Negli ultimi quaranta, cinquant’anni stiamo assistendo al processo di abolizione dell’istituto matrimoniale e contemporaneamente al tentativo di eliminare la famiglia naturale e tradizionale ricalcando gli stessi passi percorsi in Russia dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Negli anni 1917-1918 in Russia fu promulgata una serie di leggi in tema di famiglia che ottenne, come risultato, la secolarizzazione del matrimonio.
Da quel momento in poi il solo matrimonio valido fu quello civile reso precario da iniziative politiche che consentivano di accedere al divorzio con estrema facilità. Nello stesso periodo venne anche eliminata ogni diversità di trattamento tra figli legittimi e figli illegittimi. Con le Leggi sul Matrimonio del 1926 la precarietà dell’istituto matrimoniale fu ulteriormente implementata al punto che il fatto che l’unione venisse registrata oppure no non produceva alcuna valenza legale.
Il divorzio si poteva ottenere senza nemmeno rivolgersi al tribunale e, talora, su semplice richiesta di una delle parti, anche senza la presenza e il consenso dell’altra. Naturalmente il libero amore senza “pregiudizi” faceva parte del pacchetto culturale da vendere in cambio del consenso politico, cui bisogna aggiungere il diritto all’aborto, il controllo delle nascite e l’istituzione dei nidi di stato dove custodire i bambini mentre le madri erano al lavoro. Subito dopo la Rivoluzione del Febbraio 1917 venne revocata anche la legislazione antiomosessuale e l’articolo 516 del codice penale, relativo alla sodomia, venne abrogato dopo la Rivoluzione di Ottobre.
Nel codice penale del 1922 e in quello del 1926 non si faceva alcuna menzione all’omosessualità.Gli “esperti” nel campo della medicina e del diritto erano molto orgogliosi della natura progressista della loro legislazione. Al Congresso della Lega Mondiale per la Riforma Sessuale, che si tenne a Copenhagen nel 1928, la legislazione Sovietica era additata agli altri paesi come un esempio di progressismo. Per quanto concerne la questione omosessuale, la posizione della medicina ufficiale e della giurisprudenza nella Russia degli anni 20 era quella secondo la quale l’omosessualità non era un reato ma una malattia che era difficile curare, se non addirittura impossibile.
Anatoli Lunacharski, il Commissario dell’Educazione ci aiuta a capire il significato di tutte queste misure che di fatto minano alla radice l’istituto familiare e che nel 1930 scrisse: «Il nostro problema adesso è quello di eliminare la famiglia e liberare la donna dalla cura dei figli. Sarebbe idiota separare i figli dai genitori con la forza. Ma quando nelle nostre case comuni avremo delle stanze per bambini ben organizzate, connesse con gli alloggi dei genitori mediante una galleria riscaldata…non c’è dubbio che i genitori manderanno i loro figli in questi alloggi di loro spontanea volontà e lì i bambini saranno supervisionati da un personale medico-pedagogista appositamente addestrato. Non c’è dubbio che i termini “i miei genitori”, “i nostri figli”, gradualmente scompariranno e saranno rimpiazzati da concetti come “gli anziani”, “i bambini” “gli infanti”» (H. Kent Geiger,The Family in Soviet Russia, Cambridge, Mass., 1968, pp. 47-48).
È impossibile non notare la similitudine di quanto finora riferito con quanto accade ai nostri giorni.Ecco allora riaffacciarsi l’inquietante quesito che Igor Safarevic dissidente matematico russo, poneva nel suo illuminante libro «È bastata l’esperienza della Russia? È bastata per il mondo intero e specialmente per l’Occidente? Saremo in grado di comprenderne il significato? O il genere umano è destinato a passare attraverso questa esperienza su scala immensamente più vasta?» (I. Safarevic, Il socialismo come fenomeno storico mondiale, La Casa di Matriona, Milano 1980).
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