Otto anni di carcere perché aveva la faccia tonda»: così sintetizza a tempi.it l’avvocato Carlo Fabbozzo di Napoli, raccontando l’incredibile vicenda di Giovanni De Luise, 32 anni. Arrestato quando ne aveva solo 22 e condannato in via definitiva per un omicidio di camorra, Giovanni, incensurato, si è sempre proclamato innocente: ma solo ora si è aperto il processo di revisione e l’uomo è stato scarcerato.
I FATTI. La vicenda di De Luise ha inizio nel 2004. «L’11 dicembre – racconta l’avvocato – venne ucciso il fratello di Giovanni, Salvatore, un volgare pusher in un locale gestito da Di Lauro con cui Giovanni non aveva rapporti. Lo stesso pomeriggio venne ucciso anche un uomo del clan avverso ai Di Lauro, Massimo Marino». Si era nel bel mezzo della faida di Scampia, che in sei mesi ha provocato circa 70 morti. Fino a quell’11 dicembre Giovanni era uno dei tanti ragazzi onesti di Napoli e viveva con il suo lavoro di spedizioniere.
L’ACCUSA E L’ALIBI. Il mattino dopo l’omicidio del fratello, Giovanni De Luise andò all’obitorio: «È lì che è stato visto dai parenti di Marino e la sorella, Cinzia Marino, ha indicato Giovanni alle forze dell’ordine come la persona che la sera prima, quando ormai c’era scarsa luce, aveva sparato a Massimo. La donna lo aveva visto ad una certa distanza, dall’alto di un muretto». Così De Luise venne fermato ma aveva un alibi: «Dalle 2 del pomeriggio dell’11 dicembre fino alle 22 di sera, era stato in ospedale distrutto per l’omicidio del fratello Salvatore con due amici, i fratelli Musella, che confermarono la sua versione». Di fronte a questa testimonianza, continua l’avvocato, «non solo De Luise non venne liberato, ma vennero arrestati pure i due amici per favoreggiamento. Giovanni Corona, il pm che conduceva l’indagine, non ha voluto sentire nulla. Infatti la difesa ha portato altri sette testimoni che scagionavano Giovanni De Luise. Nessuna di queste persone è stata creduta, mentre si è ascoltata solo la testimonianza di Cinzia Marino».
CONDANNA DEFINITIVA. Malgrado alcuni passaggi poco chiari – non si è capito come la donna avesse potuto distinguere al buio, in modo tanto sicuro, il volto dell’omicida – «nel 2006 De Luise è stato condannato a 22 anni carcere. Presentammo appello: il procuratore Claudio Rodà mi convocò e mi propose un accordo, una procedura allora prevista dal codice. Mi disse che se De Luise avesse confessato avrebbe ricevuto una condanna a 16 anni e, data la sua permanenza in carcere fin dal 2004, di fatto avrebbe potuto ottenere subito la semilibertà. De Luise si rifiutò senza mezzi termini. “Sono innocente”, mi disse. “Voglio dimostrarlo”. E così la condanna è stata confermata anche in appello e Cassazione».
I PENTITI CONFESSANO. Prosegue Fabbozzo: «Un mese dopo la sentenza definitiva, nel marzo 2009, due pentiti di camorra per la prima volta hanno dichiarato alla procura che De Luise non c’entrava nulla con l’omicidio Marino. Abbiamo subito presentato istanza di revisione alla Corte d’appello di Roma, ma ci è stata respinta perché le dichiarazioni dei pentiti erano “de relato”: i due cioè non avevano partecipato in prima persona all’omicidio». Poco tempo dopo altri tre pentiti di camorra sono tornati a parlare dell’omicidio Marino. «Uno di loro, tale Lombardi, si è accusato di essere tra quelli che avevano fatto un appostamento per giorni prima dell’omicidio, spiegando che il vero obiettivo del clan Di Lauro era uno dei “big” degli scissionisti, Gennaro Marino alias Genny McKay. Solo all’ultimo momento, non avendo rintracciato Genny Mckay, Cosimo De Lauro aveva ordinato di uccidere suo cugino, Massimo Marino. Lombardi ha spiegato chiaramente che De Luise non c’entrava nulla, ma siccome nemmeno Lombardi era esecutore materiale dell’omicidio, la nostra richiesta è stata respinta una seconda volta».
LA SVOLTA. A luglio 2013, finalmente, la svolta: «Gennaro Puzzella, l’assassino di Marino, si è pentito: ha capito che quelli del suo clan volevano ucciderlo e si è presentato ai carabinieri. La prima cosa che ha fatto è stata auto-accusarsi subito del delitto. C’è una cosa sconcertante che mi lascia riflettere: De Luise e Puzzella hanno entrambi la faccia a palla, cioè il viso molto rotondo: è l’unica somiglianza. Quindi la sorella di Marino, nei fatti, ha visto un viso tondo e da lì è partita con le sue accuse. Qualsiasi altra persona sarebbe potuta finire in questo equivoco».
«UNA VITA DISTRUTTA». La stessa procura di Napoli ha dato parere positivo alla revisione. Conclude Fabbozzo: «Intanto De Luise ha passato otto anni e otto mesi in carcere. E non anni qualsiasi, in pratica gli è stata tolta la gioventù. Una vita distrutta. Sto pensando di presentare una denuncia per calunnia a Cinzia Marino. È vero che è stata la vittima dell’uccisione di un parente, ma se non si è certi non si può accusare qualcuno di omicidio solo perché ha la faccia tonda».
Fonte: Tempi
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