Il padre, Il'ja Nikolaevič Ul'janov (1831-1886), di religione ortodossa, era originario di Astrachan'; laureato in matematica col famoso professor Lobačevskij, uno dei fondatori delle geometrie non-euclidee, dal 1855insegnò matematica e fisica nell'Istituto dei nobili di Penza, dove conobbe e sposò nel 1863 Marija Aleksandrovna Blank (1835-1916).[1]
Si trasferirono a Nižnij Novgorod, dove Il'ja Nikolaevič insegnò nel locale ginnasio finché nel 1869 accettò l'incarico di ispettore delle scuole elementari del governatorato di Simbirsk, e vi si trasferì con la moglie, già incinta di Vladimir, e con i due figli Anna (1864-1935) e Aleksandr (1866-1887). Nel 1874 venne nominato direttore scolastico, col grado di consigliere di Stato e insignito dell'ordine di San Vladimiro, ottenendo l'inserimento nel quarto grado della gerarchia nobiliare e il diritto alla trasmissibilità del titolo.[2]
La madre era figlia del medico Aleksandr Dmitrevič Blank. Questi, di origine tedesca, nato in Ucraina[3] e proprietario di terre nel governatorato di Kazan', professava opinioni avanzate per i tempi.[4] Educata in un ambiente luterano,[5] Marija Aleksandrovna aveva studiato privatamente e conseguito il diploma di insegnante. Allevò altri tre figli, Ol'ga (1872-1891), Dmitrij (1875-1943) e Marija (1878-1937).
Vladimir - Volodja per i genitori - era un bambino vivace, allegro, amante degli scherzi. Imparò a leggere a cinque anni, studiò privatamente fino a nove e nel1879 fu iscritto alla prima classe ginnasiale.[6] Nel 1883 il fratello maggiore Aleksandr andò a studiare scienze naturali all'Università di Pietroburgo, dove già era iscritta la sorella Anna. Il 12 gennaio 1886 morì il padre. La pensione lasciata alla vedova, le rendite delle terre, le pigioni degli affittuari e qualche economia permisero alla famiglia di continuare a vivere con sufficiente agiatezza.[7]
Il 1º marzo 1887, anniversario dell'assassinio dello zar Alessandro II, la polizia arrestò i fratelli Anna e Aleksandr nella loro casa pietroburghese con l'accusa di cospirazione. Aleksandr, insieme con altri studenti, tutti affiliati alla Narodnaja Volja, aveva progettato di attentare alla vita dello zar Alessandro III, ed essendo esperto di chimica, aveva confezionato le bombe da utilizzare nell'attentato. La sorella Anna, estranea ai fatti, venne rilasciata pochi giorni dopo, ma fu confinata aKokuškino, la cittadina ove la madre era nata e possedeva una casa.[8] Nel processo, Aleksandr ammise le sue responsabilità, cercando di attenuare quelle dei complici. Condannato a morte, rifiutò di presentare domanda di grazia e l'8 maggio venne impiccato con quattro suoi compagni.[9]
Il mese dopo, Vladimir concluse gli studi ginnasiali a pieni voti. A stilare le note caratteristiche di Vladimir fu il direttore della scuola Fëdor Kerenskij, padre del suo futuro avversario politico Aleksandr Kerenskij: « Assai dotato, costante e intelligente, Ul'janov è sempre stato in testa alla sua classe e alla fine del corso ha meritato la medaglia d'oro come allievo più degno per l'esito, il profitto e il comportamento ». Seguiva un giudizio sul carattere: « non ho potuto fare a meno di notare in lui un riserbo talvolta eccessivo e un atteggiamento scostante anche verso persone di sua conoscenza e, fuori del ginnasio, verso compagni che sono il vanto della scuola; in genere, è poco socievole ».[10]
La condanna di Aleksandr aveva creato il vuoto intorno alla famiglia Ul'janov nella provinciale cittadina di Simbirsk; per questo motivo, quella stessa estate gli Ul'janov si trasferirono a Kazan', e Vladimir si iscrisse alla facoltà di legge della locale Università.[11]
La formazione politica
Il 4 dicembre 1887 gli studenti di Kazan' tennero un'assemblea non autorizzata nell'Università; le autorità considerarono sovversiva l'iniziativa e quella notte la polizia arrestò Vladimir e una quarantina di studenti. All'osservazione del poliziotto: « perché vi rivoltate, giovanotto? Avete davanti una muraglia », rispose: « Sì, una muraglia che crolla. Basta una spinta perché precipiti ». Venne rilasciato due giorni dopo ed espulso dall'Università.[12]
Le autorità lo confinarono dapprima a Kokuškino e, dopo aver respinto per due volte la richiesta di essere riammesso all'Università e avergli negato il passaporto, nell'autunno del 1888 gli concessero di abitare insieme con la famiglia a Kazan'.[13] Qui Vladimir prese a frequentare uno dei diversi circoli studenteschi esistenti nella città universitaria, frequentato da un'anziana populista, Marija Četvergova, dove si leggeva e si discuteva di politica. Il più importante era quello creato dal giovane marxista Fedoseev, che peraltro Vladimir, ancora soggetto all'influsso della Narodnaja Volja, contattò solo qualche anno dopo. Cominciò a leggere Il Capitale diMarx, una lettura già praticata dal fratello Aleksandr. È probabile che le tendenze rivoluzionarie di Vladimir non avessero ancora assunto « una tinta socialdemocratica » e che lo studio del marxismo non significasse per lui una rottura con le opinioni populiste.[14]
Il 3 maggio 1889 gli Ul'janov, sempre sorvegliati dalla polizia, andarono a passare l'estate ad Alakaevka, un villaggio della provincia di Samara, dove la madre, vendute le proprietà di Simbirsk, aveva acquistato una piccola proprietà agricola. Quella stessa estate, il 13 luglio, il circolo socialdemocratico di Kazan' venne sciolto d'autorità e Fedoseev e i suoi compagni furono arrestati. L'inverno fu trascorso in una casa presa in affitto a Samara, che accolse anche Mark Elizarov, fresco sposo di Anna Ul'janova.[15] La casa era frequentata da alcuni rivoluzionari richiamati dalla fama di Aleksandr Ul'janov, come Nikolaj Dolgov, seguace di Nečaev, il fondatore della Narodnaja Rasprava, i coniugi Livanov, implicati nell'affare Koval'skij e nel « processo dei 193 », Marija Golubeva, già seguace di Pëtr Zaičnevskij. Questi tipici populisti « divennero per Vladimir una vera scuola superiore di pratica rivoluzionaria ».[16]
Vladimir frequentava anche il coetaneo Aleksej Skljarenko, che aveva già scontato un anno di carcere a San Pietroburgo. Questi, con l'amico Semёnov, riproduceva e diffondeva manifestini rivoluzionari ispirati alla Narodnaja Volja, ma entrambi passarono ben presto alla socialdemocrazia.[17] Nel maggio del 1890 Vladimir ottenne finalmente l'autorizzazione a sostenere gli esami come studente esterno nella facoltà di giurisprudenza dell'Università di San Pietroburgo. Alla fine di agosto era nella capitale per informarsi dei programmi e in quell'occasione si procurò da un professore una copia dell'Anti-Dühring di Engels.[18] Insieme all'altro scritto di Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, al Capitale e alla Miseria della filosofia di Marx, a Le nostre divergenze di Plechanov e ai testi di diritto, questa lettura lo impegnò per un anno.[19]
In un anno e mezzo riuscì a dare tutti gli esami previsti nei quattro anni del corso di laurea,[20] e il 15 novembre 1891, primo dei 134 studenti promossi, ottenne il diploma di primo grado.[21] Dopo un tirocinio nello studio dell'avvocato Chardin, valente scacchista apprezzato dal famoso Čigorin e radicale in politica, nel luglio del1892 ottenne l'iscrizione all'Albo degli avvocati: la sua brevissima attività professionale consistette nel patrocinio di sole dieci cause giudiziarie, modesti processi nei quali intervenne per lo più come difensore d'ufficio, perdendoli tutti.[22]
Nell'inverno 1891-1892 la Russia patì una grave carestia. Il giornalista Vodovozov, allora residente a Samara, raccontò poi « la profonda divergenza » che lo divise da Vladimir Ul'janov « riguardo l'atteggiamento da prendersi nei confronti della carestia ». I populisti, soccorrendo bisognosi e ammalati, speravano di « trovare una via pacifica e legale per conquistarsi la simpatia del popolo », mentre i marxisti « si pronunciavano non già contro i soccorsi agli affamati, ma contro le illusioni [...] della filantropia ». In quell'occasione Vladimir espresse apertamente il suo disprezzo verso i personaggi più autorevoli del populismo.[23] La sua formazione politica era ormai compiuta quando, il 31 agosto 1893, Vladimir Ul'janov si trasferì a San Pietroburgo per cominciare la sua vita di rivoluzionario.[24]
La polemica contro il populismo
Il suo impiego come assistente dell'anziano avvocato liberale Folkenstein fu soprattutto una copertura. In effetti Lenin si occupò prevalentemente di un piccolo circolo socialdemocratico costituito da seguaci di Michail Brusnev (1864-1937), fondatore di un'organizzazione rivoluzionaria soppressa dalla polizia nel 1892. Questo circolo si fuse nel 1895 con un altro gruppo socialdemocratico guidato da Julij Martov, formando l'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia, della quale Lenin divenne con Martov la figura preminente.[25] Il circolo fu organizzato costituendo un gruppo centrale formato da intellettuali e operai: questi ultimi, debitamente istruiti, dovevano reclutare nelle loro fabbriche altri operai e costituire così altri gruppi che sarebbero stati a loro volta istruiti, allargando progressivamente il numero dei simpatizzanti.[26]
Il primo scritto di Lenin, terminato nel 1893 ma pubblicato solo nel 1923, Nuovi spostamenti economici nella vita contadina,[27] si occupa dell'obščina, la tradizionale comunità rurale dei villaggi russi. I populisti la ritengono una società di eguali capace di costituire il nucleo di una futura società socialista, contrapponendola alle forme economiche capitalistiche, che invece producono disuguaglianze. Lenin osserva che anche nell'obščina, costituita da terre in parte in proprietà privata e in parte in proprietà comune, si sono prodotte differenze di classe, in quanto una minoranza di contadini è riuscita ad arricchirsi accumulando progressivamente una maggiore quantità di terra, mentre la maggioranza si è impoverita.[28]
I populisti pensano che nell'obščina il capitalismo non sia possibile, mancando in essa un mercato adeguato al suo sviluppo. Secondo Lenin, la disgregazione in atto dell'obščina crea le premesse del capitalismo, in quanto i contadini poveri, per sopravvivere, devono lavorare come salariati e acquisiscono così mezzi monetari a loro prima sconosciuti, favorendo il passaggio dall'economia naturale della comunità all'economia di mercato.[29]
In una riunione del circolo di Pietroburgo, tenuta nel febbraio del 1894, Ul'janov conobbe Nadežda Krupskaja (1869-1939), un'impiegata delle Ferrovie che la domenica sera insegnava in una scuola per operai.[30] Nell'autunno del 1894 scrisse il breve saggio Che cosa sono 'Gli amici del popolo' e come lottano contro i socialdemocratici, che inizialmente circolò ciclostilato e anonimo, seguito da Il contenuto economico del populismo e la sua critica nel libro del signor Struve.
