mercoledì 23 maggio 2012
Capaci e Rosaria Costa Schifani
Il coraggio di una moglie ed una madre..................." io vi perdono ma inginocchiatevi" (vi perdono perchè sono cristiana e cattolica ma inginocchiatevi davanti alla giustizia). Grazie donna coraggio!
Ho vinto io di Felice Cavallaro. Una bellissima, coraggiosa, arrabbiata senz'altro, ma dignitosa Rosaria Costa (qui sopra nella foto) racconta di sè, del giorno terribile della Strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui perse la vita anche suo marito Vito Schifani, uomo della scorta di Giovanni Falcone, e dei drammatici giorni a seguire. Tutti ricordiamo quel suo appello disperato di giovane vedova, madre di un bimbo di quattro mesi, a chi aveva ucciso suo marito e gli altri, durante il funerale: "Vi perdono, ma dovete mettervi in ginocchio...".
A distanza di vent'anni Rosaria rivive le emozioni, rivisita i luoghi, ripercorre le stanze dolorosissime della memoria, entra nella villa di Totò Riina, si inorgoglisce di suo figlio Antonino Emanuele, ora ventenne arruolato nella Guardia di Finanza, racconta del bene che le aveva voluto e le aveva dimostrato Paolo Borsellino in quella circostanza e del dolore rinnovato alla morte di lui, nella strage di Via d'Amelio. E spiega il significato di quella sua frase durante i funerali rimasta impressa in ognuno di noi: "vi perdono perchè sono cristiana, Gesù Cristo me lo impone, ma voi dovete inginocchiarvi alla Giustizia". E Rosaria, mentre entra nella villa dove era nascosto Riina mormora: "questa bella villa ve l'ha data Satana". Poi apre porte, armadi, cassaforti di quella grande e cupa dimora ormai abbandonata, cerca la cucina e si chiede se la moglie di Riina mentre cucinava pensasse a quanta morte il marito stesse progettando nella stanza accanto. Un'immagine casalinga che coglie, proprio in quanto tale, la drammatica orrendezza della normalità del Male... A questo proposito, Rosaria ricorda che durante i funerali, all'indomani della strage di Capaci, chiese a Paolo Borsellino "Chi sono i mafiosi?" e il giudice rispose che non sono riconoscibili, si mischiano fra le persone insospettabili e aggiunse che "di solito, chi uccide sta dietro il feretro".
Rosaria, camminando per le strade della Palermo attuale, ricorda che da ragazza conosceva a memoria le lapidi da cui era costellata la città, "un cimitero di lapidi", ognuna in memoria di un morto ucciso dalla mafia. Lei si fermava spesso davanti a quella di Calogero Zucchetto (qui sotto, nella foto), il giovane poliziotto collaboratore del commissaro Ninni Cassarà, ucciso il 14 novembre 1982 in Via Notarbartolo.
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