domenica 15 aprile 2012

85 anni............... auguri Papa Joseph....




Papa Benedetto XVI, nato Joseph Aloisius Ratzinger (in latino: Benedictus XVI; Marktl, 16 aprile 1927), è dal 19 aprile 2005 il vescovo di Roma e il 265º papa della Chiesa cattolica. In quanto tale, è sommo pontefice della Chiesa universale, sovrano dello Stato della Città del Vaticano, primate d'Italia, oltre agli altri titoli propri del romano pontefice.

È stato eletto papa dal conclave il 19 aprile 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II. È il settimo pontefice tedesco nella storia della Chiesa cattolica, l'ultimo era stato Stefano IX (1057-1058).
«Non ci saranno festeggiamenti solenni in Vaticano per il compleanno del Papa. Piuttosto una festa in famiglia. Come lui stesso ha chiesto: "Per favore non voglio grandi celebrazioni", ha detto a noi collaboratori». Lo ha rivelato in esclusiva al settimanale Gente, in edicola lunedì 16 aprile, monsignor Georg Gaenswein, il segretario privato di Benedetto XVI, che proprio il 16 aprile festeggia gli 85 anni e tre giorni dopo, il 19 aprile, inizia il suo ottavo anno come successore di Pietro.

«Il 16 aprile è lunedì, un normale giorno di lavoro, e lui non interrompe mai la routine quotidiana. Sarà però un giorno molto bavarese», ha aggiunto monsignor Gaenswein, che Ratzinger ha dedicato il suo libro "Benedetto XVI-Personaggi famosi sul Papa", nel quale venti vip tedeschi raccontano il pontefice a modo loro.

Don Georg ha rivelato anche qualche piccolo segreto della sua vita accanto al Papa suo connazionale: «Un Papa della parola. La sua semplicità, la sua sincerità e il suo coraggio sono stati spesso fraintesi. Forse perché lui chiama gli errori con il loro nome. Ma ha sempre avuto delicatezza e rispetto nel quotidiano rapporto con il prossimo. Anche con il sottoscritto. Non mi ha mai detto: "Così non va: hai sbagliato". Ma piuttosto: "Si potrebbe fare così o cosi". Critiche severe nella sostanza, ma espresse in modo soave, serafico».

Benedetto XVI è rientrato nella serata di ieri in Vaticano da Castel Gandolfo, dove si trovava dal pomeriggio della domenica di Pasqua. Il Papa ha anticipato di quarantotto ore il suo ritorno per accogliere il fratello, monsignor Georg Ratzinger, che trascorrerà con lui i prossimi giorni, «segnati da ricorrenze particolarmente significative: l'ottantacinquesimo compleanno, lunedì 16, il settimo anniversario dell'elezione a successore dell'apostolo Pietro, giovedì 19, e quello del solenne inizio del pontificato, martedì 24», come si legge sull'Osservatore Romano
 
 
 

Le origini e la gioventù

Il padre, Joseph Ratzinger, era commissario di gendarmeria e proveniva da una modesta famiglia di agricoltori della diocesi di Passavia, nella Bassa Baviera; la madre, di Rimsting, sul lago Chiem in Baviera, era figlia di artigiani e, prima di sposarsi, aveva lavorato come cuoca in diversi alberghi.[2]
Con il Gesetz über die Hitlerjugend, emendato il 6 marzo 1939 e in vigore fino al 1945, Hitler obbligava tutti i giovani di età compresa fra i 14 e i 18 anni ad arruolarsi nella Hitlerjugend.
Pertanto, dopo i primi studi in seminario, all'età di 16 anni il giovane Joseph venne assegnato al programma Luftwaffenhelfer ("personale di supporto alla Luftwaffe") a Monaco e fu assegnato in un reparto di artiglieria contraerea esterno alla Wehrmacht che difendeva gli stabilimenti della BMW. Fu assegnato per un anno ad un reparto di intercettazioni radiofoniche. Con il peggioramento delle sorti tedesche nel conflitto fu trasferito e incaricato allo scavo di trincee, quindi inviato insieme a gruppi di coetanei a compiere marce in alcune città tedesche cantando canti nazionalsocialisti per sollevare il morale della popolazione. Come egli stesso ricorda, nell'aprile del 1944 durante una di queste marce disertò, e riuscì ad evitare la fucilazione, prevista per i disertori, grazie ad un sergente che lo fece scappare[3]. Con la disfatta tedesca, nell'aprile del 1945 Ratzinger fu recluso per alcune settimane in un campo degli Alleati, vicino a Ulma, come prigioniero di guerra; venne rilasciato il 19 giugno 1945. Durante tutto questo periodo non ebbe mai necessità di sparare un colpo e infatti non si trovò mai a partecipare a scontri armati[3].

Gli studi

Ha compiuto inizialmente i suoi studi in filosofia all'università di Monaco di Baviera e successivamente alla scuola superiore di filosofia e teologia di Frisinga, dove discusse la tesi di teologia dal titolo Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di sant'Agostino. Nel periodo di Frisinga fu ospitato presso l'Herzogliches Georgianum, un seminario interdiocesano dove confluivano tutti i candidati al sacerdozio della Baviera. Egli descrive quegli anni come un periodo culturalmente molto ricco e stimolante. La formazione che ricevette risentì soprattutto del neoplatonismo agostiniano e del pensiero di Pascal, correnti filosofiche molto presenti nell'ambiente culturale tedesco.
Il 29 giugno 1951 all'età di 24 anni è stato ordinato sacerdote, assieme a suo fratello maggiore Georg, dall'arcivescovo di Monaco e Frisinga Michael von Faulhaber.
Nel 1955, presentando la tesi di abilitazione all'insegnamento dal titolo La teologia della storia di san Bonaventura per la cattedra di dogmatica e teologia fondamentale a Frisinga, venne accusato dall'insegnante correlatore Michael Schmaus di un «pericoloso modernismo» per il fatto che le idee teologiche qui espresse avrebbero potuto portare alla soggettivizzazione del concetto di rivelazione. La tesi fu opportunamente modificata (conservando comunque la struttura di pensiero) e l'anno successivo Ratzinger superò l'esame di abilitazione alla libera docenza. I suoi contrasti con il correlatore, sorti soprattutto perché ne aveva criticato le posizioni considerandole ormai superate,[4] favorirono un avvicinamento a Karl Rahner, che Schmaus aveva invitato a Königstein, assieme a tutti i dogmatici di lingua tedesca, per la Pasqua del 1956 al fine di costituire l'associazione tedesca dei teologi dogmatici e fondamentali.
Lo stemma cardinalizio di Joseph Ratzinger
Per il giovane professore fu un'esperienza fondamentale la partecipazione, dal 1962, al concilio Vaticano II dove acquisì notorietà internazionale. Inizialmente partecipò come consulente teologico dell'arcivescovo di Colonia cardinale Josef Frings, e poi come perito del Concilio, su interessamento dello stesso Frings, fin dalla fine della prima sessione. Risulta interessante sottolineare che Ratzinger, grazie al cardinale Frings che lo teneva aggiornato, poté consultare regolarmente gli schemi preparatori (schemata) che sarebbero stati presentati ai Padri dopo la convocazione dell'assemblea conciliare. Fu un periodo in cui arricchì molto le proprie conoscenze teologiche, avendo infatti avuto modo di incontrare molti teologi come Henri De Lubac, Jean Daniélou, Yves Congar, Gérard Philips, oltre a cardinali e vescovi di tutto il mondo.
Per dieci anni, dal 1959 al 1969 fu insegnante a Bonn, Münster, e Tubinga. Nel 1969 divenne professore ordinario di teologia dogmatica e storia dei dogmi all'Università di Ratisbona.

Arcivescovo e cardinale

Papa Paolo VI mentre consegna l'anello cardinalizio a Joseph Ratzinger
Il 24 marzo 1977 venne nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga da papa Paolo VI ed il 28 maggio dello stesso anno ricevette la consacrazione episcopale.[5] Il successivo 27 giugno Paolo VI lo creò cardinale, e gli fu assegnato il titolo di Santa Maria Consolatrice al Tiburtino; in quella stessa occasione, Montini lo definì un «insigne maestro di teologia».[6]
Nel 1978 prese parte ai conclavi che elessero papa Giovanni Paolo I e papa Giovanni Paolo II.

Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Il 25 novembre 1981 papa Giovanni Paolo II lo nominò prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l'organo della Santa Sede che si occupa di vigilare sulla correttezza della dottrina cattolica, carica che manterrà fino all'elevazione al soglio pontificio. Il 15 febbraio 1982 rinunciò al governo pastorale dell'arcidiocesi di Monaco e Frisinga.
Nel 1985, rompendo la lunga tradizione di discrezione che caratterizzava l'ex Sant'Uffizio, accettò di essere intervistato dal giornalista italiano Vittorio Messori, già autore di due saggi su Gesù. Dall'incontro dell'agosto 1984 in un'ala chiusa del seminario di Bressanone, nacque il libro Rapporto sulla fede che, oltre a riscuotere successo in termini di vendite, provocò adesioni ma anche critiche all'interno e all'esterno della Chiesa cattolica.[7]
Nel 1986, nel ruolo di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, firma il documento intitolato Cura pastorale delle persone omosessuali, in cui si definisce l'omosessualità come condizione oggettivamente disordinata[8].
Il 15 aprile 1993 venne elevato alla dignità di cardinale vescovo e gli fu affidata la sede suburbicaria di Velletri-Segni, che mantenne fino alla sua elezione a papa.
Come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, fu autore dell'epistola De Delictis Gravioribus datata 18 maggio 2001 e rivolta a tutti i vescovi e ad altri membri della gerarchia della Chiesa cattolica. Successivamente, è stato citato come imputato dalla Corte distrettuale della contea di Harris (Texas), perché accusato di "ostruzione della giustizia" a seguito dell'invio dell'epistola. Secondo l'accusa, il documento della Congregazione potrebbe aver favorito la copertura di prelati coinvolti nei casi di molestie sessuali negli Stati Uniti (molti dei quali su minorenni). Il 20 settembre 2005 però il Dipartimento di Stato statunitense ha accolto la richiesta di concedere al Papa l'immunità diplomatica, in quanto capo in carica di uno Stato sovrano, esentandolo di fatto dal processo[9].
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci De Delictis Gravioribus e Crimen sollicitationis.

Altri ruoli e riconoscimenti

Il cardinal Joseph Ratzinger in un'istantanea
Da cardinale, fu chiamato da Giovanni Paolo II a presiedere la Pontificia Commissione Biblica, la Commissione Teologica Internazionale, la Commissione per la preparazione del catechismo della Chiesa cattolica (dal 1986 al 1992), e la Commissione di cardinali per la preparazione del Compendio del catechismo (dal 2003 al 2005).
Il 13 gennaio 1992 é stato nominato membro associato straniero dell'Académie des Sciences Morales et Politiques, in sostituzione di Sacharov, defunto nel 1989.[10]
Il 10 novembre 1999 gli venne conferita dalla Libera Università Maria Santissima Assunta la laurea honoris causa in giurisprudenza.
L'asteroide 8661 Ratzinger è stato a lui dedicato, con la motivazione di aver reso accessibili gli archivi vaticani e consentire così agli storici di indagare sugli errori giudiziari contro Galileo ed altri scienziati medioevali.[11]

Decano del Collegio Cardinalizio

Il 30 novembre 2002 divenne decano del collegio cardinalizio ed ottenne la sede suburbicaria di Ostia riservata al decano, in aggiunta a quella di Velletri-Segni.
Nonostante avesse avanzato più volte le richieste di congedo, mantenne il suo incarico in curia e divenne uno dei più stretti collaboratori del pontefice, soprattutto con l'aggravarsi delle sue condizioni di salute[12]
Il 25 marzo 2005, Venerdì santo, guidò le meditazioni della tradizionale Via Crucis al Colosseo. In tale occasione pronunciò forti parole riguardanti la Chiesa, denunciando una cristianità «stancatasi della fede ha abbandonato il Signore»:[13]

« Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa! »
Il 1º aprile 2005 tenne a Subiaco una conferenza dal titolo «L'Europa nella crisi delle culture», nella quale tracciò uno scenario della Chiesa in Europa e criticò fortemente «la forma attuale della cultura illuminista» che costituisce «la contraddizione in assoluto più radicale non solo del cristianesimo, ma delle tradizioni religiose e morali dell'intera umanità».[14]
Come decano del Sacro Collegio, venerdì 8 aprile 2005, presiedette la cerimonia funebre per Giovanni Paolo II (Messa esequiale del Romano Pontefice); durante la Messa, pronunciò un'omelia che sarebbe divenuta celebre come il suo "programma di pontificato". In essa denunciò il pericolo di una «dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie», opponendo ad essa «un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo», «misura del vero umanesimo», ««criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità»; disse quindi che: «questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo» anche se «avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo».[15][16]

L'elezione come successore di Giovanni Paolo II

Il cardinale Ratzinger (in basso a destra) officia i funerali del suo predecessore, Giovanni Paolo II
Ratzinger fu eletto papa durante il secondo giorno del conclave del 2005, al quarto scrutinio, nel pomeriggio del 19 aprile 2005. Scelse il nome di papa "Benedetto XVI".
Alle 17:56 fu dato l'annuncio dell'elezione con la tradizionale fumata bianca del comignolo della Cappella Sistina (ci fu in effetti un'iniziale incertezza sul colore del fumo, ma i dubbi furono sciolti alle 18:07, dal suono delle campane della basilica di San Pietro in Vaticano). Dopo circa mezz'ora, il cardinale protodiacono Jorge Arturo Medina Estévez si affacciò dal balcone della loggia centrale della basilica per annunciare l'habemus Papam.[17]
Nel suo primo discorso da papa, seguito dalla benedizione Urbi et Orbi, riservò un ricordo al suo amico e predecessore Giovanni Paolo II:

« Cari fratelli e sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre, starà dalla nostra parte. Grazie. »

(Il primo messaggio pubblico di papa Benedetto XVI)
Secondo la ricostruzione più puntuale del conclave,[18] raccolta dal vaticanista Lucio Brunelli, il cardinale più votato dopo Ratzinger sarebbe stato l'arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, mentre gli altri candidati (come Carlo Maria Martini, Camillo Ruini e Angelo Sodano) avrebbero ricevuto poche preferenze.

La scelta del nome

Il 27 aprile Benedetto XVI spiegò, in occasione della sua prima udienza generale in piazza San Pietro, le ragioni della scelta del suo nome:

« Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell'armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono purtroppo fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l'apporto di tutti. Il nome Benedetto evoca, inoltre, la straordinaria figura del grande "Patriarca del monachesimo occidentale", san Benedetto da Norcia, compatrono d'Europa insieme ai santi Cirillo e Metodio e le sante donne Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. La progressiva espansione dell'ordine benedettino da lui fondato ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il continente. San Benedetto è perciò molto venerato anche in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra d'origine; costituisce un fondamentale punto di riferimento per l'unità dell'Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà. »