Lenin vi esalta la superiorità scientifica del marxismo e rimprovera i populisti di soggettivismo sociologico: « I marxisti » - scrive - « prendono senza riserve dalla teoria di Marx soltanto i metodi preziosi senza i quali non è possibile mettere in chiaro i rapporti sociali », senza precostituire « schemi astratti e altre assurdità », commisurando la giustezza della teoria con la sua corrispondenza con la realtà,[31] e compito dei socialdemocratici è indagare « concretamente tutte le forme della lotta di classe e dello sfruttamento, che in Russia sono particolarmente intricate e camuffate ».[32]
I populisti sono invece dei « soggettivisti », perché costruiscono teorie astratte, nelle quali la realtà è sostituita da idee consolatorie: « Le condizioni storiche che avevano dato ai nostri soggettivisti il materiale per la loro "teoria" consistevano (come consistono tuttora) in rapporti antagonistici [...] Non riuscendo a capire questi rapporti antagonistici, non riuscendo a trovare in essi elementi sociali che possano riscuotere l'adesione degli "individui isolati", i soggettivisti si sono limitati a costruire teorie che consolassero questi individui "isolati", affermando che la storia l'hanno fatta questi individui vivi ».[33]
L'organizzazione del partito rivoluzionario
Nel maggio del 1895 l'Unione di lotta lo inviò in Svizzera per prendere contatto con il maggior teorico marxista russo del tempo,Georgij Plechanov, fondatore del gruppo Emancipazione del lavoro. Rimase deluso dall'aria professorale del famoso Plechanov, ma si accordarono per collaborare a una rivista non periodica da pubblicare a Ginevra, il « Rabotnik » (Il Lavoratore), di concerto con l'Unione dei socialdemocratici russi all'estero.
Dopo un mese Lenin passò a Parigi, dove conobbe il genero di Marx, Paul Lafargue, uno dei dirigenti, con Jules Guesde, delPartito operaio francese. Ai primi di agosto era a Berlino e il 7 settembre rientrò in Russia, con il doppio fondo della sua valigia carico di pubblicazioni illegali.[34]
La notte del 21 dicembre 1895, Lenin e altri componenti del gruppo vennero arrestati. Durante la detenzione scrisse un opuscolo,Sugli scioperi, e abbozzò Lo sviluppo del capitalismo in Russia. Gli arresti impedirono l'uscita, prevista in quei giorni, del giornale « Rabočee Delo » (La causa operaia), ma non fermarono l'attività dell'Unione di lotta, che nell'estate del 1896, proprio in occasione dell'incoronazione di Nicola II, organizzò scioperi a Pietroburgo per ottenere la riduzione dell'orario di lavoro.[35]
Condannato a tre anni di deportazione in Siberia, vi terminò Lo sviluppo del capitalismo in Russia, pubblicato nel 1899, e nel luglio del 1898 sposò Nadežda Krupskaja, anch'ella detenuta per aver partecipato a uno sciopero. Nel 1900, scontata la pena, per evitare l'assillo della sorveglianza poliziesca, scelse volontariamente l'esilio, trasferendosi prima a Monaco di Baviera (1900-1902), poi a Londra (1902-1903) e infine a Zurigo, dove si unì a Plechanov e a Martov con i quali fondò il periodico « Iskra » (La scintilla) che usciva a Monaco di Baviera e a Lipsia per essere poi diffuso clandestinamente in Russia.
Nel marzo 1901 fondò un'altra rivista da diffondere clandestinamente in Russia, « Zarja » (L'alba) dove, in dicembre, si firmò per la prima volta con lo pseudonimo di Lenin.[36] Nello stesso periodo fu raggiunto dalla moglie che aveva finito di scontare la detenzione in Siberia. Il 1902 si aprì con i contrasti fra Lenin e Plechanov sui princìpi che dovevano guidare il partito. Alle tesi programmatiche di Plechanov, Lenin rispose che « questo non è il programma di un partito che lotta praticamente, ma una dichiarazione di princìpi, quasi un programma di allievi del primo corso, là dove si parla del capitalismo in genere e non ancora del capitalismo russo ».[37] Secondo Lenin, a Plechanov sfuggiva il rapporto del capitalismo russo con l'economia rurale, il fenomeno della disgregazione delle comunità contadine e la relazione fra le vecchie e nuove realtà sociali che emergevano in Russia.
Il partito come avanguardia rivoluzionaria e la coscienza di classe
Nel marzo 1902, Lenin pubblicò presso l'editore Dietz di Stoccarda il saggio Che fare?, composto dal maggio 1901 al febbraio 1902. Riprendendo il titolo di un noto romanzo dello scrittore russo Černyševskij, che aveva affascinato più di una generazione di rivoluzionari russi, Lenin vi continuava la polemica contro il revisionismo diBernstein e gli economicisti, per i quali i marxisti russi dovevano limitarsi « alla lotta economica del proletariato e partecipare all'attività dell'opposizione liberale »;[39] In questo modo si negava la necessità dell'esistenza stessa di « un partito operaio indipendente, inseparabile dalla lotta di classe del proletariato, che si ponga il compito immediato della conquista della libertà politica », e il rapporto, « fuso in un tutto indivisibile » dal marxismo, tra lotta economica e lotta politica.[40]
Negli anni novanta - scrive nel Che fare? - ci fu una notevole estensione di scioperi spontanei: « Presi per sé, questi scioperi costituivano una lotta tradunionistica, ma non ancora socialdemocratica; annunciavano il risveglio dell'antagonismo tra operai e padroni, ma gli operai non avevano e non potevano avere ancora la coscienza dell'irriducibile antagonismo fra i loro interessi e tutto l'ordinamento politico e sociale contemporaneo, cioè la coscienza socialdemocratica. Gli scioperi della fine del secolo [...] restavano un movimento puramente spontaneo ».[41] La classe operaia, lasciata sola di fronte alle proprie condizioni, non supera i limiti dell'economicismo, del sindacalismo, non mette in discussione il sistema economico e sociale e resta succube della borghesia.[42]
La coscienza politica socialista, secondo Lenin, è la comprensione del rapporto che lega il capitalista all'ordinamento economico, e il sistema economico alle istituzioni politiche e allo Stato.[43] È illusorio credere di poter combattere il proprio avversario di classe senza combattere l'ordinamento che lo difende e di cui è espressione. Per questo non bastano i sindacati ma è necessario un partito: « La socialdemocrazia rivoluzionaria ha sempre compreso nella propria azione la lotta per le riforme [...] ma anche e innanzi tutto la soppressione del regime autocratico ».[44]
Il pensiero politico socialista non è nato in conseguenza delle lotte economiche operaie, ma fu lo sviluppo del pensiero di intellettuali, rivoluzionari ma di estrazione sociale borghese, come erano Marx ed Engels. Anche in Russia, la dottrina socialdemocratica sorse e si sviluppò tra gli intellettuali.[45] Pertanto « la coscienza politica di classe può essere portata all'operaio solo dall'esterno, cioè dall'esterno delle lotte economiche, della sfera dei rapporti fra operai e padroni. Il solo campo dal quale è possibile raggiungere questa coscienza è il campo dei rapporti di tutte le classi, di tutti gli strati della popolazione con lo Stato e con il governo, il campo dei rapporti reciproci di tutte le classi ».[46]
Il partito appare come la mediazione tra teoria e movimento. La teoria è la coscienza dell'esperienza storica, la visione scientifica dei rapporti economici, sociali e politici che si forma analizzando le lotte politiche e sociali in corso e si traduce nella linea politica elaborata dal partito e trasmessa al movimento.[47] Ne deriva che « senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario ».[48]
Tale principio esclude ogni concessione allo spontaneismo dell'azione politica, quale viene praticato sia dalle organizzazioni economicistiche sia da quelle terroristiche, di matrice social-rivoluzionaria o anarchica. Gli economicisti « si prosternano dinanzi alla spontaneità del "movimento operaio puro", i terroristi dinanzi alla spontaneità degli intellettuali che non sanno collegare il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio ».[49]
Nel luglio 1903, nel corso del II Congresso del Partito socialdemocratico russo tenuto a Bruxelles e poi a Londra, emersero contrasti tra i socialisti russi: da un lato i seguaci di Lenin, appoggiati anche da Plechanov, concepivano il partito come un'organizzazione di lotta rivoluzionaria, della quale potessero far parte solo elementi coscienti e fidati, dall'altro i sostenitori di Martov e Aksel'rod intendevano concedere l'iscrizione a chiunque si dichiarasse simpatizzante con il programma del partito. Anche Trockij sosteneva che qualunque operaio in sciopero poteva considerarsi membro del partito.[50]
