sabato 1 giugno 2013

Calcio e campioni. Andrea Pirlo: “Il cucchiaio con l’Inghilterra? Nulla di premeditato”


ECCOVI un PASSO del libro di Andrea Pirlo, in cui il centrocampista della Juventus e della Nazionale italiana, ci racconta preziosi aneddoti:
“Come al solito nessuno ci crede, però io mi sento più il Pirlo del pallone calciato centrale al Mondiale del 2006 che il Pirlo geniale del cucchiaio agli Europei del 2012 contro l’Inghilterra. Anche se poi il fine era lo stesso in entrambi i casi: scegliere la soluzione migliore per ridurre al minimo la possibilità di errore. Per capirci: non ho fatto come Francesco Totti che, agli Europei del 2000 contro l’Olanda, prima di andare a calciare disse a Di Biagio e a Maldini la mitica frase: “Mo je faccio er cucchiaio”. Io ho deciso all’ultimo, e cioè quando ho visto il portiere inglese Hart fare un sacco di sceneggiate sulla linea di porta. Ho preso la rincorsa e ancora non avevo ben chiaro come mi sarei comportato, lui si è mosso e quello è stato il momento della decisione. Estemporanea, non premeditata, mi è sembrata l’unica via utile per assicurarmi una percentuale di riuscita molto vicina al cento per cento. Zero esibizionismo, non fa parte di me. In quel gesto tanti presunti esperti hanno voluto leggere significati nascosti, voglie recondite di rivincita, parlando addirittura di qualcosa provato e riprovato sul campo tra una partita e l’altra. A parte che negli ultimi giorni di quell’Europeo, in pratica, non ci siamo allenati (i continui viaggi tra la Polonia e l’Ucraina ci avevano tolto tempo ed energie), ma poi si può pianificare con largo anticipo una situazione del genere? O sei Totti o sei un veggente o sei uno stupido. Che quel pallone l’avrei tirato così non lo sapeva nessuno, per il semplice motivo che non lo sapevo neppure io. Mi rendo conto che con questa spiegazione scontento qualcuno e sbugiardo altri, il fatto è che la verità è molto meno romantica dell’apparenza: ho calciato con quel tocco da sotto per puro calcolo, in quell’istante era la cosa meno pericolosa da fare. La più sicura, di maggior produttività, per dirla come quelli che parlano bene. Poi è vero, nell’immaginario collettivo è stato un bel modo di vincere contro avversari che partivano favoriti, di ribaltare il risultato trasformando la sconfitta in vittoria, la quasi eliminazione in una qualificazione alla semifinale, ma tutto è nato e morto in un lasso di tempo brevissimo. Almeno per me, mentre i miei compagni si sono detti sbalorditi e hanno voluto approfondire. Prima mi hanno fatto i complimenti aggiungendo subito dopo una domanda, pensata tutti insieme, un coro dell’Antoniano di adulti fuori di testa come bambini. Avevano un solo dubbio da sciogliere, esistenziale aggiungerei: ”Andrea, ma sei scemo?”. Si erano stupiti, io no. Sapevo perché l’avevo fatto. E per quante persone.

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