Lo stemma

Lo stemma di Benedetto XVI
È tradizione, da almeno otto secoli, per vescovi, cardinali e per il pontefice adottare uno stemma araldico. Dal Rinascimento in poi, con questo stemma sono decorati i monumenti e le opere fatte edificare dal papa, oltre che i documenti da lui scritti.
Benedetto XVI ha deciso di mantenere nel suo stemma, per mano esecutrice del card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, i simboli che aveva usato da vescovo prima e da cardinale poi. Nel complesso tuttavia egli ha introdotto alcune novità rispetto ai suoi predecessori.
Lo scudo, la cui forma è detta "a calice", si presenta diviso in tre parti in una modalità chiamata «cappatura».
In quella centrale è riportata una conchiglia, simbolo dei pellegrini, ma che ricorda anche la leggenda secondo cui Agostino d'Ippona, incontrando su una spiaggia un bambino che con una conchiglia voleva svuotare il mare dalla sua acqua, comprese l'impossibilità per la mente umana di capire il mistero di Dio. La conchiglia inoltre compare anche nello stemma del monastero di Schotten, a Ratisbona, a cui Benedetto XVI è particolarmente legato.
A destra e a sinistra compaiono i simboli della diocesi di Frisinga. Il moro a sinistra è per Benedetto XVI simbolo dell'universalità della Chiesa, mentre l'orso che trasporta un fardello richiama la leggenda di san Corbiniano, primo vescovo di Frisinga. La tradizione vuole che il santo, mentre si recava a Roma, venisse assalito da un orso che uccise il suo cavallo. Corbiniano allora rimproverò l'orso e lo costrinse a portare il suo bagaglio fino a Roma, dove lo liberò. Papa Benedetto XVI ricorda le parole di sant'Agostino nel commento del salmo 72: «Sono divenuto per te come una bestia da soma, e così io sono in tutto e per sempre vicino a te», e l'orso diventa per lui il simbolo dello stesso pontefice.
La tiara personale di papa Benedetto XVI
Dietro lo scudo, com'è consuetudine, si trovano le due chiavi "decussate", cioè incrociate, una d'oro e l'altra d'argento, simbolo di san Pietro. Per significare la dignità pontificale è stato introdotta in basso l'immagine del pallio, segno della collegialità e dell'unità tra il papa e la Chiesa.
Un segno di forte discontinuità con la tradizione araldica papale,[19] invece, è dato dall'introduzione, sopra lo scudo, di una mitra, che ha sostituito la tiara papale usata dai suoi predecessori e sempre presente nello stemma fin dal pontificato di Clemente V nel 1305. La mitra è d'argento e riporta tre fasce d'oro che mantengono i simboli della tiara (i tre poteri di Ordine, Giurisdizione e Magistero), collegati verticalmente fra di loro al centro per indicare la loro unità nella stessa persona. Benedetto XVI ha però mantenenuto l'uso della tiara quale simbolo ufficiale del papato, lasciandola sia nell'emblema della Santa Sede sia nella bandiera dello Stato della Città del Vaticano.
L'utilizzo della tiara nello stemma dell'attuale papa resta tuttavia un'opzione ammessa, poiché non ancora abolita da alcuna norma pontificia, così come per vescovi e cardinali l'uso del galero, nonostante sia caduto in disuso. A riprova di ciò il 10 ottobre 2010, in occasione dell'Angelus, è stato mostrato uno stemma papale leggermente modificato: sulla sommità è posta la tiara, secondo l'antico uso, mentre la parte esterna dello scudo è invece ispirata allo stemma di papa Urbano VIII che si può vedere sui pilastri del Baldacchino del Bernini nella Basilica Vaticana.[20] L'azienda Ars Regia, che lo ha prodotto, ha inoltre affermato di aver realizzato sin dall'Avvento 2007 alcuni paramenti con lo stemma nella medesima foggia.[21] Inoltre lo stemma pontificio con la tiara è comparso tra le opere artistiche dei Giardini Vaticani.[22]
Il 25 maggio 2011 a papa Benedetto XVI è stato fatto il dono di una tiara personale,[23] commissionata dall'uomo d'affari tedesco e devoto cattolico Dieter Philippi, creata da un laboratorio bulgaro specializzato in paramenti liturgici ortodossi[24]. Tale gesto è stato compiuto come auspicio per l'unità dei cristiani.[25] Benedetto XVI però non ha ancora mai fatto uso della tiara in occasioni pubbliche.

Il motto

Nello stemma dell'attuale pontefice non compare nessun motto, come del resto non compariva neppure negli stemmi dei suoi immediati predecessori. Quando è stato eletto vescovo, ha scelto come motto due parole dalla Terza lettera di Giovanni, «Cooperatores Veritatis». Se Giovanni Paolo II richiamò esplicitamente il motto scelto da vescovo (Totus tuus) una volta divenuto papa (compare ad esempio nel mosaico del Palazzo apostolico raffigurante la Mater Ecclesiae, ben visibile da piazza San Pietro), Benedetto XVI, da papa, non ha mai citato esplicitamente il motto Cooperatores veritatis.

La messa di inizio del ministero petrino

La prima uscita di Benedetto XVI con la "papamobile"
Domenica 24 aprile 2005 si tenne in piazza San Pietro la messa ("Santa Messa di imposizione del pallio e consegna dell'anello del pescatore per l'inizio del Ministero petrino del Vescovo di Roma", tradizionalmente detta "Messa di incoronazione" fino a papa Paolo VI) per l'inizio del ministero petrino di Benedetto XVI, il quale pronunciò un'omelia all'insegna dell'ecumenismo, della continuità nei confronti del suo predecessore e dell'apertura verso i fedeli.

« Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano »
Al termine della cerimonia il Papa attraversò con la jeep piazza San Pietro, gremita di 500.000 persone,[26] e ricevette le delegazioni internazionali nella basilica.

La presa di possesso della Cattedra romana

Il 7 maggio 2005 nella basilica di San Giovanni in Laterano si tenne la messa di insediamento sulla cattedra romana del vescovo di Roma. Durante l'omelia il Papa riprese il concetto di "debole servitore di Dio": «Colui che è il titolare del ministero petrino deve avere la consapevolezza di essere un uomo fragile e debole - come sono fragili e deboli le sue proprie forze - costantemente bisognoso di purificazione e di conversione».

Il pontificato

L'invito a rispettare tutte le religioni

In seguito alla pubblicazione su un quotidiano conservatore danese di alcune caricature di Maometto, il Papa affermò: «Dio punirà chi sparge sangue in suo nome» e condannò le reazioni violente che si ebbero alla pubblicazione delle «vignette blasfeme» ed espresse solidarietà al mondo musulmano ribadendo l'invito al rispetto di tutte le religioni.
Durante la visita in Germania del settembre 2006, Benedetto XVI lanciò un monito all'"Occidente laico" che, escludendo Dio, spaventerebbe le altre culture dell'Asia e dell'Africa: «La vera minaccia per la loro identità non viene vista nella fede cristiana, ma nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca». Sull'"Islam fondamentalista" disse: «La guerra santa è contraria alla natura di Dio».

Altri messaggi per la pace

Benedizione urbi et orbi del 2008
  • A luglio intervenne così sugli attentati di Londra: «Preghiamo per le vittime degli attentati di Londra, ma anche per gli attentatori, Dio ama la vita».
  • 25 dicembre 2005: nel messaggio urbi et orbi per il Natale, ha chiamato l'umanità del terzo millennio a un risveglio spirituale, senza il quale «l'uomo dell'era tecnologica rischierebbe di restare vittima dei successi della sua stessa intelligenza».
  • 1º gennaio 2006: durante la messa per il nuovo anno, ha invitato l'ONU a una rinnovata coscienza delle proprie responsabilità per promuovere la giustizia, la solidarietà e la pace nel mondo.
  • 16 aprile 2006: nel messaggio urbi et orbi del giorno di Pasqua ha parlato della situazione politica internazionale auspicando che per le crisi legate al nucleare, e dunque in particolare per l'Iran, si giunga a una composizione onorevole per tutti, mediante negoziati seri e leali, e si rafforzi nei responsabili delle Nazioni e delle Organizzazioni internazionali la volontà di realizzare una pacifica convivenza tra etnie, culture e religioni, che allontani la minaccia del terrorismo. Il pontefice ha poi parlato della situazione in Iraq, chiedendo la pace, e del conflitto in Terra Santa, ribadendo il diritto di Israele ad esistere e auspicando la creazione di uno stato palestinese. Nel discorso è anche presente un invito alla concordia per l'Italia, in riferimento allo scontro post-elettorale del 2006.
  • 17 giugno 2007: parlando da Assisi, in occasione dell'800º anniversario della conversione di San Francesco, rivolge un appello affinché abbiano fine tutte le guerre nel mondo. L'appello viene reiterato il 25 gennaio 2007 al messaggio urbi et orbi per il Natale.