Martov concepiva il partito come un'organizzazione di massa. Secondo Lenin, in condizioni nelle quali « stabilire un limite tra il rivoluzionario e il parolaio ozioso » era già difficile, Martov « spalancava le porte del partito a qualsiasi avventuriero » e a « ogni sorta di opportunisti », proprio quando almeno una terza parte di esso già « era composta da intriganti ».[51]
Il Congresso approvò a maggioranza (28 voti contro 23) la proposta di Martov. In compenso, al Comitato centrale del partito risultarono eletti, oltre ai tre redattori dell'« Iskra » Lenin, Plechanov e Martov, altri due seguaci di Lenin, Kržižanovskij e Lengnik, e il neutrale Noskov, così che i leninisti risultarono in maggioranza e per questo motivo vennero da allora chiamati bolscevichi, mentre i seguaci di Martov, in minoranza, presero il nome di menscevichi.[52]
Martov rifiutò di far parte della redazione dell'« Iskra », ma in ottobre, questa volta appoggiato da Plechanov, si prese la rivincita a Ginevra durante il Congresso dellaLega estera della socialdemocrazia rivoluzionaria russa, un'organizzazione fondata da Plechanov. Questi chiese di allargare nuovamente la redazione del quotidiano del partito a sei elementi, con Vera Zasulič, Aksel'rod e Potresov, tutti menscevichi, minacciando altrimenti le proprie dimissioni. Lenin preferì allora lasciare l'« Iskra », pur restando nel Consiglio e nel Comitato centrale del partito.[53]
In Un passo avanti e due indietro (1904) Lenin commentò l'esito del Congresso e completò la sua teoria del partito, che per lui doveva consistere in un'organizzazione costruita dall'alto verso il basso. Considerare autoritaria e burocratica questa concezione, come sostenevano i menscevichi, ma anche la socialdemocratica tedescaRosa Luxemburg, « con la loro tendenza ad andare dal basso in alto, dando a qualsiasi professore, a qualsiasi studente di ginnasio, a ogni scioperante la possibilità di annoverarsi tra i membri del partito »,[54] significava « privilegiare il movimento e la spontaneità contro la coscienza critica, diminuire il valore dell'iniziativa politica », abbandonandosi nello stesso tempo « alla politica del contingente, del caso per caso, nella rinuncia all'autonomia della classe operaia ».[55]
Pur essendo il partito della classe operaia, il partito non s'identifica con essa, perché il partito rivoluzionario è la coscienza politica e teorica dell'avanguardia della classe, e la coscienza politica di questa avanguardia non può coincidere con la coscienza politica di tutta la classe operaia: « Sarebbe codismo pensare che, con il capitalismo, tutta la classe operaia sia capace di elevarsi alla coscienza e all'attività dell'avanguardia [...] dimenticare la differenza che esiste tra l'avanguardia e le masse che gravitano su di essa, dimenticare il dovere dell'avanguardia di elevare strati sempre più vasti al suo livello, vorrebbe dire ingannare se stessi ».[56]
Isolamento politico
Martov commentò sull'« Iskra » lo scritto di Lenin, definendolo un'« orazione funebre ». Ad avviso suo e dei menscevichi, Lenin era politicamente finito.[57] Il 28 gennaio 1904, a Ginevra, il Consiglio del partito aveva respinto la sua proposta di convocare un nuovo congresso, una decisione confermata a giugno anche dal Comitato centrale, dove pure i bolscevichi, tranne Lengnik, si allinearono con i menscevichi. Furioso contro i « conciliatori »,[58] Lenin si dimise da tutte le cariche di partito.[59]
Dopo quasi due mesi di vacanza a Losanna e in montagna, Lenin e la moglie fecero ritorno a Ginevra. Con loro vivevano Lidija Fotieva, che aiutava Nadežda Krupskaja nel lavoro di corrispondenza con la Russia, e la sorella Marija Ul'janova, da poco giunta in Svizzera dopo un periodo di detenzione nelle carceri russe. Con l'appoggio di Aleksandr Bogdanov, anch'egli recentemente immigrato dalla Russia, e valendosi del frenetico attivismo di Rozalija Zalkind, Lenin riprese i contatti con i suoi più fedeli operanti in Russia, che formarono un « Ufficio dei comitati bolscevichi »[60] e in ventidue firmarono la richiesta di convocazione di un nuovo congresso del POSDR.[61]
Il 4 gennaio 1905 uscì il primo numero del nuovo settimanale bolscevico « Vperëd » (Вперёд, Avanti), fondato da Lenin, al quale collaborarono principalmente, oltre Lenin, Bogdanov, Bonč-Bruevič, Lunačarskij, Ol'minskij e Vorovskij.[62] Il compito del periodico era di riprendere la linea politica della vecchia « Iskra », con un « solido orientamento rivoluzionario contro il caos e le oscillazioni », appoggiare i comitati bolscevichi e lottare contro il gruppo dirigente menscevico, verso il quale il dissenso non era più soltanto di natura organizzativa ma soprattutto politica.[63]
La rivoluzione del 1905 e il III congresso del POSDR
Il 22 gennaio 1905 a Pietroburgo una dimostrazione popolare guidata dal pope Gapon, che voleva consegnare allo zar una petizione contenente rivendicazioni economiche e politiche, vennerepressa nel sangue dall'esercito.
Nel novembre Lenin giunge a Pietroburgo clandestinamente, sotto il nome di Karpov: nel dicembre, al congresso del partito in Finlandia, chiede che i bolscevichi agiscano in piena autonomia dalle altre forze di opposizione al regime zarista. In questa occasione, per la prima volta Stalin incontra Lenin: scriverà che, conoscendolo solo di fama, si era aspettato di vedere un gigante e quando vide che Lenin era un uomo perfettamente normale, ne restò deluso. Nel gennaio 1906 Lenin è a Mosca, per contrastare le elezioni del parlamento russo, la Duma, che considera manipolata dalle forze politiche reazionarie. Ai primi del 1907 lo zarismo restaura pienamente l'autocrazia sciogliendo la Duma.
Riflettendo sugli insegnamenti della fallita rivoluzione del 1905, Lenin afferma che il proletariato «deve sostenere qualunque borghesia, anche la peggiore, nella misura in cui lotti concretamente contro lo zarismo». La rivoluzione del 1905 fallisce perché la borghesia russa, troppo debole ancora rispetto allo zarismo, non cerca il potere democratico, ma solo un accordo con l'autocrazia, perché era troppo forte, in essa, il timore di aprire la strada a una rivoluzione proletaria.
Per i menscevichi, invece, il proletariato deve sì appoggiare le rivoluzioni che abbiano un contenuto borghese, perché porterebbero a un regime democratico ove, in condizioni più favorevoli, la classe operaia può svolgere la sua lotta rivoluzionaria per il socialismo, ma non deve mettersi a capo di quella rivoluzione, non deve cercare di esserne protagonista ma deve rimanere all'opposizione.
Per Lenin, al contrario, solo se gli operai (i proletari) e i contadini (i piccolo borghesi) saranno i protagonisti di una rivoluzione democratica, questa sarà vittoriosa: «La lotta del proletariato per la libertà politica democratica è una lotta rivoluzionaria, perché mira alla piena sovranità del popolo. La lotta della borghesia per la libertà è una lotta opportunistica, perché mira alla divisione del potere fra l'autocrazia e le classi abbienti». Il proletariato deve operare, insieme con la borghesia, l'abbattimento del potere reazionario zarista, instaurando una dittatura democratica degli operai e dei contadini; quando fossero realizzate le libertà democratiche, il proletariato e il partito socialdemocratico che lo guida dovranno abbattere le istituzioni democratiche per instaurare il socialismo, attraverso la dittatura della classe operaia. Già nel 1898, del resto, con l'articolo I compiti dei socialdemocratici russi, Lenin aveva affermato che il partito era socialdemocratico - appunto, socialista e democratico insieme - nel senso che era democratico battendosi, in una società assolutista, per la conquista della democrazia «borghese», e socialista perché dovevano battersi per affermare il socialismo rovesciando la società capitalistica. Due erano le rivoluzioni da compiere, almeno in Russia, e se allora egli non si era posto il problema se vi dovesse essere un intervallo fra le due rivoluzioni, certamente il proletariato e il partito socialdemocratico dovevano essere protagonisti di entrambe le rivoluzioni. Sono i temi che si presenteranno, in forme concrete e drammatiche, nel 1917.
