La pedofilia è «un comportamento aberrante». Ma non può essere negato il diritto di fare campagne per promuoverla. È il senso della sentenza shock di una corte d’appello olandese che ieri, ribaltando la decisione di primo grado, ha stabilito come non debba essere vietata l’attività di una fondazione che da oltre trenta anni promuove la pedofilia.
Lo scorso anno il tribunale civile di Assen aveva ingiunto lo scioglimento del gruppo “Sticthing Martijn” rilevando che le sue proposte per legalizzare i contatti sessuali tra adulti e bambini erano contrarie alle norme ed ai valori della società olandese.
Ieri la corte d’appello di Leeuwarden ha affermato che i testi e le foto presenti sul sito web della fondazione non contravvenivano la legge. Aggiungendo che il fatto stesso che alcuni dei suoi membri siano stati condannati per reati sessuali, non andava connesso al lavoro della fondazione stessa.
La Corte d’appello ha anche rilevato che le proposte per la liberalizzazione della pedofilia sono «una seria contravvenzione di alcuni principi del sistema penale olandese», in particolare per quanto concerne la minimizzazione dei «pericoli dei contatti sessuali con giovani». Ma i giudici hanno sentenziato che la società olandese è sufficientemente «resistente» per affrontare «le dichiarazioni indesiderabili ed il comportamento aberrante» promosso dal gruppo fondato nel 1982 e sciolto lo scorso anno in seguito alla sentenza di primo grado. Un suo ex presidente, Martijn Uittenbogaard, ha affermato che i 60 soci non si riuniranno per decidere i prossimi passi, mentre l’ufficio del procuratore sta valutando l’ipotesi di un ricorso in terzo grado. Una portavoce della pubblica accusa ha definito la sentenza «deludente».
Nel corso degli anni l’attività della lobby pro-pedofilia è stata al centro di una serie di proteste. Ma il colpo più duro lo subì nel 2007, dopo aver pubblicato sul suo sito le foto della principessa Amalia, figlia del principe ereditario Guglielmo Alessandro (che il prossimo 30 aprile sarà incoronato re al posto della madre, la regine Beatrice). Il futuro re fece causa, chiedendo la rimozione immediata delle foto ed il pagamento di una multa. Richieste accolte dal tribunale.
Tre anni dopo l’abitazione del presidente dell’epoca, Ad van den Berg, fu perquisita, portando alla scoperta di ingenti quantità di materiale pedopornografico e all’arresto dello stesso van den Berg. Ma l’associazione ha continuato il suo “lavoro”, forte del parere emesso dal ministero per la sicurezza e la giustizia che nel giugno 2011 aveva stabilito che per la legge olandese la sua attività non era illegale
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