L'impegno ecumenico

Il dialogo con la Chiesa ortodossa

Uno degli snodi fondamentali del pontificato di Benedetto XVI è il dialogo ecumenico con il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa tutta.
Questa attenzione da parte di Benedetto XVI è sottolineata da uno dei suoi primi atti ufficiali da pontefice, il primo Motu Proprio "L'antica e venerabile basilica" del 31 maggio 2005, in cui rinnova esplicitamente il mandato ai monaci benedettini della basilica di San Paolo fuori le mura di promuovere e curare speciali eventi di carattere ecumenico, proprio nella basilica eretta sul luogo di sepoltura dell'apostolo Paolo.
Durante il viaggio apostolico in Turchia nel 2006, il Papa ha assistito alla Divina Liturgia ortodossa celebrata da Bartolomeo I, insieme hanno visitato il santuario di Efeso e scritto una dichiarazione congiunta. Nel 2007 si sono incontrati a Ravenna i rappresentanti delle due Chiese per intavolare un dialogo al fine di attenuare le divergenze teologiche.
Il 29 giugno 2008, nella Basilica Vaticana, durante la celebrazione dei santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI ha ceduto la parola a Bartolomeo I durante l'omelia, quindi i due hanno recitato insieme il Credo in lingua greca. Quest'ultimo è un segno importantissimo per l'appianamento della disputa sul filioque. Al termine della celebrazione hanno impartito entrambi la propria benedizione solenne.
Il 5 ottobre 2008, su invito di Benedetto XVI, anche Bartolomeo I partecipa all'apertura dei lavori del Sinodo dei vescovi cattolici (tematizzato sulla Parola di Dio) nella Basilica di san Paolo fuori le mura. Il 18 ottobre successivo, Bartolomeo I interviene nel vivo dei lavori del Sinodo, con un discorso pronunciato nella Cappella Sistina, nel quale ha parlato apertamente di una prospettiva unitaria fra cattolici ed ortodossi: è il primo patriarca ortodosso a partecipare attivamente ai lavori di un Sinodo cattolico ed il primo a pronunciare un discorso nel luogo nel quale vengono eletti i successori di Pietro.
Il 27 giugno 2009, in un discorso alla delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli presenti a Roma in occasione della conclusione dell'Anno Paolino, ha detto che:

« Lo sapete già, ma ho piacere anche oggi di confermare che la Chiesa cattolica intende contribuire in tutti i modi che le saranno possibili al ristabilimento della piena comunione, in risposta alla volontà di Cristo per i suoi discepoli e conservando nella memoria l'insegnamento di Paolo, il quale ci ricorda che siamo stati chiamati "a una sola speranza". [...] Desidero che i partecipanti al dialogo cattolico-ortodosso sappiano che le mie preghiere li accompagnano e che questo dialogo ha il totale sostegno della Chiesa cattolica. Di tutto cuore, auspico che le incomprensioni e le tensioni incontrate fra i delegati ortodossi durante le ultime sessioni plenarie di questa commissione siano superate nell'amore fraterno, di modo che questo dialogo sia più ampiamente rappresentativo dell'ortodossia.  »

(Discorso alla delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, 27 giugno 2009[27])

Il dialogo con gli anglicani

Il rapporto ecumenico fra Chiesa cattolica e Comunione anglicana è intenso durante il pontificato di Benedetto XVI, in special modo sotto due aspetti: gli incontri fra il Papa e l'arcivescovo Rowan Williams; l'accoglienza nella Chiesa cattolica di fedeli e clero anglicani.
Nel 2009 Benedetto XVI ha aperto agli anglicani tradizionalisti, che non hanno accettato alcune decisioni della Conferenza di Lambeth, tra le quali la facoltà di concedere gli ordini sacri a persone dichiaratamente omosessuali o alle donne. Il 20 ottobre 2009 il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha presentato in conferenza stampa l'imminente uscita di una costituzione apostolica che permettesse l'entrata in comunione di questi anglicani con la Chiesa cattolica.[28] Contemporaneamente, l'annuncio era dato anche nell'arcivescovado di Westminster dall'arcivescovo cattolico Vincent Gerard Nichols e dal primate della Comunione anglicana Rowan Williams.
La consacrazione dei primi tre sacerdoti dell'Ordinariato
La costituzione apostolica Anglicanorum coetibus è stata pubblicata il 9 novembre 2009 e porta la firma del 4 novembre 2009. In essa si inserisce la struttura ecclesiastica dell'Ordinariato personale e si ammettono all'ordine sacro tutti i sacerdoti e vescovi anglicani che vogliano rientrare in comunione con la Chiesa cattolica. Ai sacerdoti già sposati è stata concessa una deroga al canone 277 CJC, che richiede il celibato per poter essere ordinati presbiteri (la nuova ordinazione è necessaria perché la Chiesa cattolica ritiene invalide le ordinazioni successive allo scisma anglicano). I vescovi anglicani sposati sono stati anch'essi ordinati presbiteri, rinunciando all'episcopato e restando semplici presbiteri (la Chiesa cattolica non consente infatti l'ordinazione episcopale di uomini sposati).[29]
Il 21 novembre 2009 il Papa ha anche incontrato il primate anglicano Rowan Williams il quale, durante un incontro alla Pontificia Università Gregoriana il 19 novembre, aveva spiegato che «il bicchiere ecumenico è autenticamente mezzo pieno».[30]
Il 17 settembre 2010 Benedetto XVI in visita in Inghilterra ha incontrato nuovamente l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, divenendo il primo pontefice a visitare il Lambeth Palace e a rivolgersi ai vescovi anglicani riuniti nella Conferenza di Lambeth.
Il 15 gennaio 2011 è stato eretto l'Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham per i fedeli di Inghilterra e Galles provenienti dall'anglicanesimo. Il 1º gennaio 2012 il Papa ha eretto anche l'Ordinariato personale della Cattedra di San Pietro, per i fedeli negli Stati Uniti d'America.
Il 10 marzo 2012 Rowan Williams è tornato a Roma e congiuntamente con il Papa ha celebrato i vespri nella chiesa di San Gregorio al Celio. In quest'occasione, Williams definisce «certa, pur se ancora imperfetta» la vicinanza fra le due confessioni: «Certa, a motivo della comune visione ecclesiale alla quale entrambe le nostre comunità sono impegnate, essendo il carattere della Chiesa sia uno sia particolare: una visione di ripristino della piena comunione sacramentale, di una vita eucaristica che sia pienamente visibile, e perciò di una testimonianza che sia pienamente credibile, così che un mondo confuso e tormentato possa entrare nella luce accogliente e trasformante di Cristo. E tuttavia imperfetta, a motivo del limite della nostra visione, e del deficit nella profondità della nostra speranza e pazienza»[31].

Il dialogo con i cattolici tradizionalisti

Il 21 gennaio 2009 ha rimesso la scomunica latae sententiae ai Vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X, mediante un decreto della Congregazione per i vescovi, accogliendo una lettera di monsignor Bernard Fellay del 15 dicembre 2008 in cui il presule dichiarava a nome della Fraternità: «siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione».[32] La remissione della scomunica è una tappa importante del cammino auspicato da Benedetto XVI che dovrebbe portare «al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione». La Segreteria di Stato ha chiarito, in una nota del 4 febbraio 2009, che il Decreto «è stato un atto con cui il Santo Padre veniva benignamente incontro a reiterate richieste da parte del superiore generale della Fraternità San Pio X. Sua Santità ha voluto togliere un impedimento che pregiudicava l’apertura di una porta al dialogo. Egli ora si attende che uguale disponibilità venga espressa dai quattro vescovi in totale adesione alla dottrina e alla disciplina della Chiesa». È stato ribadito che, contrariamente a quanto molti mezzi d'informazione avevano fatto capire, la remissione della scomunica non significa che lo scisma dei lefebvriani dal cattolicesimo sia stato ricomposto e che, quindi, la Fraternità San Pio X resta esterna alla Chiesa. E inoltre che «per un futuro riconoscimento della Fraternità San Pio X è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI. La Chiesa Cattolica attende con viva speranza questi atti da parte dei Vescovi riammessi alla piena comunione cattolica per fare festa insieme come il Vangelo suggerisce».[32]
Il 2 luglio 2009, nell'emanare il motu proprio Ecclesiae unitatem, il Papa ritorna sulla questione della remissione delle scomuniche, confermando le motivazioni già esposte, e chiarisce esplicitamente che «le questioni dottrinali [con la Fraternità S. Pio X] rimangono e, finché non saranno chiarite, la Fraternità non ha uno statuto canonico nella Chiesa e i suoi ministri non possono esercitare in modo legittimo alcun ministero».

Il rapporto della Chiesa con ebrei e musulmani

Benedetto XVI in visita nel campo di sterminio di Auschwitz durante il viaggio apostolico in Polonia (28 maggio 2006)

Benedetto XVI nei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau

Il 28 maggio 2006 si è recato, nel corso di una visita in Polonia, nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Nel corso della preghiera in ricordo delle vittime del nazismo, ha detto:[33]

« Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa. »

La visita in Terra Santa

In occasione di un'udienza alle organizzazioni ebree statunitensi in Vaticano, il Pontefice annunciò che nella primavera 2009 si sarebbe recato in Terra Santa: Israele, Palestina e Giordania. Nella stessa occasione, il Papa ha chiesto perdono al popolo ebraico con le stesse parole che usò Giovanni Paolo II nel 2000: «faccio mia la sua preghiera. "Signore dei nostri padri, che scegliesti Abramo e i suoi discendenti per portare il tuo Nome alle Nazioni: siamo profondamente addolorati per il comportamento di coloro che nel corso della storia hanno causato sofferenza ai tuoi figli e, nel chiedere perdono, vogliamo impegnare noi stessi per una autentica fratellanza con il Popolo dell'Alleanza"». Inoltre, il Papa ha definito «inaccettabile e intollerabile» la posizione di chi, tra gli uomini di Chiesa, nega o minimizza la Shoah (riferimento, questo, esplicito alla posizione del vescovo scismatico Williamson)[34]. Il presidente dello Yad Vashem, il museo israeliano sulla Shoah, ha espresso apprezzamento e fiducia per le «frasi inequivocabili» del Pontefice[35]. Questo scambio sembra aver chiuso l'accesa polemica sulle posizioni del vescovo negazionista e scismatico lefebvriano Richard Williamson.