La prima guerra mondiale
Si può distinguere tra guerra giusta e ingiusta. Indipendentemente da colui che attacca per primo, è aggressore colui che opprime; se l'oppresso lotta contro l'oppressore, conduce una guerra giusta. La parola d'ordine della difesa della patria è legittima e progressista in caso di guerra di liberazione nazionale, ma è reazionaria nel caso di guerra imperialista: «Il periodo dal 1789 al 1871 fu l'epoca di un capitalismo progressivo in cui l'abbattimento del feudalesimo, dell'assolutismo e la liberazione dal giogo straniero erano all'ordine del giorno della storia. Su questa unica base si poteva ammettere la 'difesa della patria', cioè la lotta contro l'oppressione. Oggi si potrebbe ancora applicare questa concezione in una guerra contro le grandi potenze imperialistiche, ma sarebbe assurdo applicarla in una guerra fra queste grandi potenze, in cui si tratta di sapere chi saprà spogliare meglio i paesi balcanici, l'Asia minore ecc. [...] una classe rivoluzionaria non può, durante una guerra reazionaria, che augurarsi la sconfitta del proprio governo [...] la rivoluzione in tempo di guerra è la guerra civile; la trasformazione della guerra dei governi in guerra civile è facilitata dalla sconfitta di questi governi».[65]Allo scoppio della prima guerra mondiale, i partiti socialisti francese e tedesco votarono i crediti di guerra, sostenendo lo sforzo bellico dei rispettivi governi; Lenin denunciò il fallimento della Seconda Internazionale, che avrebbe tradito lo spirito dell'internazionalismo: nelle conferenze di Zimmerwald, nel 1915, e di Kienthal, nel 1916, sostenne la necessità di trasformare la guerra, che definì imperialista, in rivoluzione. Fra le parti in guerra non c'è differenza; il significato di nazionale, che ogni borghesia cerca di attribuire alla propria guerra, nasconde il reale contenuto di rapina: «La Germania si batte non per liberare ma per opprimere le nazioni. Non è compito dei socialisti aiutare il brigante più giovane e forte a depredare i briganti più vecchi e nutriti».[64]
La rivoluzione del 1917
Quando scoppiò la rivoluzione in Russia nel febbraio del 1917, Lenin era ancora esule in Svizzera. Giunto a Pietrogrado il 3 aprile con il noto viaggio in treno, all'interno di un vagone piombato,[66] attraversando i territori controllati dalla Germania, tracciò per i bolscevichi, nelle Tesi di Aprile, un programma in 10 punti pubblicato il 7 aprile:
- «La guerra rimane incontestabilmente una guerra imperialistica di brigantaggio, in forza del carattere capitalistico di questo governo, non è ammissibile la benché minima concessione al "difensivismo rivoluzionario" [...] Data l'innegabile buona fede di larghi strati dei rappresentanti delle masse favorevoli al difensivismo rivoluzionario, che accettano la guerra come una necessità e non per spirito di conquista, e poiché essi sono ingannati dalla borghesia, bisogna spiegar loro con particolare cura, ostinazione e pazienza, l'errore in cui cadono, svelando il legame indissolubile esistente fra il capitale e la guerra imperialistica, dimostrando che è impossibile metter fine alla guerra con una pace veramente democratica, e non imposta con la forza, senza abbattere il capitale. Organizzare la propaganda più ampia di questa posizione nell'esercito combattente. Fraternizzare».
- «L'originalità dell'attuale momento in Russia consiste nel passaggio dalla prima fase della rivoluzione, che ha dato il potere alla borghesia a causa dell'insufficiente grado di coscienza e di organizzazione del proletariato, alla sua seconda fase, che deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini [...]».
- «Non appoggiare in alcun modo il Governo provvisorio, dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni. Smascherare questo governo, invece di "rivendicare" - ciò che è inammissibile e semina illusioni - che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialistico».
- «Riconoscere che il nostro partito è in minoranza [...] nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunistici piccolo-borghesi [...] Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono l'unica forma possibile di governo rivoluzionario [...] svolgeremo un'opera di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai [...]».
- «Niente repubblica parlamentare - ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe un passo indietro - ma Repubblica dei Soviet di deputati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini in tutto il paese, dal basso in alto. Sopprimere la polizia, l'esercito e il corpo dei funzionari. Lo stipendio dei funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento - non deve superare il salario medio di un buon operaio [...]».
- «Nel programma agrario spostare il centro di gravità sui Soviet dei deputati dei salariati agricoli. Confiscare tutte le grandi proprietà fondiarie. Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione di Soviet locali di deputati dei salariati agricoli e dei contadini. Costituire i Soviet dei deputati dei contadini poveri [...]».
- «Fusione immediata di tutte le banche del paese in un'unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai».
- «Il nostro compito immediato non è l'"instaurazione" del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei Soviet dei deputati operai».
- «Compiti del partito: convocare immediatamente il congresso del partito; modificare il programma del partito, principalmente: sull'imperialismo e sulla guerra imperialistica; sull'atteggiamento verso lo Stato e sulla nostra rivendicazione dello "Stato-Comune"; emendare il programma minimo, ormai invecchiato; cambiare il nome del partito».
- «Rinnovare l'Internazionale [...]».
Le tesi di Lenin disorientarono i suoi compagni di partito che, nella prima riunione del comitato di partito di Pietrogrado, l'8 aprile, le respinsero a larghissima maggioranza: essi non riuscivano a concepire, nell'attuale momento, la possibilità di una trasformazione in rivoluzione socialista della rivoluzione borghese, che essi ritenevano appena iniziata e bisognosa di un lungo tempo per dare alla Russia le strutture democratiche. Come i menscevichi, essi ritenevano che i Soviet dovessero limitarsi a esercitare un controllo sull'attività del Governo provvisorio, espressione della borghesia imprenditoriale. Ma già alla conferenza del partito della capitale, tenuta il 14 aprile, e in quella panrussa del 24 aprile, le tesi di Lenin guadagnarono l'approvazione della grande maggioranza dei delegati: in essa si condannava il Governo per la sua collaborazione con «la controrivoluzione dei borghesi e dei latifondisti» e impegnava il partito a realizzare «il rapido passaggio di tutti i poteri statali ai Soviet dei deputati degli operai e dei soldati» e alle altre forme di potere, quale l'Assemblea costituente.
Con la caduta del primo Governo provvisorio e la costituzione, in maggio, di un nuovo governo costituito da una coalizione di cadetti - il partito della grande borghesia - e di socialisti moderati, espressione dei Soviet, si era cercato di risolvere il dualismo dei poteri esistente tra Governo e Soviet: in realtà, il Governo era intenzionato a proseguire, a fianco degli inglesi e dei francesi che avevano largamente investito capitali nelle industrie russe, una guerra da cui si ripromettevano grandi conquiste territoriali, senza risolversi ad attuare una riforma agraria, dati i contrasti esistenti in proposito fra cadetti e socialisti.
Il 3 luglio si svolse a Vyborg, sobborgo operaio di Pietrogrado, una manifestazione spontanea di centinaia di migliaia di operai e di soldati della guarnigione della capitale. La presenza dei militari rischia di trasformare la manifestazione, indetta ancora per il giorno successivo, in una rivolta che i bolscevichi intendono scongiurare, giudicandola del tutto prematura; a questo scopo, il giorno dopo, vi aderiscono ufficialmente con l'intenzione di controllarla, limitandone gli slogan alla richiesta della pace e del passaggio del potere ai Soviet. Il 4 luglio si accesero sparatorie fra cosacchi e allievi ufficiali, fedeli al governo, e soldati manifestanti, con decine di morti: i manifestanti sono dispersi, le sedi del partito e dei giornali bolscevichi chiuse, diversi dirigenti arrestati. Non Lenin che, accusato di aver organizzato una sommossa e persino di essere una spia tedesca, si nascose prima nella stessa Pietrogrado, poi, dal 12 luglio, in una capanna pressoRazliv e, dal 22 agosto, a Helsinki, in Finlandia, allora regione dell'Impero russo.
