"Ci sono
voluti quasi 2 anni, ma ora anche nel nostro Paese sara' disponibile un farmaco
innovativo, derivato dalla nostra ricerca - spiega durante un incontro a
Milano il presidente e ad di Janssen Italia, Massimo Scaccabarozzi, presidente
di Farmindustria - E subiremmo ulteriori ritardi nell'accesso con il problema
delle Regioni che per inserirlo nei loro prontuari a volte fanno passare anche
340 giorni. Questa volta non potra' succedere. perche' questo farmaco e' stato
considerato 'innovativo' e il decreto salute firmato da Balduzzi prevede che le
Regioni lo mettano automaticamente da subito a disposizione dei pazienti. Mi
auguro, per i malati, che stanno aspettando da tempo, che sia davvero cosi'.
Anche se noi abbiamo garantito finora l'accesso 'anticipato' per 1.500 pazienti
circa su un totale di circa 3 mila".
La molecola targata Janssen, spiegano oggi gli esperti, agisce direttamente sul processo di autoalimentazione del tumore e si e' dimostrata capace di prolungare la vita di questi pazienti e di migliorarne la qualita'. Sul farmaco e' stato condotto il piu' grande studio di fase III sul carcinoma della prostata: sono stati arruolati 1.195 pazienti con carcinoma prostatico avanzato in fase di progressione documentata, gia' trattati con chemioterapico (docetaxel) e sottoposti a terapia ormonale classica. I dati, pubblicati nel maggio 2011 sul New England Journal of Medicine e su Lancet Oncology nel settembre 2012, hanno dimostrato che "il trattamento con abiraterone acetato ha prodotto una riduzione di piu' del 25% del rischio di morte rispetto al gruppo di controllo; il vantaggio di sopravvivenza tra abiraterone e controllo e' stato del 40%, con una mediana di sopravvivenza globale rispettivamente di 15,8 mesi nel gruppo con abiraterone e 11,2 mesi in quello di controllo".
Per i pazienti con tumore prostatico in fase avanzata metastatica, non si e' registrato solo un vantaggio in termini di sopravvivenza e tollerabilita', ma anche "un effetto palliativo del dolore nel 45% dei casi, contro il 28% del gruppo controllo. Inoltre i pazienti trattati hanno ritardato l'impiego di antidolorifici, con una differenza mediana di 8 mesi". La molecola si presenta come una nuova arma nell'arsenale degli oncologi, per un cancro che e' in testa alla classifica dei tumori maschili per incidenza ed e' destinato secondo le stime di Aiom e Airtum a raggiungere quota 44 mila casi nel 2020 e 51 mila nel 2030, ricorda Giario Conti, primario di urologia all'ospedale Sant'Anna di Como e presidente della Societa' italiana di urologia oncologica (Siuro).
"Abbiamo dati epidemiologici dell'Istituto superiore di sanita' rivisti ogni anno e ci attendiamo fra i 36 mila e i 40 mila nuovi casi di tumore alla prostata ogni anno - Non e' il cancro per cui si muore di piu' ma e' quello per cui ci si ammala di piu'. Fortunatamente, oggi, piu' del 70% di questi casi sono tumori a rischio basso o intermedio e possono essere curati con interventi terapeutici" che vanno dalla chirurgia anche robotica alla radioterapia intelligente e alla brachiterapia. "Abbiamo poi un 10-15% di tumori ad alto rischio che esordiscono in fase gia' avanzata, anche se sempre meno pazienti scoprono metastasi alla prima diagnosi, oppure lo diventano nel corso della storia clinica naturale della malattia. Possiamo stimare che tra i 3 e i 5 mila pazienti all'anno in Italia potrebbero aver bisogno di trattamenti per una fase avanzata successiva a quella dipendente e sensibile alla terapia ormonale".
"Sebbene sia una patologia molto diffusa - commenta Ettore Fumagalli, presidente di Europa Uomo Italia - si tratta ancora di un argomento tabu' per il maschio italiano. Per la nostra cultura latina, 'machista', il tumore alla prostata rimane qualcosa che crea imbarazzo e, inevitabilmente isolamento di chi ne soffre, malgrado il fatto che coloro che lo hanno sperimentato o stanno sperimentando sappiano quanto una diagnosi di cancro alla prostata possa segnare l'esistenza. Dovremmo creare, come hanno saputo fare le donne con il tumore al seno, una cultura molto piu' aperta. E si dovrebbe pensare, come e' successo con le Breast Unit, anche a delle Prostate cancer unit".
Abiraterone, commenta Sergio Bracarda, direttore della Unita' di oncologia medica, ospedale S. Donato di Arezzo - ha mostrato incremento di sopravvivenza accoppiato a tollerabilita' e questo lo rende un farmaco piu' facilmente applicabile, rispetto a terapie piu' aggressive, ai pazienti con carcinoma metastatico alla prostata. La tollerabilita' rimane una priorita' fondamentale in quanto si riferisce a una popolazione spesso fragile per eta' avanzata o per presenza di patologie concomitanti, a livello cardiaco, renale o epatico".
"Ci auguriamo che - conclude Conti - che al piu' presto il farmaco venga introdotto anche per l'uso pre-chemio. Intorno a ottobre-novembre l'Europa ha accettato e registrato il farmaco per questo uso e questo per noi richiedera' un altro iter registrativo che temo sara' lungo".
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