Il dialogo con i Musulmani

Basandosi sui documenti conciliari, il Papa ha ricordato la dichiarazione Nostra Aetate, che ha precisato «l'atteggiamento della Comunità ecclesiale nei confronti delle religioni non cristiane», riaffermando il rapporto speciale che i cristiani hanno con gli ebrei, la stima verso i musulmani e i membri delle altre religioni, confermando «lo spirito di fraternità universale che bandisce qualsiasi discriminazione o persecuzione religiosa».
Numerose volte egli ha incontrato esponenti del mondo islamico[36][37], come a Colonia, durante il viaggio in Terra Santa e a Istanbul, dove ha compiuto l'inedita e per certi versi storica visita alla Moschea Blu[38].

L'attenzione ai temi del Concilio Vaticano II

Benedetto XVI durante una Messa solenne in San Pietro
I documenti del Concilio Vaticano II sono stati più volte ripresi da papa Ratzinger nei suoi discorsi e documenti. A quarant'anni dalla sua conclusione egli prega affinché il Concilio Vaticano II possa continuare a guidare la Chiesa «per contribuire ad instaurare nel mondo quella fraternità universale che risponde alla volontà di Dio sull'uomo». L'attualità di quei documenti, secondo il Pontefice, è oggi addirittura aumentata; in ogni caso, il Papa ha, più volte, esplicitamente ripudiato quell'interpretazione che vorrebbe intendere il Vaticano II come un procedimento di rottura, rispetto alla tradizione della Chiesa.

L'ermeneutica della continuità

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Ermeneutica del Concilio Vaticano II.
Il 22 dicembre 2005, in un discorso ai membri della Curia romana, ha espresso una chiara posizione su questo argomento, sostenendo la cosiddetta ermeneutica della continuità. Egli, seguendo con più vigore la linea tracciata dai suoi predecessori, ha testualmente affermato l'erroneità dell'opinione secondo la quale il Concilio Vaticano II avrebbe dato vita ad una sorta di "rivoluzione" all'interno della Chiesa che autorizzerebbe a mutare, rispetto al passato, il costante insegnamento del magistero in materia di dottrina o di fede. Di conseguenza, l'unica interpretazione lecita dei documenti del Concilio Vaticano II, deve comunque procedere in assoluto accordo, rispetto al contenuto ed allo spirito delle precedenti proposizioni che hanno dato vita al "depositum Fidei" proprio alla tradizione cattolica:[39]

« Il Concilio Vaticano II, con la nuova definizione del rapporto tra la fede della Chiesa e certi elementi essenziali del pensiero moderno, ha rivisto o anche corretto alcune decisioni storiche, ma in questa apparente discontinuità ha invece mantenuto ed approfondito la sua intima natura e la sua vera identità. La Chiesa è, tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi; essa prosegue “il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio”, annunziando la morte del Signore fino a che Egli venga »
Il 10 marzo 2010 ha ribadito questa convinzione, affermando che:[40]

« Dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un'altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un'altra, totalmente "altra". Un utopismo anarchico! E grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, papa Paolo VI e papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità del Concilio e dall'altra, nello stesso tempo, hanno difeso l'unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia »

La rivalutazione di aspetti della tradizione

Il ritorno ad una spiritualità e ad una liturgia maggiormente legate alla tradizione millenaria della Chiesa è uno dei punti centrali del pontificato di Benedetto XVI. Già in uno dei primi atti del suo pontificato, l'esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis (2006), veniva auspicato un più ampio uso del latino e del canto gregoriano nelle liturgie.
Messa celebrata secondo il rito romano antico
Il 7 luglio 2007 è stato promulgato il motu proprio Summorum Pontificum, che dà la possibilità a qualunque sacerdote cattolico di celebrare, entro precise condizioni, la messa secondo il rito romano antico con il Messale romano del 1962, anteriore alla riforma liturgica del 1970 e caduto in disuso dopo la riforma stessa. A tali funzioni i fedeli sono ammessi, secondo il provvedimento stesso, solo se essi stessi lo richiedono. Precedentemente questa possibilità era riservata ai soli sacerdoti che avessero ottenuto il permesso dal proprio ordinario, secondo quanto stabilito dal motu proprio Ecclesia Dei promulgato da Giovanni Paolo II nel 1988 (che auspicava una larga generosità dei vescovi nel concedere il permesso). Il provvedimento è stato corredato da una lettera di accompagnamento, nella quale il Papa ha auspicato che questa nuova disciplina possa rappresentare un passo verso il riassorbimento dello scisma dei lefebvriani. Secondo le nuove norme introdotte, il Rito romano si esplica così in due forme: la forma ordinaria, che celebra la messa di papa Paolo VI, e la forma extraordinaria, che celebra la messa tridentina. Benedetto XVI, dopo l'elezione papale, ha comunque celebrato sempre secondo il messale di Paolo VI.
Benedetto XVI indossa il camauro durante l'udienza generale del 28 dicembre 2005.
 
Papa Benedetto XVI ha deciso di reindossare alcuni abiti pontifici risalenti al Rinascimento e in disuso da qualche decennio: il camauro,un copricapo di velluto rosso bordato di pelliccia d'ermellino bianco che era stato indossato dai papi fino al Settecento, per poi essere ripreso da Leone XIII e successivamente da Giovanni XXIII: dopo più di quarant'anni il camauro è stato utilizzato da Benedetto XVI nel corso delle udienze generali del 21 e 28 dicembre 2005; la mozzetta di velluto rosso bordata di ermellino bianco, che fu usata fino ai primi anni di pontificato di Paolo VI e il cui uso é ripreso sin dai primi mesi di pontificato di Benedetto XVI; a partire dalla Pasqua 2008 il Papa ha riutilizzato la mozzetta di damasco bianco bordata di ermellino, che era stata utilizzata per l'ultima volta da Paolo VI il 26 marzo 1967 quando firmò l'enciclica Populorum Progressio e che ora Benedetto XVI indossa durante il periodo pasquale (dalla Pasqua fino a Pentecoste). A partire dall'estate 2006 ha recuperato l'uso del "saturno", un copricapo rosso a tesa larga, adatto soprattutto a proteggersi dal caldo, che era spesso indossato da papa Giovanni XXIII e da papa Paolo VI e, nei primi anni di pontificato, anche da papa Giovanni Paolo II. Benedetto XVI indossa il saturno durante le udienze generali tenute all'aperto, nei mesi estivi.
Con un motu proprio datato 11 giugno 2007, Benedetto XVI ha disposto che i papi dovranno essere eletti da una maggioranza di due terzi, indipendentemente dal numero di scrutini, come accadeva da secoli prima della Costituzione apostolica del 1996 di Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis, pertanto emendata.