L'ottobre
Il tentativo controrivoluzionario del generale Kornilov, che tentò di ripristinare il vecchio regime con la connivenza dei grandi industriali e del partito dei cadetti, per quanto sventato, compromise definitivamente la credibilità del Governo provvisorio di Kerenskij a favore dei Soviet e degli stessi bolscevichi, che avevano sempre appoggiato il passaggio del potere agli organismi popolari e risultavano ora il primo partito nei Soviet di Pietrogrado e di Mosca. Tutti i dirigenti bolscevichi arrestati vennero rilasciati mentre Lenin, dalla clandestinità, fece pubblicare il 6 settembre l'articolo Sui compromessi,[67] proponendo la formazione di un governo di menscevichi e socialisti rivoluzionariche goda della fiducia dei Soviet e che abbia un programma democratico avanzato. La proposta viene accettata il 13 settembre dal Comitato centrale del partito. Il 14 si apriva a Pietrogrado la Conferenza democratica, che avrebbe dovuto discutere della formazione di un nuovo governo e degli assetti istituzionali della Repubblica russa ma non riuscì a prendere nessuna decisione; intanto, attraverso due nuove lettere, I bolscevichi devono prendere il potere e Il marxismo e l'insurrezione, Lenin, paventando che reazionari e moderati intendessero abbandonare la capitale nelle mani dei tedeschi per soffocare la rivoluzione, e giudicando ormai mature le condizioni, proponeva improvvisamente ai compagni di partito di preparare segretamente e in tempi brevi l'insurrezione armata, rifiutando ogni compromesso, definito «cretinismo parlamentare», con la Conferenza democratica. Il Comitato centrale bolscevico respinse tuttavia la sua proposta.
Lenin rientrò allora clandestinamente a Pietrogrado il 9 ottobre: nella riunione del 10 la maggioranza si rovescia a suo favore, e il partito decide di preparare l'insurrezione armata: una grave difficoltà viene creata il 18 ottobre con la pubblicazione sulla rivista «Novaja Žizn'» di una lettera inviata da Kamenev che, in disaccordo con la maggioranza, rende di dominio pubblico la preparazione dell'insurrezione; il dissidio tuttavia rientra e il partito organizza, per la prima volta nella sua storia, un Politburo incaricato di sovrintendere all'insurrezione, mentre il Soviet di Pietrogrado, a maggioranza bolscevica, costituisce un Comitato militare rivoluzionario. All'alba del 25 ottobre 1917, le guardie rosse, milizie operaie bolsceviche, e i reggimenti della guarnigione della capitale, occupano i punti strategici della città e il Palazzo d'Inverno, sede del governo, arrestando alcuni ministri: altri, fra cui Kerenskij, riescono a fuggire. La «Rivoluzione d'ottobre» ha vinto senza quasi incontrare resistenza.
La conquista del potere
Il 26 ottobre[68] il II Congresso panrusso dei Soviet degli provvisorio di Kerenskij, approva i decreti sulla pace e sulla terra: vengono confiscate senza indennizzo le terre dei proprietari fondiari e della Chiesa; ratifica la nomina del nuovo governo – il Consiglio dei commissari del popolo, o Sovnarkom – a capo del quale è Lenin ed è costituito da soli bolscevichi – e nomina il Comitato esecutivo centrale panrusso (VCIK), organo facente funzione di parlamento, che è composto di 101 rappresentanti, dei quali, per il ritiro dei Socialisti rivoluzionari (SR) di destra e della maggioranza dei menscevichi dal Congresso dei Soviet,[69] 62 sono bolscevichi, 29 SR di sinistra e 10 menscevichi internazionalisti; per attività controrivoluzionaria vengono soppressi dal Comitato militare rivoluzionario i quotidiani Birževye Vedomosti (Informazioni della borsa), Den (Il Giorno), giornale menscevico finanziato dalle banche,Novoe Vremja (Il tempo nuovo) e Russkaja Volja (La volontà russa), di estrema destra, Russkie Vedomosti (Informazioni russe) e Reč' (Il discorso), organi dei cadetti.
Superato il primo momento di sorpresa, si organizza la reazione: il 27 ottobre il generale Duchonin, nel suo Quartier generale di Mogilëv, si nomina capo dell'esercito e prende contatto con Kerenskij il quale, con le truppe del generale Krasnov, marcia su Pietrogrado; il generale Kaledin controlla il sud della Russia dove ha costituito una "Repubblica dei cosacchi" mentre una parte dell'Ucraina si costituisce in Repubblica indipendente con capitale Kiev. A Mosca, il colonnello Rjabtsev, comandante del Distretto militare, occupa ilCremlino uccidendo centinaia di soldati disarmati: la guerra civile è di fatto iniziata.[70]
Mentre si costituiscono, dal 28 ottobre, milizie operaie alle dirette dipendenze del Soviet, un decreto del 10 novembre stabilisce, per eliminare ogni formale distinzione di classe sociale, l'abrogazione di ogni privilegio, dei gradi civili, dei titoli nobiliari e onorifici, e si afferma l'eguaglianza dei diritti fra uomini e donne.
Il 12 novembre si tengono le elezioni, che si svolgono suffragio universale, per l'elezione dei membri dell'Assemblea costituente, avente lo scopo di redigere la nuova costituzione della Russia: su 707 seggi, i SR ne ottengono 410, il 58%, i bolscevichi 175, il 25%, i partiti nazionalisti 86, il 9%, i cadetti 17 e i menscevichi 16, il 4% ciascuno. Se per i bolscevichi le elezioni sono una sconfitta, in parte prevista, il clamoroso successo dei SR è in realtà solo apparente: già solo due giorni dopo, al Congresso panrusso dei Soviet dei contadini, i SR si scindono in due frazioni, delle quali l'ala sinistra ottiene la maggioranza. Il VCIK viene allargato da 108 membri a 350 (poi ridotti a 200) divenendo il Comitato esecutivo centrale panrusso degli operai, dei soldati e dei contadini e tre esponenti della sinistra SR entrano a far parte del governo.
Il 22 novembre vengono aboliti i precedenti organismi giudiziari e tutte le leggi incompatibili con il nuovo regime; al loro posto si costituiscono tribunali popolari locali, eletti dai Soviet cittadini. Il 6 dicembre vengono requisite le grandi abitazioni, il 7 dicembre viene costituita la Čeka (Commissione straordinaria), diretta da Dzeržinskij, incaricata di condurre la lotta contro la controrivoluzione e il boicottaggio e il 27 dicembre vengono nazionalizzate le banche.
L'Assemblea costituente
La convocazione dell'Assemblea costituente, così come si era costituita in base al risultato elettorale, avrebbe legittimato un'opposizione al regime dei Soviet e del governo bolscevico e infatti tutti i partiti antibolscevichi richiesero l'apertura dei suoi lavori. Lenin affrontò il problema con le sue Tesi sull'Assemblea costituente, apparse sulla Pravda del 13 dicembre 1917.[71] Se è vero che «in una Repubblica borghese l'Assemblea costituente è la forma più alta di democrazia» è anche vero, secondo Lenin, che tutte le forze socialdemocratiche le avevano opposto la Repubblica fondata sui Soviet come «una forma di democrazia più elevata» e «l'unica forma capace di assicurare il passaggio al socialismo nel modo meno doloroso». pertanto, richiedere la convocazione dell'Assemblea significava rifiutare il passaggio al socialismo, rimanendo «nell'ambito della democrazia borghese», proprio ora che la rivoluzione d'ottobre aveva «strappato il dominio politico dalle mani della borghesia per darlo al proletariato e ai contadini poveri». Secondo Lenin, «la guerra civile, cominciata con l'insurrezione controrivoluzionaria dei cadetti e dei seguaci di Kaledin [...] ha inasprito la lotta di classe e ha eliminato ogni possibilità di risolvere, per una via formalmente democratica», i problemi della Russia.
Già dal febbraio 1917 la Rivoluzione antizarista aveva vissuto il dualismo dei poteri del Governo provvisorio borghese e del Soviet socialista: ora il governo bolscevico era deciso a risolverlo. Il sovnarchom convocò l'Assemblea costituente per il 5 gennaio 1918, mentre il VCIK, convocando il III Congresso panrusso dei Soviet per l'8 gennaio, preparò un progetto di Dichiarazione dei Diritti del Popolo Oppresso e Sfruttato, che l'Assemblea costituente avrebbe dovuto approvare, che all'articolo 1º del I paragrafo recitava: «La Russia è una Repubblica di Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini. Tutti i poteri, centrali e locali, appartengono a questi Soviet», e al IV paragrafo affermava che «L'Assemblea costituente, appoggiando il potere sovietico e i decreti del Sovnarchom, ritiene di esaurire i propri compiti, stabilendo le basi fondamentali della trasformazione socialista della società».
L'Assemblea respinse a grande maggioranza la Dichiarazione e continuò i suoi lavori per tutta la notte finché, all'alba del 6 gennaio, la minoranza bolscevica e SR di sinistra abbandonarono la seduta. A quel punto, il comandante della guardia, il marinaio Železnjakov, fa presente al presidente dell'Assemblea, Černov, che «la guardia è stanca» e l'Assemblea va chiusa. Così fu e la Costituente non si riunì più.[72]
Il 20 gennaio 1918 il governo emise il decreto con il quale viene riconosciuta a tutti i cittadini la libertà di coscienza - in particolare la libertà di professare qualunque religione - e, avendo stabilito il principio della separazione fra Stato e Chiesa, si abrogano, oltre i privilegi di cui al decreto del 10 novembre, anche i sussidi statali di cui la Chiesa godeva. L'insegnamento della religione ortodossa, già obbligatorio nelle scuole statali, è abolito.
