Paolo Borsellino e la sua scorta esempio da non dimenticare mai! Grazie ragazzi! Siete una goccia inestimabile dell'oceano!
L'esplosione,
avvenuta in via Mariano
D'Amelio dove viveva la madre di Borsellino e dalla quale il
giudice quella domenica si era recato in visita, avvenne per mezzo di
una Fiat
126 contenente circa 100 chilogrammi di tritolo.
Secondo
gli agenti di scorta, via d'Amelio era una strada pericolosa, tanto che era
stato chiesto di procedere preventivamente ad una rimozione dei veicoli
parcheggiati davanti alla casa, richiesta però non accolta dal comune
di Palermo, come
rilasciato in una intervista alla RAI da Antonino
Caponnetto.
Oltre
a Paolo
Borsellino morirono gli agenti di scorta Agostino
Catalano (caposcorta), Emanuela
Loi (prima donna a far parte di una scorta e a cadere in
servizio), Vincenzo Li
Muli, Walter Eddie
Cosina e Claudio Traina. L'unico
sopravvissuto è Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l'esplosione, in
gravi condizioni. La bomba venne radiocomandata a distanza ma non è mai stata
definita l'organizzazione della strage, nonostante il giudice fosse a conoscenza
di un carico di esplosivi arrivato a Palermo appositamente per essere utilizzato
contro di lui. Si sospetta che il detonatore che
ha provocato l'esplosione sia stato azionato dal Castello Utveggio.
Dopo
l'attentato, l'"agenda
rossa" di Borsellino, agenda che il giudice portava sempre con sé e dove
annotava i dati delle indagini, non venne ritrovata. Sul luogo dell'attentato
giunse immediatamente il deputato ed ex-giudice Giuseppe
Ayala che abitava nelle vicinanze.
Frasi
di Paolo Borsellino:
Palermo
non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste
nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare.
L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati.
Chi ha paura muore ogni giorno.
C'è un equivoco di fondo.
Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto.
No! La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali.
Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d'accordo.
La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
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