Il recupero della tradizione liturgica

Benedetto XVI con mitria e piviale durante una celebrazione liturgica
A partire dal novembre 2007 il Papa ha sostituito il Maestro delle cerimonie liturgiche pontificie (colui che prepara e assiste le liturgie papali) monsignor Piero Marini con monsignor Guido Marini, ritenuto interprete di una liturgia «sobria e solenne» e in linea con la tradizione. A partire dalle prime celebrazioni del Papa con monsignor Guido Marini, sono stati reintrodotti camici in pizzo, mitrie gemmate e piviali tradizionali; la croce è stata ricollocata al centro dell'altare affiancata dai sette candelabri (ad «indicare la centralità del crocifisso nella celebrazione eucaristica e l'orientamento esatto che tutta l'assemblea è chiamata ad avere durante la liturgia eucaristica: non ci si guarda, ma si guarda a Colui che è nato, morto e risorto per noi, il Salvatore»[43]); inoltre è stato utilizzato dopo lungo tempo il trono dello Spirito Santo, fabbricato durante il pontificato di papa Leone XIII. L'alto trono papale è stato posizionato al centro dell'altare «in particolari circostanze, per semplicemente mettere in risalto la presidenza liturgica del Papa, successore di Pietro e vicario di Cristo». Il 6 gennaio 2009, in occasione della cappella papale in San Pietro per la solennità dell'Epifania, Benedetto XVI ha inoltre riutilizzato, per la prima volta, il tronetto di papa Pio IX, musealizzato sotto il pontificato di Giovanni Paolo II trent'anni prima e mai più utilizzato successivamente.[44]
Il 13 gennaio 2008 Benedetto XVI ha celebrato la messa all'altare antico della Cappella Sistina nella postura ad orientem, rivolto verso l'altare anziché verso il popolo. Questa scelta è stata giustificata dalla volontà di recuperare «la bellezza e l'armonia» della Cappella Sistina affrescata da Michelangelo, senza ricorrere all'altare su pedana mobile tante volte usato da Giovanni Paolo II.
Benedetto XVI con la ferula di papa Pio IX.
A partire dal 22 maggio 2008, festa del Corpus Domini, il Papa ha comunicato i fedeli che erano inginocchiati davanti a lui, seguendo la tradizione, e cioè non consegnando la particola consacrata nelle mani ma mettendola direttamente nella bocca. La prassi tradizionale sottolinea maggiormente il significato dell'Eucaristia come rinnovato sacrificio di Gesù rispetto a quella ordinariamente in uso, che evidenzia maggiormente la dimensione della mensa.
In un'intervista all'Osservatore Romano del 26 giugno 2008, monsignor Guido Marini ha illustrato dettagliatamente molti degli aspetti delle celebrazioni liturgiche di Benedetto XVI che sono apparsi come un ritorno alla tradizione. Egli ha, tra l'altro dichiarato che «le vesti liturgiche adottate, come anche alcuni particolari del rito, intendono sottolineare la continuità della celebrazione liturgica attuale con quella che ha caratterizzato nel passato la vita della Chiesa. L'ermeneutica della continuità è sempre il criterio esatto per leggere il cammino della Chiesa nel tempo. Ciò vale anche per la liturgia. Come un Papa cita nei suoi documenti i Pontefici che lo hanno preceduto, in modo da indicare la continuità del magistero della Chiesa, così nell'ambito liturgico un Papa usa anche vesti liturgiche e suppellettili sacre dei Pontefici che lo hanno preceduto per indicare la stessa continuità anche nella lex orandi. Vorrei però far notare che il Papa non usa sempre abiti liturgici antichi. Ne indossa spesso di moderni. L'importante non è tanto l'antichità o la modernità, quanto la bellezza e la dignità, componenti importanti di ogni celebrazione liturgica».
Dal 29 giugno 2008 il Papa ha recuperato il vecchio pallio che ha una forma circolare chiusa, con i due estremi pendenti sul petto e sulla schiena. Le croci che lo adornano restano rosse, ma la forma è più grande e lunga. Benedetto XVI ha cambiato anche il pastorale, ripristinando il modello usato da papa Pio IX (ferula), quello dorato a forma di croce latina al posto di quello argentato di Lello Scorzelli con la figura del crocifisso introdotto da papa Paolo VI. Il 28 novembre 2009 Benedetto XVI ha cambiato nuovamente ferula, abbandonando quella di Pio IX a favore di una nuova, donata dal Circolo San Pietro. Mons. Guido Marini ha spiegato che la ferula, anch'essa a forma di croce greca, «può essere considerata a tutti gli effetti il pastorale di Benedetto XVI».

La lettera ai cattolici della Cina

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Chiesa cattolica in Cina.
Il 30 giugno 2007 è stata diffusa la lettera di Benedetto XVI ai fedeli della Chiesa cattolica in Cina, che porta la data del 27 maggio 2007, solennità di Pentecoste. La lettera tratta questioni eminentemente religiose: non è un documento politico né un atto di accusa contro le autorità governative, nonostante le difficoltà della Chiesa in Cina. Il Papa ricorda in particolare il "disegno originario", che Cristo ha avuto della sua Chiesa e che ha affidato agli apostoli e ai loro successori, i vescovi.
Nella lettera, il Papa si dice pienamente disponibile ad un sereno e costruttivo dialogo con le autorità civili al fine di trovare una soluzione ai vari problemi, riguardanti la comunità cattolica, e di arrivare alla desiderata normalizzazione dei rapporti fra la Santa Sede e il Governo della Repubblica Popolare Cinese, nella certezza che i cattolici, con la libera professione della loro fede e con una generosa testimonianza di vita, contribuiscono, come buoni cittadini, anche al bene del popolo cinese

Fede e ragione

Benedetto XVI, in "Papamobile", durante il viaggio apostolico in Brasile
Il 26 settembre 2005 in un colloquio concesso ad Hans Küng, il Papa teologo ha «apprezzato» lo «sforzo» di Küng di «contribuire ad un rinnovato riconoscimento degli essenziali valori morali dell'umanità attraverso il dialogo delle religioni e nell'incontro con la ragione secolare», ha sottolineato che «l'impegno per una rinnovata consapevolezza dei valori che sostengono la vita umana è un obiettivo importante del suo Pontificato» e ha anche affermato di condividere il tentativo di Küng di «ravvivare il dialogo tra fede e scienze naturali e di far valere, nei confronti del pensiero scientifico, la ragionevolezza e la necessità della Gottesfrage».
Nella lectio magistralis intitolata Fede, ragione e università, tenuta presso l'Università di Ratisbona durante il suo viaggio in Baviera nel settembre 2006, il Papa ha sviluppato un intervento sul tema dei rapporti tra fede e ragione, già oggetto di uno studio di papa Giovanni Paolo II (enciclica Fides et Ratio, 1998).
Benedetto XVI, pronunciandosi nettamente contro ogni forma di imposizione violenta di un credo religioso, ha espresso la sua «convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio» e che nell'elemento del Logos (espressione greca per "parola", cioè verbo di Dio, ma anche "ragione") si trovi «la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia».
Anche in occasione del viaggio apostolico nel Regno Unito del settembre del 2010 è stato illustrato il rapporto tra fede e ragione come «un processo che funziona nel doppio senso»: «distorsioni della religione», come il settarismo e il fondamentalismo, «emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all'interno della religione»; d'altra parte «senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall'ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana».
L'11 ottobre 2011 il Pontefice ha indetto un Anno della fede, che si svolgerà dall'11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013, per «riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede»

La globalizzazione

Durante la messa dell'Epifania del gennaio 2008 papa Benedetto XVI asserì che «non si può dire infatti che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, tutt'altro» ed aggiunse «i conflitti per la supremazia economica e l'accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale».[51]

Il caso Fernando Lugo

Nel luglio 2008, con una decisione senza precedenti, Benedetto XVI è stato l'artefice della prima dimissione dallo stato clericale di un vescovo nella storia della Chiesa: si trattava di Fernando Lugo, eletto tre mesi prima presidente del Paraguay alla guida di un partito di sinistra. La richiesta, inizialmente respinta, era stata posta dallo stesso Lugo all'indomani dell'avvenuta elezione. Il ripensamento del Pontefice è stato accolto come "un gesto d'amore" da parte dell'interessato, che così ha commentato: "Che amore deve avere Benedetto XVI per il Paraguay se per il bene del nostro paese ha deciso di esonerarmi da tutte le responsabilità clericali!"