Il trattato di pace
« Abbiamo alzato ora la bandiera bianca della resa; innalzeremo più tardi, su tutto il mondo, la bandiera rossa della nostra rivoluzione » |
(Lenin commentando la firma del trattato di pace di Brest-Litovsk del 1918; citato in Antonio Pugliese, Alta marea, Editrice Sud, Napoli, 1955) |
Dopo lunghi e duri contrasti in seno al partito, nel quale Lenin, che chiedeva di raggiungere la pace al più presto, è posto più volte in minoranza, il 3 marzo il governo russo stipula, con il Trattato di Brest-Litovsk, la pace con gli Imperi Centrali a condizioni durissime: la Russia deve cedere laPolonia, la Lituania, la Lettonia, l'Estonia, la Finlandia, parte della Bielorussia, alcuni territori alla Turchia, riconoscere la Rada ucraina, pagare 6 miliardi di marchi e smobilitare l'esercito e la marina. I SR di sinistra non solo lasciano il governo ma si avviano a una politica di netta opposizione.
Per approfondire, vedi Trattato di Brest-Litovsk. |
Il 14 giugno 1918 il VCIK espulse i menscevichi e i SR di destra e chiede ai soviet locali di fare altrettanto. Il 6 luglio l'ambasciatore tedesco a Mosca, Wilhelm von Mirbach-Harff, è assassinato da due SR, membri della Čeka, allo scopo di provocare l'intervento dell'esercito tedesco in appoggio al contemporaneo tentativo insurrezionale della capitale: l'operazione è finanziata dalla Francia. La maggior parte dei delegati SR al V Congresso panrusso dei Soviet, compresa la dirigente SR Marija Spiridonova, vengono arrestati e 13 SR, membri della Čeka, sono fucilati. La Spiridonova confessa di essere la mandante dell'omicidio ma, riconosciuta inferma di mente, viene liberata qualche mese dopo.[73]
Con l'aperto intervento straniero in appoggio alla rivolta zarista, la posizione politica dei menscevichi e dei SR diviene delicata: essi non potevano sperare nulla da una vittoria dei "Bianchi" né rimanere indifferenti di fronte all'invasione straniera. Il congresso menscevico tenuto a Mosca alla fine dell'ottobre 1918 riconosce la «necessità storica» della Rivoluzione d'ottobre, rifiuta ogni collaborazione con la controrivoluzione, promette di appoggiare le operazioni militari contro gli stranieri e chiede la fine della repressione poliziesca e del «terrore politico ed economico». Analogamente stabiliva il congresso SR tenuto a Pietrogrado nel febbraio 1919, cosicché il VCIK riammise, rispettivamente il 30 novembre 1918 e il 25 febbraio 1919 le due formazioni politiche. Ciò non toglie che la Čeka continuasse a rendere difficile, con arresti e perquisizioni, la vita dei dirigenti dei due partiti, Dan, Martov, Cernov, che infatti finirono per emigrare.[74]
La Costituzione della RSFSR
Il 10 luglio 1918 entra in vigore la nuova Costituzione: i primi due articoli stabiliscono che la Russia è «una Repubblica di Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini», i quali appartengono i poteri centrali e locali, «istituita sulla base di una libera unione di nazioni libere, come federazione di repubbliche nazionali sovietiche». L'articolo 3 delibera che, proponendosi la soppressione di «ogni sfruttamento dell'uomo sull'uomo, l'annullamento completo della divisione della società in classi, lo sterminio completo degli sfruttatori» e l'edificazione del socialismo, «la proprietà privata della terra è abolita»; riafferma il «controllo operaio» sulle fabbriche «per assicurare il potere dei lavoratori sugli sfruttatori»; annulla tutti i prestiti contratti dal governo zarista, «primo colpo portato al capitale finanziario internazionale delle banche», che sono nazionalizzate; stabilisce il lavoro obbligatorio «per annientare le classi parassite della società»; decreta «l'armamento degli operai e dei contadini, la formazione dell'Armata rossa socialista degli operai e dei contadini e il disarmo completo delle classi possidenti».
L'articolo 65 stabilisce che non possono essere né elettori né eleggibili «a) le persone che impiegano salariati con lo scopo di aumentare il loro profitto; b) le persone che vivono di redditi non derivanti dal loro lavoro, come: rendite utili su fabbricati, profitti su immobili, ecc.; c) i commercianti privati e i mediatori di commercio; d) i frati, i cappellani di culto e delle chiese; e) gli impiegati e gli agenti della vecchia polizia, del corpo scelto dei gendarmi, delle sezioni della polizia segreta e i membri delle ex-famiglie regnanti; f) gli alienati, i deboli di mente e le persone sotto tutela; g) i condannati per furto e delitti infamanti».
Il Terrore rosso
Per approfondire, vedi La fine dei Romanov. |
Nell'estate 1918 le truppe controrivoluzionarie cecoslovacche avanzano rapidamente verso Ekaterinburg, dove il deposto Nicola II si trova agli arresti con la sua famiglia. Il 16 luglio, Sverdlov con il beneplacito di Lenin[75] ordina al commissario Jurovskij l'eliminazione di Nicola II, della moglie Aleksandra Fëdorovna, e dei figli Ol'ga, Tat'jana, Marija, Anastasija e Aleksej, unitamente a membri del loro seguito anch'essi detenuti. La notizia dell'esecuzione a Mosca viene data mentre Lenin ascolta la discussione sui provvedimenti sanitari proposta dal commissario per la sanità Semaško; c'è "silenzio generale" fino a quando Lenin non propone di continuare la lettura della relazione. Il comunicato ufficiale diramato dall'"Izvéstija" del 19 luglio proclama l'avvenuta fucilazione dello zar, ma non menziona la famiglia, che anzi dichiara "trasferita in un luogo sicuro".[76][77] La Chiesa ortodossa russa ha canonizzato nel 2000 Nicola II e la sua famiglia come martiri.
Ai primi di agosto lasciano la Russia gli ambasciatori delle potenze dell'Intesa, che decide di appoggiare direttamente la controrivoluzione: il 15 agosto 1918 truppe inglesi e americane sbarcano ad Arcangelo e a Murmansk, mentre il 30, a Mosca, lasocialista rivoluzionaria Fanny Kaplan, con due colpi di rivoltella, ferisce gravemente Lenin e a Pietrogrado è ucciso il dirigente della Čeka Uritskij. Il Governo concede alla Čeka un'autorità illimitata, autorizzando la fucilazione senza processo di tutti i criminali politici e degli speculatori, l'arresto dei socialisti rivoluzionari di destra, la presa di ostaggi fra i borghesi e gli ufficiali: il 7 settembre vengono rese note 512 fucilazioni a Pietrogrado, un centinaio a Kronštadt, 60 a Mosca, 86 a Perm, 41 a Novgorod.[78]
Il VCIK, il 25 ottobre, dichiara che «vista la situazione, il terrore, come mezzo di sicurezza, s'impone. È indispensabile, se si vuole salvare la repubblica sovietica contro i suoi nemici, isolare questi ultimi in campi di concentramento e fucilare tutti coloro che saranno sorpresi nelle organizzazioni, nei complotti e nelle sommosse delle guardie bianche»; è la chiara, speculare risposta a dichiarazioni come quella del generale bianco Denisov, il quale afferma che «è necessario sterminare senza pietà le persone che fossero scoperte a collaborare con i bolscevichi».
Il comunismo di guerra
Nel corso del 1918 era scoppiata la guerra civile tra le "armate bianche", che lottavano per la restaurazione dell'impero zarista (esse trovarono in alcune zone l'iniziale appoggio delle masse rurali contrarie alle requisizioni effettuate dal governo sovietico, ma poi lo persero per la volontà dei "bianchi" di restaurare sistematicamente nei territori conquistati tutti gli antichi privilegi della nobiltà e del clero), e le "armate rosse" comuniste.
Le armate bianche erano finanziate e appoggiate militarmente dalle potenze dell'Intesa (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Giappone e Italia), contrarie alla nascita di uno stato anticapitalista. Le armate rosse dovevano anche affrontare una guerra contro la Polonia per il possesso di ampie zone di confine (che si concluderà col trattato di Riga del 1921) e le numerose sommosse anti-comuniste promosse da contadini, menscevichi e populisti.
In conseguenza della situazione precaria, Lenin (con l'appoggio degli altri dirigenti del partito bolscevico), al fine di poter vincere la guerra e poter quindi realizzare la rivoluzione socialista e l'eliminazione della "classe borghese", autorizzò la promulgazione e l'attuazione di una serie di provvedimenti (in vigore tra il 1918 ed il 1921), che vanno complessivamente sotto il nome di "comunismo di guerra".
Vengono decisi il razionamento delle derrate alimentari e la requisizione forzata delle eccedenze cerealicole dei contadini (la popolazione rurale rispose con sollevazioni ai tentativi del governo di sequestrare le derrate agricole, le quali furono duramente represse), il che, in comune con i danni causati dagli scontri della guerra civile e dalla prima guerra mondiale, causò carestie che provocarono (tra il 1918 ed il 1922) la morte di un numero di persone stimato fra i 2 ed i 5 milioni, soprattutto tra le più indigenti.
Il comunismo di guerra consistette principalmente nel controllo statale della produzione (per fini bellici) e della distribuzione di alimenti e prodotti (che dovevano essere razionati per le esigenze legate alla guerra). La politica di razionamenti avrebbe determinato la crisi dell'economia di scambio basata sulla moneta a favore di una forma di economia basata sul baratto (il governo russo ovvierà a tale situazione a partire dal 1921).
