Nell’Udc circola una battuta: “Avremo un senatore per ogni punto percentuale conquistato con il prof.”
Non è un caso se Casini è certissimo di una cosa: al Senato sarà lui a detenere la golden share del futuro gruppo parlamentare montiano (ammesso che la lista unica del professore superi la soglia di sbarramento dell’8 per cento in un numero sufficiente di regioni per produrre almeno dieci senatori). E perché mai Casini è così sicuro? Perché è stato il vero vincitore della spartizione dei posti, nella composizione del listone unico: a Monti sono andati 10 candidati su 30, 5 a Italia Futura, 3 a Fini, il resto all’Udc. Non solo 10 posti sicuri ma – come ha spiegato il professor Roberto D’Alimonte qualche tempo fa – “Casini è riuscito a farsi nominare capolista in cinque regioni. Dato che verrà eletto in tutte e cinque, si libereranno quattro posizioni. In queste posizioni è riuscito a piazzare due suoi candidati che saranno i beneficiari del giochino consentito da questo meccanismo perverso che sono le pluricandidature”. Ma non finisce qua: un altro candidato Udc sarà ripescato grazie a Pietro Ichino che, essendo capolista sia in Lombardia sia in Toscana, libererà uno dei due posti. Infatti, qualunque sarà la scelta di Ichino, il subentrante sarà un candidato Udc.
Nel partito neodemocristiano scherzano (ma neanche troppo) dicendo: “Abbiamo un senatore Udc per ogni punto percentuale della lista unica”. Sono almeno dieci seggi dell’Udc, un numero sufficiente per formare un eventuale gruppo autonomo a Palazzo Madama. E’ dunque evidente come Casini sia, agli occhi del Pd e di Bersani, nella prossima legislatura, un interlocutore indipendente dalla volontà e dalle inclinazioni di Mario Monti. Si dice che al leader dell’Udc piacerebbe moltissimo fare il presidente del Senato, ma nel suo partito dicono di più (esagerando, forse fino all’inverosimile): c’è anche la partita del Quirinale. Pochi giorni e vedremo se i conti torneranno.
Fonte: FOGLIO QUOTIDIANO
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