e profumato da far venire fame a qualsiasi ora del giorno e della notte. E così pure i suoi dolci che andavano a ruba soprattutto tra i bambini. I prodotti del fornaio simpatico e gioviale, al contrario, erano piuttosto scadenti e insipidi e i suoi pochi dolci non avevano alcun sapore.
La gente del villaggio avrebbe voluto acquistare soltanto il pane buono ma non entrava volentieri nella bottega del fornaio scorbutico. D’altro canto nessuno aveva il coraggio di lasciare senza lavoro il fornaio gioviale.
Così le famiglie si servivano ora dall’uno, ora dall’altro ed entrambi riuscivano a vivere con dignità. Un giorno però, qualcuno riferì al capo del villaggio di strani movimenti: qualcuno era stato visto aggirarsi notte tempo intorno ai due forni con un grande sacco. Il capo del villaggio, che era uno che voleva vederci chiaro nelle cose, si appostò una sera proprio fuori dalla bottega del fornaio scorbutico pensando che, se qualcosa di losco c’era, certamente era da attribuirsi a quell’uomo dal pessimo carattere.
Dopo lunghe e noiose ore di attesa scorse nella penombra una figura misteriosa entrare di soppiatto nella bottega con un grande sacco pieno e, poco dopo, uscirne con un sacco altrettanto gonfio.
“Altolà!” Intimò il capo del villaggio.
La figura misteriosa, con il sacco sulle spalle, tentò la fuga ma, appesantita dal carico, fu ben presto raggiunta.
“Fermo. Chi sei? E cosa stai facendo?” Domandò autoritario il capo del villaggio.
“Sono il fornaio”, rispose il fuggiasco con un filo di voce. E togliendosi l’ampio cappuccio che gli copriva il capo si mostrò al suo inseguitore. Il capo del villaggio si stupì non poco nel costatare che si trattava di quello gioviale del quale era diventato ottimo ed intimo amico. Il fornaio invitò il capo del villaggio a non fare rumore e lo condusse nella sua bottega.
“Amico – esordì – probabilmente ti stai chiedendo perché mi aggiro nella notte con questo sacco. Te lo dirò soltanto se mi prometti di non confidare a nessuno il mio segreto”.
Il capo del villaggio annuì con il capo, ma nel suo cuore nutriva qualche dubbio.
“Quello che vende il buon pane – riprese il fornaio – è mio fratello. Un tempo era una persona allegra e amichevole e il suo pane era famoso in tutta la contea. Venivano anche dai villaggi vicini per poter assaggiare i suoi dolci. Tutto quello che so l’ho imparato da lui che, con infinita pazienza e amorevolezza, mi ha insegnato i segreti della lievitazione e della cottura. Poi è arrivato lo spettro crudele della guerra che gli ha portato via la moglie e i suoi bambini. Da allora ha smarrito la gioia e… la sua arte. Il suo umore è diventato ombroso e il suo pane insipido. Nessuno andava più alla sua bottega e certamente sarebbe morto di fame. Così l’ho convinto a seguirmi fino a questo vostro villaggio”.
“Ma perché quel sacco?” lo interrogò con un filo di voce il capo del villaggio.
“Di notte, appena il mio pane si raffredda, lo carico in questo sacco e lo porto nella sua bottega. Quindi metto nel sacco il suo pane e lo porto nella mia. In questo modo, lui grazie al suo buon pane ed io grazie alla mia allegria, riusciamo a vivere”.
Il capo del villaggio si commosse profondamente nell’ascoltare le parole dell’amico e promise solennemente che non avrebbe ne avrebbefatto parola con nessuno.
Nei giorni successivi a quanti gli domandavano se aveva scoperto qualcosa rispondeva, senza dare possibilità di replica: “Sì, ho scoperto una grande differenza, quella che c’è tra il pane buono e il pane della bontà”.


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