Per le esigenze legate alla produzione bellica, viene vietato lo sciopero e viene attuata la militarizzazione del lavoro, con turni di lavoro forzato.
Per impedire la diffusione tra il popolo di idee controrivoluzionarie ritenute "pericolose", viene soppressa la libertà d'opinione, viene reintrodotta (essa era stata abrogata subito dopo la rivoluzione d'ottobre) la pena di morte (per il solo ma vago reato di "controrivoluzione"), viene abolita la libertà di stampa (con conseguente ufficializzazione della censura, già praticata), si inizia la persecuzione di tutti coloro che vengono considerati "non lavoratori" e amplissimi poteri vengono dati alla čeka, la polizia politica che diviene il simbolo della repressione leniniana (il cosiddetto "terrore rosso", che determinò la morte o la detenzione di migliaia di civili; Lenin, basandosi sull'esperienza francese, considerava il terrore indispensabile per la realizzazione di una qualsiasi rivoluzione).[79]
Per approfondire, vedi Comunismo di guerra. |
La NEP
Col decimo congresso del Partito comunista nel marzo 1921, Lenin annuncia l'abbandono del "comunismo di guerra" e l'inizio la "Nuova Politica Economica" (NEP), come già preannunciato nel saggio "L'estremismo, malattia infantile del comunismo", scritto nell'aprile 1920.
Egli rinuncia alla realizzazione immediata di un sistema economico pianificato (di cui era possibile ravvisare alcuni elementi come il GOELRO la Commissione di Stato per L'Elettrificazione della Russia istituita nel febbraio del 1920),[80] già durante il periodo del "comunismo di guerra" ed in quello immediatamente precedente, giudicando non pronta la popolazione: si ha la sostituzione delle requisizioni ai contadini con un'imposta in natura, la restaurazione della libertà di commercio e della proprietà privata delle piccole e medie imprese, l'abolizione del controllo operaio, la reintroduzione del cottimo e il ristabilimento dell'azione sindacale. La scelta di abbandonare il comunismo di guerra viene presa dopo una serie di ribellioni operaie e dopo l'ammutinamento dellabase navale di Kronštadt (tra il 1º e il 17 marzo 1921), i cui soldati erano stati determinanti nella presa di Pietrogrado durante la Rivoluzione d'ottobre.
Per approfondire, vedi Nuova politica economica. |
Gli ultimi anni e la morte
Al X congresso del partito venne decisa la lotta al "frazionismo" e si istituzionalizzò il divieto di creare correnti in seno al partito. In tale occasione il partito fu epurato di circa un terzo dei suoi membri e venne attribuita alla Segreteria di Partito il potere di scegliere i delegati al congresso dei soviet.
Nel 1921 si ebbe la reintroduzione nelle scuole dei sistemi educativi tradizionali, integrati con la propaganda di partito.[79] Si ebbe inoltre la creazione di associazioni giovanili a carattere ideologico socialista: i "Pionieri" (cui erano iscritti i bambini sino ai 15 anni) e la "Gioventù Comunista" o "Komsomol" (cui erano iscritti i ragazzi al di sopra dei 15 anni), che selezionava i candidati al partito (nella fase iniziale queste organizzazioni non erano di massa).[79]
Il 6 febbraio 1922 la Čeka fu sciolta e sostituita dalla GPU, una nuova polizia politica che nacque ufficialmente per ripristinare la "legalità rivoluzionaria" e per porre fine alle procedure extragiudiziarie.
« Tuttavia, la GPU mantiene gli organici della Čeka ed ottiene la facoltà di poter punire (anche con la morte) senza processo tutti coloro che vengono considerati responsabili di banditismo. » |
(16 ottobre) |
Nel marzo venne decisa la requisizione degli oggetti di culto preziosi appartenenti al clero, ufficialmente allo scopo di rimediare agli effetti della carestia che si era verificata durante la guerra. Si ebbero circa un migliaio di episodi di "resistenza", a seguito dei quali i tribunali rivoluzionari comminarono la pena di morte a 28 vescovi e 1215 preti e la pena detentiva a circa 100 vescovi e diecimila preti.[79] In dicembre venne organizzata una campagna pubblica per irridere il Natale; simili manifestazioni si ebbero anche l'anno seguente in occasione della Pasqua e della festa ebraica del Yom Kippur.
Nel medesimo anno fu creata la carica di segretario generale del partito (che venne ricoperta da Stalin).
Il 30 dicembre la Russia si trasformò in Unione Sovietica (il Partito Comunista Russo diventerà Partito Comunista dell'Unione Sovietica).
Lenin spese gli ultimi anni della propria vita, una volta conclusa la guerra e resosi conto delle proprie precarie condizioni di salute, principalmente nel cercare di designare il suo "successore" alla guida del partito.
Venne colpito il 25 maggio 1922 da un ictus che comportò una parziale paralisi del lato destro del corpo, tanto che fu costretto ad imparare a scrivere con la sinistra; solo il 2 ottobre cominciò a tornare all'attività, ma il 16 dicembre subì un secondo attacco. Il 23 dicembre riprese forze e lucidità ma le sue condizioni si aggravarono progressivamente. Dal 6 marzo 1923 non fu più in grado di comunicare, fino alla completa paralisi ed alla morte avvenuta il 21 gennaio 1924.[81]
Data la giovane età di Lenin (aveva solo 53 anni alla data della morte) si sono diffuse nel tempo diverse teorie riguardanti la sua morte: vi fu e vi è chi sostiene che la causa della prematura morte sia da rintracciare in una forma di sifilide. A seguito di un'autopsia compiuta sul cadavere poco tempo dopo il decesso per conto del governo russo, la causa ufficiale della morte venne identificata in un'aterosclerosi cerebrale. Tuttavia solo 8 dei 27 medici curanti concordarono che l'aterosclerosi fosse la vera causa della morte e perciò solo costoro firmarono il referto autoptico.
Il "testamento" di Lenin
« Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotsky come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC. » |
(Lenin) |
« Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotsky, non sia una piccolezza, ovvero sia una piccolezza che può avere un'importanza decisiva. » |
(Lenin) |
La lettera al Congresso, meglio conosciuta come "testamento", è un insieme di documenti dettati da Lenin a sua moglie e alla sua stenografa Maria Volodicheva tra il dicembre del 1922 e il gennaio del 1923, durante il suo soggiorno nella casa di cura di Gorky. Nella prima parte della lettera Lenin avanzò la necessità di aumentare l'effettivo del Comitato Centrale facendovi entrare operai e contadini (50-100 membri) e delineò i ritratti dei maggiori esponenti del partito candidati alla sua successione. Nella seconda parte del testo, Lenin propose esplicitamente al Congresso la rimozione di Stalin (giudicato "troppo grossolano") dalla carica di segretario generale del partito. Egli riteneva indispensabile rendere noto il contenuto dopo la sua morte ma il XIII Congresso del PCUS decise all'unanimità di non rendere il testamento di dominio pubblico. Soltanto nel 1956, durante il XX Congresso del PCUS, Nikita Chruščëv svelò l'esistenza di questo documento che successivamente fu pubblicato integralmente da alcune Organizzazioni Comuniste Internazionaliste.
La rottura con Stalin però, si percepì anche prima della stesura del testamento. Durante la malattia di Lenin infatti, Stalin costrinse i medici a imporre misure molto restrittive al malato, impedendogli di fatto qualsiasi attività, addirittura non poteva ricevere documenti o notizie dai suoi assistiti, né scrivere sotto dettatura. Il 21 dicembre 1922 Lenin dettò alla moglie una breve lettera per Trotsky ma quando Stalin ne fu informato, reagì con brutalità, rimproverando e aggredendo verbalmente la Krupskaja. Quando Lenin fu informato dell'accaduto il 5 marzo 1923, dopo averlo definito "insolente", minacciò Stalin di interrompere qualsiasi rapporto con lui se non avesse chiesto scusa a sua moglie.
Il culto della salma
Subito dopo la morte, il 23 gennaio, la salma fu trasferita da Gorkij a Mosca, dove ricevette l'ultimo saluto dalla folla che sfidò il gelido inverno russo per l'ultimo omaggio al capo della rivoluzione. Il 26 gennaio fu celebrata una cerimonia nel grande teatro di Mosca e all'uscita, mentre il feretro percorreva la Piazza Rossa, l'enorme folla accorsa intonò l'Internazionale. In tutta la Russia le attività cessarono, la città natale di Lenin, Simbirsk, fu chiamata in sua memoria Uljanovsk, e Pietrogrado (l'antica Pietroburgo) prese il nome di Leningrado. Stalin e soprattutto Feliks Dzeržinskij, capo della Čeka, vollero fare del corpo di Lenin un simbolo da esporre e da venerare in un apposito mausoleo ai piedi delle mura del Cremlino, nonostante egli avesse espressamente dichiarato di voler essere seppellito accanto ai suoi compagni. All'inizio si pensò di congelare il corpo, ma il rapido deteriorarsi nell'attesa che venisse costruita un'apposita camera refrigerata ne rese necessaria l'imbalsamazione. Neppure i ripetuti appelli della vedova di rispettare le ultime volontà del marito servirono a far cambiare idea a Stalin.