Morale sessuale

Benedetto XVI con il cardinale Camillo Ruini
  • Il 29 novembre 2005 il Vaticano approvò definitivamente il documentocon cui la Chiesa cattolica vieta l'accesso ai seminari a tutte le persone che «praticano l'omosessualità», hanno «tendenze omosessuali profondamente radicate» o che sostengono «la cosiddetta cultura gay» («Qualora, invece, si trattasse di tendenze omosessuali che fossero solo l'espressione di un problema transitorio, come, ad esempio, quello di un'adolescenza non ancora compiuta, esse devono comunque essere state chiaramente superate almeno tre anni prima dell'Ordinazione diaconale»).
Importante è ricordare che il giovane che desidera essere prete nella Chiesa cattolica, di rito latino, sceglie uno stato di vita celibatario. Qualunque siano i suoi orientamenti sessuali è chiamato alla castità e alla continenza. Nel rito orientale, invece, uno deve decidere, prima di ordinarsi, se si sposa o meno; chi si ordina senza sposarsi è chiamato a rimanere celibe in futuro.
  • Nel n. 2358 del Catechismo della Chiesa cattolica, testo questo firmato da Giovanni Paolo II ma preparato da una commissione guidata dall'allora card. Ratzinger, si legge: «Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione».
Nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, Benedetto XVI ribadì il no agli atti che vanno contro la morale sessuale cattolica: stupro, prostituzione, pornografia, fornicazione, adulterio, atti omosessuali, masturbazione e contraccezione, nonché qualsiasi pratica sessuale che «si proponga come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione». Tali atti vengono definiti come i «principali peccati contro la castità». Benedetto XVI invitò tutti gli individui ad accettare la propria identità sessuale, ricordando però che «Dio ha creato l'uomo maschio e femmina». Vengono considerati contro la morale cattolica anche inseminazione e fecondazione artificiale «perché dissociano la procreazione dall'atto con cui gli sposi si donano mutuamente, instaurando così un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana».[54]
  • Il 1º dicembre 2005, in occasione della XVIII Giornata Mondiale per la Lotta all'AIDS, Benedetto XVI sostenne che la strategia da seguire nella lotta all'AIDS dev'essere basata «su continenza, promozione della fedeltà nel matrimonio, importanza della vita familiare, educazione, assistenza ai poveri», non menzionando l'uso del preservativo, condannato, come detto, dalla Chiesa cattolica. Il 18 marzo 2009 condanna esplicitamente l'uso del preservativo contro l'AIDS, asserendo che il preservativo «non serve a risolvere il problema», suscitando forti reazioni contrarie nei rappresentanti dei principali paesi della UE.
  • L'11 maggio 2006, rivolgendosi ai partecipanti ad un congresso internazionale dell'"Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia", riaffermò che la «differenza sessuale» di un uomo e una donna «ha come fine un'unione aperta alla trasmissione della vita» e invitò «ad evitare la confusione tra il matrimonio e altre unioni basate su un amore debole. Solo l'amore tra uomo e donna è capace di costruire una società casa di tutti gli uomini».

Pedofilia nel clero

Il "caso Maciel"

Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si occupò del caso «a partire dal 1998» quando la Congregazione «ricevette accuse, già in parte rese pubbliche, contro il Rev.do Marcial Maciel Degollado, fondatore della Congregazione dei Legionari di Cristo, per delitti riservati all’esclusiva competenza del Dicastero». Maciel era accusato di pedofilia, di altri abusi sessuali su seminaristi e di abuso del sacramento della confessione per aver assolto alcune delle sue vittime Maciel commise tali delitti in modo plurimo e continuativo tra gli anni quaranta e gli anni sessanta. Il 19 maggio 2006 la Sala stampa della Santa Sede rese pubblica la decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede – «tenendo conto sia dell'età avanzata del Rev.do Maciel che della sua salute cagionevole – di rinunciare ad un processo canonico e di invitare il Padre ad una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico». Ratzinger, ormai papa Benedetto XVI, approvò queste decisioni. La colpevolezza di Padre Maciel fu riconosciuta dai Legionari di Cristoe dichiarata esplicitamente dalla Santa Sede nel 2010.
Nel febbraio del 2009 i Legionari di Cristo informarono che Maciel aveva avuto una relazione prolungata e stabile con una donna e generato una figlia Un mese dopo la Segreteria di Stato della Santa Sede decise di inviare una visita apostolica ai Legionari di Cristo,[che si concluse nel 2010 appurando che «la condotta di P. Marcial Maciel Degollado ha causato serie conseguenze nella vita e nella struttura della Legione, tali da richiedere un cammino di profonda revisione» del carisma, dell'esercizio dell'autorità e delle Costituzioni. Benedetto XVI nominò delegato apostolico per la Congregazione dei Legionari di Cristo il cardinale Velasio De Paolis, il quale incaricò Ricardo Blázquez Pérez, arcivescovo di Valladolid, di compiere una visita apostolica al terzo grado (laici consacrati) del Regnum Christi, che si concluse nel giugno del 2011

Il "caso Irlanda"

A seguito degli scandali di pedofilia nella Chiesa irlandese, scoppiati a partire dal 2009 con la pubblicazione dei rapporti Ryan e Murphy che denunciavano numerosi casi di abusi sessuali su minori compiuti da sacerdoti e religiosi dagli anni '30 fino agli anni 2000 e il tentativo di insabbiamento da parte della Chiesa locale, il portavoce della sala stampa vaticana Federico Lombardi spiegò l'11 dicembre 2009 che il papa condivideva «la rabbia, il senso di tradimento e la vergogna provate da così tanti fedeli cattolici irlandesi» e che avrebbe seguito con «massima attenzione» la questione. Nel corso dei mesi successivi il papa incontrò i responsabili e i vescovi della Chiesa irlandese e presentarono le dimissioni alcuni vescovi con responsabilità pastorali nelle diocesi interessate; si parlò anche della possibilità di dimissioni per il primate d'Irlanda, Sean Brady
Il 20 marzo 2010 Benedetto XVI ha pubblicato una lettera pastorale rivolta ai fedeli cattolici d'Irlanda. In essa il Papa ha spiegato di «condividere lo sgomento e il senso di tradimento [...] sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati», chiedendo ad essa «in primo luogo di riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi» e accusando la «preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona». Rivolgendosi poi ai sacerdoti e ai religiosi colpevoli di tali abusi, ha scritto: «Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell'Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell'Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa.».

Ricorso alla Corte Penale Internazionale

Nel settembre del 2011 il gruppo di associazioni delle vittime dei preti pedofili Snap (Survivors network of those abused by priests) e il Centro per i diritti costituzionali (Center for Constitutional Rights) hanno depositato presso la Corte Penale Internazionale dell'Aia un ricorso in cui accusano il Papa, il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, e il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale William Levada, di crimini contro l'umanità per la presunta copertura dei reati commessi da sacerdoti contro i minori

Viaggi apostolici

Benedetto XVI con Jarosław Kaczyński
Benedetto XVI con George W. Bush
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Oltre a numerose visite apostoliche in Italia Benedetto XVI ha compiuto viaggi apostolici in 20 paesi di tutti i continenti: è stato tre volte in Germania (una volta a motivo della XX Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia), poi in Polonia, terra di papa Giovanni Paolo II, in Spagna (tre viaggi, uno per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù), in Turchia, in Austria, in Francia, in Repubblica Ceca, a Malta, in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito, in Croazia e a San Marino. Sette i viaggi apostolici intercontinentali: in Brasile, negli Stati Uniti d'America, in Messico, in Cuba, in Australia, in Africa (Camerun, Angola e Benin) e in Terra Santa (Giordania e Israele).

Opere e documenti

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Papa Benedetto XVI ha scritto molti saggi e durante il suo pontificato, oltre a vari altri documenti, ha promulgato tre lettere encicliche (Deus caritas est, Spe Salvi e Caritas in veritate). Nel 2007 ha pubblicato un libro personale sulla figura storica di Gesù Cristo (Gesù di Nazaret). Nel 2010 è stato pubblicato un libro-intervista di Benedetto XVI con Peter Seewald, titolato Luce nel mondo. Nel 2011 ha pubblicato la seconda parte di Gesù di Nazaret, incentrata sulla Passione e Risurrezione di Cristo. Nel novembre 2011 ha pubblicato l'esortazione apostolica post-sinodale "Africae munus", come risultato del sinodo dei vescovi per l'Africa del 2009.

Concistori ordinari pubblici, per la creazione di nuovi cardinali

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Benedetto XVI ha presieduto quattro concistori: il primo il 24 marzo 2006, il secondo il 24 novembre 2007, il terzo il 20 novembre 2010, e il quarto il 18 febbraio 2012. Nel primo ha nominato 15 cardinali (di cui 12 elettori), nel secondo ne ha nominati 23 (di cui 18 elettori), nel terzo 24 (di cui 20 elettori), nel quarto 22 (di cui 18 elettori).
Mentre nel concistoro del 2006 sono stati elevati alla porpora prevalentemente arcivescovi impegnati nel governo pastorale di una diocesi nel mondo, in quello del 2007 si è invece avuta anche una forte componente di "cardinali di Curia", ossia impegnati nelle diverse funzioni della Santa Sede.
Il 20 novembre 2010 papa Benedetto XVI ha convocato il suo terzo concistoro per la creazione di 24 nuovi cardinali, di cui venti elettori: è da segnalare la presenza massiccia di porporati "di Curia" (dieci su venti).
Il quarto concistoro ha avuto luogo il 18 febbraio 2012. In esso sono stati creati 22 cardinali, in buon numero italiani e appartenenti alla Curia. Con questo concistoro il Sacro Collegio ha raggiunto il numero di 213 cardinali viventi (compresi i non elettori), provenienti da 70 nazioni, nuovo record storico.

