Da sempre ci si interroga se sia meglio un «sano ceffone» ogni tanto, per evitare di tirar su figli bamboccioni o viziati, oppure se le mani siano da tenere a freno in ogni caso. Centinaia di pagine sui manuali di pedagogia familiare invitano sempre più ad abbandonare qualunque forma di violenza educativa. Del resto, anche il Consiglio d’Europa non ha dubbi e condanna (simbolicamente) la Francia che ancora non prevede, tranne che in alcuni ambiti (tra cui la scuola), un «divieto sufficientemente chiaro, vincolante e preciso delle pene corporali», tra cui schiaffi e sculacciate, violando così l’articolo 17 della Carta europea dei diritti sociali. Secondo l’associazione britannica per la protezione dell’infanzia, «Approach», auspice dell’iniziativa europea, sarebbero cinque i Paesi da richiamare, e tra questi c’è anche l’Italia.
Nel Paese di Maria Montessori e di don Milani, ancora nel 2012, secondo «Save the Children», per un quarto dei genitori lo schiaffo era un gesto educativo. Ciò non toglie che fortunatamente le cose, in pochi decenni, siano cambiate radicalmente: non la bacchettata ma il colpetto sulla nuca mollato dal prof di matematica, che ancora negli anni Ottanta veniva tollerato, oggi sarebbe inaccettabile, anzi perseguibile per legge. E se un Franti aggiornato al 2015 si prendesse uno schiaffone in un luogo pubblico, per strada o a scuola, scatterebbe la denuncia penale della famiglia, sempre pronta a schierarsi a difesa del pargolo, specie di fronte a maestri e professori.
D’altra parte, ha ragione Gilles Lazimi, coordinatore della campagna francese contro le violenze educative, quando definisce eticamente non difendibile lo schiaffo a un bambino in un Paese, come il suo, che proibisce di «colpire un animale». E le ricerche scientifiche dimostrano l’incremento di aggressività in giovani cresciuti con le «maniere forti». Ma se capita che papà e mamma escono dai gangheri? Persino l’ American Academy of Pediatrics invita i genitori a non lasciarsi autoflagellare dai sensi di colpa per lo scapaccione in un momento di esasperazione. Purché sia inserito in un contesto di abituale serenità, dialogo, affetto. Perdere il controllo è sempre un segno di impotenza e l’unica dimostrazione di autorità è saper porre dei limiti senza ricorrere alla minaccia verbale (c’è anche quella!) o fisica. Per fortuna sia il mondo di Franti sia quello di Pinocchio sono lontani.
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