venerdì 13 dicembre 2013

L'anno d'oro di Vladimir Putin


Chi vi scrive lo dice da tempo ed è stato duramente attaccato da alcuni lettori per la ferma presa di posizione. Putin per molti è un pericolo per la democrazia, per le libertà, per chi pensa di poter fare sempre quello che vuole come e quando gli pare. Vladimir Putin è contro tutto questo ed usa il pugno di ferro, nel suo paese, con chi non lo segue. In Italia tutti possono fare e dire quel che vogliono (ed infatti il paese va allo sbando), con Putin questo non avverrebbe. Ed a pensarla così sono anche gli americani e soprattutto i colleghi giornalisti la cui autorevolezza è inconfutabile.
L’assegnazione da parte del Time del titolo di “Person of the Year” a Papa Bergoglio, con tanto di copertina dedicata dall’illustre settimanale, ha scatenato ieri le proteste di quanti avrebbero preferito al suo posto Edward Snowden, talpa o informatore che dir si voglia, che con le sue rivelazioni ha svestito l’umanità dell’illusione di poter godere della segretezza di pensieri, opere e parole.
Il Washington Post, nella penna di Max Fisher, ci offre una lettura differente dell’anno trascorso, almeno per quanto riguarda lo scettro di uomo più influente del globo. Si tratta di Vladimir Putin, lo Zar in capace di rimettere il Cremlino al centro della Piazza Rossa – per parafrasare una formula resa nota da un altro condottiero dei giorni nostri – facendo risorgere i fasti della Russia dalle ceneri dell’Impero Sovietico.

Il 2013 è stato, secondo Fisher, l’anno della definitiva consacrazione di Putin nel ristretto circolo degli statisti più abili di sempre.

Dodici mesi durante i quali il presidente russo, coadiuvato dai suoi più stretti collaboratori, è riuscito ad esercitare la sua influenza in alcune delle vicende più importanti in materia di relazioni internazionali. Arrivando a sfidare apertamente avversari esterni ed interni.

1) La guerra civile siriana -  Putin ha sfruttato la crisi siriana per raggiungere un doppio obiettivo. Da una parte porsi alla testa del vasto schieramento di nazioni contrarie all’intervento militare americano, blindando al contempo gli interessi del partner Assad. Dall’altra imporsi come mediatore tra le parti, permettendo di raggiungere un accordo con Damasco per lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano.
Una mirabile manovra diplomatica, con la quale lo Zar ha restituito un ruolo centrale al suo paese in una importante quanto delicata questione geopolitica. Allo stesso tempo la Russia ha onorato i contratti di fornitura militare ad Assad e, bloccando la macchina bellica statunitense (anche imponendo il suo diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza ONU), ha dato un contributo pesante, seppur indiretto, allo svolgimento dei combattimenti in Siria.

2) L’affaire Snowden – Un’altra partita giocata su più tavoli, un altro confronto “freddo” con Washington che si è vista costretta all’inazione. Dopo che la Cina ha scaricato la patata bollente dell’informatore fuggito con i più neri segreti dalla madrepatria, Putin ha condannato Snowden al limbo dell’aeroporto  Sheremetyevo, rendendolo inconsapevolmente una pedina di una scacchiera più vasta.
Mentre dagli Stati Uniti si levavano le richieste di estradizione, altri capi di stato esternavano il proprio sostegno al fuggitivo americano. Lo Zar si è esibito in una serie di dichiarazioni ambigue, accogliendo Snowden ma vietandogli, in sostanza, di rilasciare nuove dichiarazioni che avrebbero danneggiato Washington. Costringendo il presidente USA, Obama, ad una paradossale riconoscenza.

3) Il fronte interno – Se la capacità di proiezione della potenza russa nel mondo è aumentata a dismisura, sicuramente un lavoro ancor maggiore è stato svolto in patria, dove Putin ha impresso al suo governo una svolta autoritaria, intrisa di nazionalismo destrorso e infarcita di elementi di xenofobia e conservatorismo sociale.

Restrizione delle libertà politiche, dei diritti civili e della competizione politica, attraverso decreti che hanno impedito alle famiglie americane di adottare orfani russi, leggi che vietano “la propaganda gay”, incarcerando attivisti dei più svariati fronti (dalle Pussy Riot ai militanti di Greenpeace).
Chi osa sfidare lo Zar, deve pagarne il prezzo, perché ogni azione è un’occasione per mostrare i muscoli della nuova Russia putiniana Scusate se è poco………




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