mercoledì 18 settembre 2013

IL CROCEFISSO NELLE SCUOLE

La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha preso una decisione storica: è giusto che il crocefisso rimanga in classe, prevale dunque il concetto di laicità positiva. Quindi grazie, grazie, grazie all’UAAR e all’ateismo organizzato!!!
Finalmente per merito degli invasatei si è creato un punto di riferimento imprescindibile sulla questione della presenza dei simboli religiosi negli spazi pubblici in tutta Europa ed è stata rafforzata per sempre una norma giuridica decisiva che stabilisce un principio di civiltà onorevole per l’intera Europea nonché valida per tutti gli Stati che lo compongono. L’Italia e il popolo italiano (l’84% degli intervistati in un sondaggio di qualche giorno fa, si diceva favorevole alla presenza del crocefisso nelle scuole, cfr. Il Corriere della Sera) hanno infatti vinto la loro battaglia a Strasburgo: la Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo ha assolto la nostra Nazione dall’assurda accusa di violazione dei diritti umani per l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche. La decisione della Corte è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. I giudici hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l’eventuale influenza sugli alunni dell’esposizione del crocefisso nella aule scolastiche.
Chiuso definitivamente il dossier “Lautsi contro Italia”. L’atea Lautsi, ricordiamolo, è una mezza finlandese uaarina che -spalleggiata dalla parrocchia atea-, ha sostenuto che la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane costituiva una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo coscienza e senza interferenze da parte dello Stato, nonchè una violazione della libertà di pensiero, coscienza e religione degli alunni. La prima sentenza della Corte aveva dato sostanzialmente ragione alla signora Lautsi, scatenando un’ondata d’indignazione tra il popolo italiano e quello europeo, che aveva preso anche la forma di decine e decine di lettere di protesta inviate a Strasburgo da singoli cittadini. Una sentenza contro la quale il governo italiano aveva subito fatto ricorso trovando tra l’altro il sostegno di altri diciannove Paesi membri del Consiglio d’Europa: Armenia, AlbaniaAustria, Bulgaria,Croazia, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Moldavia, Principato di Monaco, Polonia, Romania, Russia, San MarinoSerbia, Slovacchia, Ungheria e Ucraina (cfr. Ultimissima 3/6/10 e Ultimissima 27/7/10) esplicitato il 30 giugno scorso in occasione della prima e unica udienza pubblica svoltasi nell’ambito del processo d’appello.

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