lunedì 6 maggio 2013

Emergenza nomadi e Corte Suprema di Cassazione



La Corte Suprema di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato il 15 febbraio 2012 dal Governo Italiano, con il quale si richiedeva di cassare la sentenza del Consiglio di Stato che nel novembre 2011 aveva dichiarato l’illegittimità dell’ “emergenza nomadi” sul territorio italiano.
La vicenda risale al 21 maggio 2008, quando l’allora presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, con Decreto dichiarava lo «stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi», nominando i prefetti di Roma, Napoli, Milano commissari delegati «per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza» nelle regioni di Lazio, Campania, e Lombardia. Lo stato di emergenza, di durata annuale, sarebbe dovuto terminare il 31 maggio 2009 ma, contrariamente a quanto previsto, con un nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri veniva prorogato al 31 dicembre 2010, estendendolo a sua volta alle regioni del Piemonte e del Veneto. Trascorsi più di due anni dalla sua dichiarazione, un ulteriore Decreto prorogava la durata al 31 dicembre 2011 nelle cinque regioni interessate.
In seguito ad un ricorso presentato da European Roma Rights Centre e da una famiglia rom, il Consiglio di Stato il 16 novembre 2011 con sentenza n. 6050 statuiva «l’illegittimità del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008». Contro di essa il 15 febbraio 2012 il Governo Italiano presentava ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione. Oggi la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiudendo ogni possibilità di ulteriori appelli.
Secondo l’Associazione 21 luglio, «la chiusura della stagione emergenziale, sancita definitivamente dalla Corte di Cassazione, chiude una delle pagine più buie dei diritti umani delle comunità rom e sinte in Italia. Il periodo dell’emergenza aveva scandito la nascita di diversi Piani Nomadi, attraverso i quali, in alcune città italiane, politiche discriminatorie e segregative avevano causato sistematiche violazione dei diritti delle comunità rom e sinte. Dietro la giustificazione di un presunto “stato di emergenza”, le autorità delle città interessate, in deroga alle normative vigenti, hanno promosso politiche segnate da schedature etniche, costruzione di mega campi monoetnici e azioni di sgombero forzato».
«La storica sentenza di oggi – conclude l’Associazione 21 luglio – ci dice che è giunta l’ora di voltare pagina, per fare uscire dall’alveo dell’emergenza le politiche indirizzate alle comunità rom e sinte, da 5 anni ricondotte esclusivamente ad un’ottica securitaria».

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