L'anatomista ucraino Vladimir Vorobiov e il dottor Boris Zbarsky, a capo di un gruppo di medici, utilizzarono una tecnica che non è stata ancora completamente svelata. Da più di ottant'anni la salma viene fatta oggetto di trattamenti periodici e attenzioni costanti affinché conservi sempre un aspetto "da vivente": oltre ad essere ispezionata settimanalmente per rivelare eventuali tracce di muffa o fenomeni degenerativi, ogni anno e mezzo viene immersa per trenta giorni in un bagno di glicerolo e acetato di potassio.
Pensiero e opere di Lenin
Materialismo ed empiriocriticismo
Nel 1909 Lenin pubblicò Materialismo ed empiriocriticismo, in polemica con il compagno di partito Aleksandr Bogdanov, uno dei fondatori del bolscevismo e dirigente della corrente di sinistra, con un ruolo preminente nel 1905), il quale sosteneva che l'unica realtà è costituita dall'esperienza e che il marxismo vada aggiornato sulla base delle conclusioni degli scienziati positivisti (Bogdanov stesso era uno scienziato). La posizione filosofica di Bogdanov venne valutata da Lenin una variante dell'empiriocriticismo di Richard Avenarius e di Ernst Mach, sebbene Bogdanov proponesse una visione parzialmente diversa, basata sull'unificazione delle esperienze psichiche e fisiche, da lui denominata empiriomonismo.
Restando sul solco di Plechanov, Lenin afferma che «l'unica proprietà della materia [...] è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza [...]. Le nostre sensazioni, la nostra coscienza, sono solo l'immagine del mondo esterno». Pertanto, secondo Lenin, seguendo Engels, la realtà non è, come sostengono gli empiriocriticisti, «una forma organizzatrice dell'esperienza», ma è il modo di essere dell'oggetto a cui il pensiero umano si avvicina secondo una dialettica fra verità assoluta e relativa: il soggetto è il cervello umano, «materia organizzata in un certo modo», che segue le stesse leggi della materia.
Lenin sostiene questa polemica senza avere potuto conoscere tutta l'elaborazione filosofica di Marx, pubblicata dopo la sua morte. Più tardi tenterà una rifondazione teorica dei presupposti filosofici marxisti nel breve articolo Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, dove ripete la spiegazione di Engels secondo cui il marxismo è il prodotto originale del confluire di tre grandi filoni di pensiero rappresentativi dei «punti più elevati» raggiunti dal pensiero europeo nel secolo precedente: il socialismo francese, la filosofia tedesca e l'economia inglese.
Non tutti i seguaci della politica leninista hanno condiviso tutte le riflessioni filosofiche di Lenin, in particolare la teoria del «riflesso». Il problema è il ruolo dellaprassi, concetto centrale nel pensiero filosofico di Marx. Se la verità è l'adeguamento del soggetto conoscente all'oggetto esistente di per sé, si contraddice forse la centralità del ruolo della prassi enunciata da Marx nelle sue Tesi su Feuerbach. Se la prassi - l'attività del soggetto sull'oggetto - è la mediazione fra conoscente e conosciuto, è il mezzo stesso del conoscere, essa diviene in Lenin una mera derivazione del riflesso.
L'imperialismo
Dal 1912 al 1916 studia il fenomeno dell'imperialismo. Già il socialdemocratico austriaco Rudolf Hilferding nel suo Il capitale finanziario, nel 1909, aveva individuato nella formazione del capitale finanziario - fusione di capitale bancario e industriale - la premessa delle politiche imperialistiche. Lenin gli rimprovera di trascurare la divisione del mercato mondiale operata dai trust internazionali e la formazione di una classe parassitaria di possessori di reddito azionario: «il capitalismo ha la proprietà di staccare il possesso del capitale dal suo impiego nella produzione, il capitale liquido dal capitale industriale e produttivo, di separare il 'rentier', che vive soltanto del profitto tratto dal capitale liquido, dall'imprenditore [...] l'imperialismo, cioè l'egemonia del capitale finanziario, è lo stadio supremo del capitalismo in cui tale separazione assume le maggiori dimensioni».
Ne sono conseguenze i diversi fenomeni speculativi, finanziari, di Borsa, dei terreni, immobiliari. Se la forma dominante del capitale non è più quella industriale, ma è quella finanziaria, se «per il vecchio capitalismo, sotto il pieno dominio della libera concorrenza, era caratteristica l'esportazione di merci, per il nuovo capitalismo, sotto il dominio dei monopoli, è caratteristica l'esportazione del capitale [...] la necessità dell'esportazione di capitale è determinata dal fatto che in alcuni paesi il capitalismo è diventato più che maturo e al capitale [...] non rimane più un campo di investimento redditizio».
In questa fase, secondo la visione leniniana, si mostra più palesemente il carattere antisociale e l'irrazionalità del capitalismo e la conflittualità che esso provoca fra la sua necessità di profitto e i bisogni sociali della popolazione. Si può riassumere la definizione leniniana di imperialismo come «capitalismo giunto alla fase dello sviluppo in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, ha acquisito grande importanza l'esportazione dei capitali, è iniziata la divisione del mondo fra i trust internazionali e i maggiori paesi capitalistici si sono divisi l'intera superficie terrestre».
Stato e rivoluzione
Seguendo Marx ed Engels, Lenin sostiene che lo Stato - qualunque Stato - è l'organo con il quale la classe dominante esercita il suo potere: «la dittatura di una sola classe è necessaria non solo per ogni società classista in generale, non solo per il proletariato dopo aver abbattuto la borghesia, ma per l'intero periodo storico che separa il capitalismo dalla "società senza classi", dal comunismo. Le forme degli Stati borghesi sono straordinariamente varie, ma la loro sostanza è unica: tutti questi Stati sono [...] una dittatura della borghesia. Il passaggio dal capitalismo al comunismo, naturalmente, non può non produrre un'enorme abbondanza e varietà di forme politiche, ma la sostanza sarà inevitabilmente una sola: la dittatura del proletariato».[84]
Come una democrazia borghese resta, secondo Lenin, una forma di dittatura esercitata con i mezzi dello Stato, così anche una democrazia socialista sarà una dittatura del proletariato: «la democrazia non si identifica con la sottomissione delle minoranza alla maggioranza. La democrazia è uno Stato che riconosce la sottomissione della minoranza alla maggioranza, cioè l'organizzazione sistematica della violenza esercitata da una classe contro un'altra, da una parte della popolazione contro l'altra».[85]
A differenza della società borghese, che considera lo Stato una necessità permanente per la sua esistenza, nella società socialista lo Stato è destinato a estinguersi e dovrà essere organizzato in modo che cominci a estinguersi: «Noi ci assegniamo come scopo finale la soppressione dello Stato, cioè di ogni forma organizzata e sistematica di ogni violenza esercitata contro gli uomini in generale. Noi non auspichiamo l'avvento di un ordinamento sociale in cui non venga osservato il principio della sottomissione della minoranza alla maggioranza. Ma, aspirando al socialismo, abbiamo la convinzione che esso si trasformerà in comunismo, e che scomparirà quindi ogni necessità di ricorrere in generale alla violenza contro gli uomini [...] perché gli uomini si abitueranno a osservare le condizioni elementari della convivenza sociale, senza violenza e senza sottomissione».[85]
Risposta alle critiche socialdemocratiche
Alle critiche, di origine socialdemocratica, che considerano la Russia immatura per il socialismo, nel 1923 Lenin risponderà:
« ..ma un popolo che era davanti a una situazione rivoluzionaria, quale si era creata nella prima guerra imperialista, sotto l'imminenza di questa situazione senza via di uscita, non poteva forse gettarsi in una lotta che gli apriva almeno qualche speranza di conquistarsi condizioni non del tutto ordinarie per un ulteriore progresso della civiltà?
La Russia non ha raggiunto il livello di sviluppo delle forze produttive sulla base del quale è possibile il socialismo. Tutti gli eroi della II Internazionale... presentano questa tesi come oro colato... la considerano decisiva per l'apprezzamento della nostra rivoluzione.
Ma che cosa fare se l'originalità della situazione ha innanzi tutto condotto la Russia nella guerra imperialista mondiale, nella quale erano coinvolti tutti i paesi dell'Europa occidentale che avevano una qualche influenza, ha creato per il suo sviluppo... condizioni in cui noi potevamo attuare precisamente quella unione della guerra dei contadini con il movimento operaio, di cui parlava, come di una prospettiva possibile, un marxista come Marx, nei 1856, a proposito della Prussia?
Che fare se la situazione, assolutamente senza vie d'uscita, decuplicava le forze degli operai e dei contadini e ci apriva più vaste possibilità di creare le premesse fondamentali della civiltà, su una via diversa da quella percorsa da tutti gli altri Stati dell'Europa occidentale? Forse che per questo la linea generale dello sviluppo della storia mondiale si è modificata? Si sono forse perciò cambiati i rapporti fondamentali tra le classi principali di ogni Stato...?
Se per creare il socialismo occorre un certo grado di cultura (quantunque nessuno possa dire quale sia di preciso questo certo grado di cultura, dato che esso è diverso in ogni Stato dell'Europa occidentale), perché non dovremmo allora cominciare con la conquista, per via rivoluzionaria, delle premesse necessarie per questo certo grado, in modo da potere in seguito - sulla base del potere operaio e contadino e del regime sovietico - metterci in marcia per raggiungere gli altri popoli?... »
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