Controversie

Alcune pubblicazioni sono critiche circa la veridicità delle affermazioni di Ratzinger sul proprio rapporto con il nazismo. Nel libro di autori anonimi, chiamati "Discepoli di verità" Senza misericordia della Kaos edizioni, viene enfatizzata l'ammirazione del giovane Ratzinger per il cardinale Michael von Faulhaber, che nel libro viene accusato di avere avuto posizioni filo-naziste e antisemite, sebbene sia stato un autore dell'enciclica di condanna del nazismo Mit brennender Sorge e definito dai nazisti come Judenkardinal (il «cardinale ebreo»).
Nel dicembre 2005 Benedetto XVI non ha presenziato al concerto Natale in Vaticano, inoltre non ha mandato nessun messaggio o video e non ha ricevuto gli artisti che si erano esibiti nella manifestazione, in aperta discontinuità con il comportamento del suo predecessore. Nel 2006 e nel 2007 Benedetto XVI ha espressamente negato agli organizzatori di organizzare il concerto nell'aula Paolo VI, costringendoli a spostare la sede rispettivamente al Grimaldi Forum di Montecarlo e al Teatro Filarmonico di Verona con grande disappunto di molti artisti tra cui Ron, Laura Pausini e Andrea Bocelli. La ragione di questo comportamento è da molti individuata nel fatto che il Papa non ama la musica pop.

Il caso Wagner

Il 31 gennaio 2009 Benedetto XVI nominò il parroco di Windischgarsten in Austria, Gerhard Maria Wagner, vescovo ausiliare di Linz. Wagner faceva parte del Circolo di Linz, un gruppo ultra-conservatore fondato nel 1988, ed era stato autore di dichiarazioni estremamente conservatrici. La nomina suscitò un'ondata d'indignazione e di proteste tra i fedeli di Linz, e disagio tra lo stesso episcopato austriaco, producendo una vasta eco anche al di fuori dei confini austriaci. La situazione fu risolta con la richiesta al pontefice, da parte di Wagner, della rinuncia alla nomina: Benedetto XVI accettò la rinuncia il 2 marzo 2009. Da parte sua, il vaticanista Sandro Magister ritiene tali accuse "risibili" sottolineando come "il caso Wagner era solo la cima di un più generale malessere" nella Chiesa in Austria.

La lezione di Ratisbona del 2006

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Controversia sulla lezione di Ratisbona di papa Benedetto XVI.
Sempre fedele all'insegnamento dei documenti conciliari, il Papa ha ricordato la dichiarazione Nostra Aetate, che ha precisato «l'atteggiamento della Comunità ecclesiale nei confronti delle religioni non cristiane», riaffermando il rapporto speciale che i cristiani hanno con gli ebrei, la stima verso i musulmani e i membri delle altre religioni, confermando «lo spirito di fraternità universale che bandisce qualsiasi discriminazione o persecuzione religiosa». Tuttavia, in apparente contraddizione con le precedenti dichiarazioni, la citazione di una frase dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo a proposito della guerra santa "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava", fatta da Benedetto XVI nell'ambito di una lectio magistralis presso l'Università di Ratisbona durante il suo viaggio in Baviera, ha provocato nel mondo islamico violente reazioni.
Il Pontefice, il cui Angelus è andato in diretta sulla tv satellitare araba Al Jazira, ha ribadito che il testo medievale citato nel discorso di Ratisbona non esprime il suo pensiero e ha invitato l'Islam ad un dialogo franco e sincero: «Sono vivamente rammaricato per le reazioni suscitate da un breve passo del mio discorso all'Università di Ratisbona, ritenuto offensivo per la sensibilità dei credenti musulmani». Senza alcun precedente nella storia della Chiesa, nel 2007 e nel 2008 sono avvenuti più scambi culturali e teologici ad altissimo livello tra cattolici e musulmani, culminati con un incontro fra una nutrita delegazione di intellettuali e teologi islamici e lo stesso Benedetto XVI, in Vaticano.
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Il 15 gennaio 2008 il Papa, su richiesta del rettore dell'Università di Roma "La Sapienza", è stato invitato ad intervenire all'inaugurazione dell'anno accademico. Tale scelta è stata criticata da 67 docenti della stessa università. Tali posizioni hanno portato la Santa Sede a declinare l'invito, ed hanno scatenato polemiche nel mondo politico, giornalistico e scientifico.
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Il rapporto con la comunità ebraica vive un periodo di crisi all'indomani della remissione della scomunica a quattro vescovi lefebvriani, concessa il 21 gennaio 2009. Nello stesso giorno la televisione svedese SVT rende infatti pubblica un'intervista nella quale mons. Richard Williamson (uno dei quattro vescovi) aveva pubblicamente professato una posizione negazionista sulla Shoah, in ragione della quale il Rabbinato capo di Israele rimanda alcuni incontri con il Vaticano.
Sollecitato da più parti, lo stesso Pontefice nell'udienza generale del 28 gennaio 2009 ha espresso parole chiare volte a contestare ogni forma di negazionismo della Shoah e a esprimere piena solidarietà agli ebrei hanno mostrato la precisa ed esplicita volontà della Chiesa nel voler continuare il dialogo: «In questi giorni nei quali ricordiamo la Shoah, mi ritornano alla memoria le immagini raccolte nelle mie ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l'eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso. Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l'umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell'uomo. La Shoah sia per tutti monito contro l'oblio, contro la negazione o il riduzionismo. [...] La Shoah insegni sia alle vecchie sia alle nuove generazioni che solo il faticoso cammino dell'ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all'auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai più la violenza umili la dignità dell'uomo!». Nella stessa occasione il Pontefice ha esplicitato chiaramente che la remissione della scomunica ai quattro vescovi scismatici è stata compiuta come «atto di paterna misericordia» e che egli auspicava che a questo gesto facesse séguito «il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell'autorità del Papa e del Concilio Vaticano II» Critiche al Papa sul caso Williamson sono state espresse da Angela Merkel, successivamente rientrate in una "comune affermazione" di condanna e ricordo della Shoah a seguito di un colloquio telefonico fra il Papa e la stessa cancelliera tedesca.
Il 4 febbraio 2009 la Segreteria di Stato della Santa Sede diffonde infine una nota in cui si afferma: «Le posizioni di Mons. Williamson sulla Shoah sono assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate dal Santo Padre, come Egli stesso ha rimarcato il 28 gennaio scorso quando, riferendosi a quell'efferato genocidio, ha ribadito la Sua piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, e ha affermato che la memoria di quel terribile genocidio deve indurre "l'umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell'uomo", aggiungendo che la Shoah resta "per tutti monito contro l'oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti"».
«Il Vescovo Williamson, per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa - aggiunge la nota - dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah, non conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica».
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Polemiche  sono state indirizzare a Ratzinger durante il suo viaggio in Camerun e Angola del marzo 2009. Alla domanda se durante il viaggio avrebbe affrontato il problema della lotta contro l'AIDS, Benedetto XVI ha dichiarato che la distribuzione dei preservativi non sarebbe una soluzione contro l'AIDS, ma anzi costituirebbe un aggravio del problema. La dichiarazione del Papa è stata stigmatizzata da più governi e da molti fra uomini politici, scienziati, organizzazioni umanitarie e personale coinvolto nella lotta all'AIDS, con ripercussioni anche sul piano diplomatico: in aprile il Belgio ha inoltrato una protesta formale presso la Santa Sede, chiedendone la ritrattazione; il legislativo spagnolo ha stabilito di votare in dicembre una risoluzione con il medesimo testo. Nella comunità scientifica si è registrata la dura presa di posizione del periodico medico Lancet, che in un editoriale del 28 marzo ha accusato il Papa di aver «distorto la verità scientifica» con affermazioni «oltraggiose ed estremamente inaccurate».

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